Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Hamas ricatta Israele le cronache di Davide Frattini
Testata: Corriere della Sera Data: 04 luglio 2006 Pagina: 6 Autore: Davide Frattini Titolo: «L'ultimatum di Hamas «Uccideremo il soldato» - E la Vigna della Pace si ritrova in prima linea»
Dal CORRIERE della SERA del 4 luglio 2006, la corretta cronaca di Davide Frattini. Ci si chiede con quale criterio la redazione abbia scelto la foto che la illustra, accompagnata da questa didascalia: " CONFINE Un bimbo palestinese guarda oltre il muro dalla città di Rafah". Molto più piccola, a lato, la foto di Ghilad Shalit, il soldato israeliano rapito. Ecco il testo di Frattini:
GERUSALEMME — Il «comunicato militare numero 3» è quello dell'ultimatum. «Se l'occupante non comincia a liberare i detenuti palestinesi, considereremo chiuso il caso del soldato». L'ala militare di Hamas ha dato ventiquattr'ore, scadute oggi alle 6 del mattino (le cinque in Italia), per dare un segnale. Il premier Ehud Olmert ha risposto escludendo ancora una volta qualsiasi possibilità di negoziato per il rilascio del caporale Gilad Shalit, rapito domenica scorsa durante l'attacco al valico di Kerem Shalom: «Non cederemo all'estorsione dell'Autorità palestinese e del governo di Hamas, che sono guidati da organizzazioni terroristiche». I suoi ministri hanno inviato minacce. A Gaza. «Se il militare, Dio non voglia, verrà ferito, la nostra offensiva sarà ancora più dura», ha detto Haim Ramon, ministro della Giustizia. A Damasco. «Suggerisco al presidente Bashar Assad di aprire gli occhi e fare qualcosa per risolvere la situazione. Altrimenti lo riterremo responsabile», ha avvertito Amir Peretz, ministro della Difesa. L'intelligence israeliana è convinta che gli ordini che muovono i sequestratori arrivino da Khaled Meshal, il leader di Hamas che vive in Siria, e che le pressioni di Assad potrebbero spingerlo a far liberare il caporale. L'esercito ha continuato l'operazione «Pioggia d'estate». Una piccola squadra di carri armati è entrata per la prima volta, all'alba di ieri, nel nord della Striscia. «È una missione mirata, per scovare l'esplosivo e i tunnel utilizzati dai terroristi vicino al confine», hanno spiegato dallo Stato Maggiore. Gli elicotteri di appoggio al raid hanno colpito e ucciso un militante che si stava avvicinando alle truppe. L'aviazione ha anche attaccato l'Università islamica di Gaza, legata ad Hamas, senza fare vittime, secondo le prime stime. A poche ore dalla scadenza dell'ultimatum, Gazi Hamad, portavoce di Hamas, ha proclamato che il governo «ancora crede in una soluzione diplomatica. La crisi va risolta con saggezza e logica. Esiste ancora la possibilità di trovare una formula accettabile». La formula potrebbe essere quella proposta dai mediatori egiziani, che permetterebbe a Israele di evitare uno scambio diretto: Gilad Shalit verrebbe rilasciato subito e il governo di Olmert libererebbe alcuni detenuti solo in seguito, prima di un incontro con il presidente palestinese Abu Mazen, che era previsto per le prossime settimane. Abu Obeida, portavoce delle Brigate Ezzedin Al Qassam, uno dei tre gruppi che hanno rivendicato il rapimento, si è rifiutato di dire che cosa potrebbe succedere, se l'ultimatum venisse ignorato. L'offensiva israeliana ha spinto le varie fazioni palestinesi a ritrovare l'unità nazionale e ad accantonare la sfida di potere aperta dopo la vittoria di Hamas alle elezioni di gennaio. In una seduta del Parlamento, i deputati del Fatah, il partito di Abu Mazen, hanno dichiarato di sostenere il governo guidato dal movimento fondamentalista. L'Unione Europea ha chiesto ai palestinesi di liberare l'ostaggio senza condizioni, al governo israeliano di rilasciare i ministri e parlamentari arrestati giovedì e di frenare la sua risposta militare.
Di seguito, un altro pezzo di Frattini, sul kibutz pacifista di Keren Shalom, minacciato dai terroristi palestinesi dopo il ritiro israeliano da Gaza. Ecco il testo:
KEREM SHALOM (Israele) — Se le talpe palestinesi avessero deviato di poco verso sinistra, il commando sarebbe sbucato in mezzo alla sala mensa del kibbutz, invece che tra i tank dell'avamposto militare. «Sapevano dove andare, non volevano colpire noi, hanno scavato per mesi», ripete Avraham Hochman, convinto che il nome Vigna della Pace protegga come un amuleto le ventuno famiglie del villaggio. E che quel muro di cemento, nascosto dalle villette e dalle piante di mango, possa lasciare la guerra di fuori. Dall'altra parte. Dall'altra parte le truppe israeliane sono ammassate attorno alla città di Rafah. Le piste diroccate dell'aeroporto di Gaza sono a meno di un chilometro, un elicottero si alza in volo e spara con la mitragliatrice. Avraham, il segretario-guida spirituale, sembra non sentire le esplosioni. E' venuto qui perché insegue un sogno e non possono essere qualche bordata al giorno o la paura dei tunnel e dei Qassam a frantumarlo. La gente di Kerem Shalom voleva essere l'avanguardia del movimento per la pace e si è ritrovata in prima linea. Fin da quando è nato nel 1966 (per poi dichiarare bancarotta nel 1995 e risorgere nel 2001), il kibbutz ha combattuto contro gli insediamenti costruiti in territorio palestinese. Il gruppo dei fondatori invase e occupò il ranch di Ariel Sharon, l'ex primo ministro era ancora «il padre delle colonie». «Pochi chilometri di differenza e il confine della legalità internazionale tracciato dalla Linea Verde — spiega Hochman — segnano la distanza tra due mondi». Due mondi e due ideologie che si guardavano come nemici. «Ricordo ancora un dibattito durissimo — racconta Asher Livni al quotidiano Haaretz — per decidere se avremmo dovuto prestare una delle nostre ambulanze ai coloni, in caso fossero stati attaccati». Gli insediamenti a Gaza non ci sono più e i soldati che li proteggevano adesso fanno da guardia a Kerem Shalom. Gli abitanti provano a dimenticarsene, ripetono «senza di noi le torri di controllo ci sarebbero lo stesso, siamo la prima linea di difesa per le città israeliane». «Non credo in questa terra per questioni religiose — dice Hochman — ma perché ci sono nato e voglio far progredire questa nazione. Se il governo dovesse decidere che non possiamo più stare qui, che garantire la nostra sicurezza è diventato un problema, me ne andrò senza protestare. Non sarei d'accordo con la decisione, la rispetterei». Vuole marcare la differenza con i coloni che quasi un anno fa si sono asserragliati sui tetti delle case e hanno attaccato i soldati venuti a farli sgomberare. Eppure qualcuno oggi accusa loro — i pacifisti — di essere «un osso piantato nella gola dei palestinesi». «E' lo slogan che usavamo noi contro gli abitanti degli insediamenti. Ho ricevuto telefonate e lettere di minacce. Credo siano coloni. Sperano che anche noi adesso stiamo imparando la lezione, che la pace con gli arabi è impossibile. Scrivono di andarcene, che i soldati sono morti per colpa nostra». Il sito del kibbutz cerca di attrarre nuovi membri, enfatizzando il significato del nome. «Nel punto d'incontro tra Israele, l'Egitto e l'Autorità palestinese, è stato costruito un villaggio perché da qui nascerà la pace con i nostri vicini». Non dev'essere questo il messaggio che ha attratto Miriam e Michael Modell, una coppia di giovani russi, arrivata due giorni prima dell'attacco e del rapimento del caporale Gilad Shalit. Alle ultime elezioni hanno scelto il Likud di Benjamin Netanyahu e adesso sono convinti che l'esercito debba rioccupare Gaza.
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