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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.07.2006 Votano le comunità ebraiche italiane
dibattito anche sulla svolta "equivicina" del governo

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 luglio 2006
Pagina: 8
Autore: Paolo Conti - Alessandra Arachi
Titolo: «Cariche politiche, comunità ebraiche divise - «L'equivicinanza? È una parola che rifiutiamo» E su D'Alema-Intini-Craxi restano i dubbi»

Le elezioni per la presidenza dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane al centro della cronaca di Paolo Conti pubblicata dal CORRIERE della SERA del 3 luglio 2006:


ROMA — Poco prima delle 21 di ieri sera, l'ebraismo italiano ha cominciato a votare. La relazione del presidente Claudio Morpurgo, che ha sostituito Amos Luzzatto al vertice dell'Unione delle comunità ebraiche italiane a febbraio ed esponente di quell'anima moderata che a maggio ha vinto le elezioni nazionali per i delegati, ha ottenuto 41 sì e 34 astenuti. Una maggioranza forse meno corposa di quella che la sua base elettorale si aspettava in questa prima giornata del quinto congresso dell'Unione che rappresenta i 30 mila ebrei italiani delle 21 comunità con 85 delegati «laici» e 5 rabbini di diversi schieramenti e orientamenti.
La giornata è cominciata con i saluti politici. Dal Quirinale è arrivato, apprezzatissimo da tutti, un caloroso messaggio di Giorgio Napolitano: «La Comunità ebraica è parte integrante della Comunità nazionale italiana, alla quale continua ad offrire il prezioso patrimonio di valori propri della sua ricca e nobile tradizione di fede e di sapienza». Poi il contestato testo del ministro Oliviero Diliberto che si è espresso «per una linea politica internazionale che vede nella pacifica coesistenza di due Stati sovrani l'unico possibile sbocco di un conflitto doloroso e sempre più difficile da capire e da accettare». Un distinguo è arrivato dal delegato progressista Victor Majar: «Non vedo cosa ci sia di difficile da capire nel conflitto mediorientale». Duro il commento del moderato Riccardo Pacifici: «Sia Pecoraro Scanio sia Bertinotti hanno espresso un cambiamento nei confronti di Israele. Mi sembra che Diliberto sia ancora lontano».
Oggi sarà il giorno di Romano Prodi, che arriverà al Congresso alle 9 del mattino (Marco Pannella, che non è stato invitato, ha protestato con una lettera). Ma dal pomeriggio cominceranno i veri confronti sul futuro assetto. Amos Luzzatto, considerato un indipendente, viene solitamente assegnato ad un area filo- progressista, un po' come avveniva con Tullia Zevi. Ma gli ebrei italiani rifiutano etichette «politiche». Riccardo Pacifici della comunità romana (la più numerosa d'Italia),che ha favorito il dialogo tra Gianfranco Fini e Israele, ha un ottimo rapporto con il sindaco Walter Veltroni. Le elezioni di maggio hanno segnato una forte affermazione della lista «Per Israele», presente sia a Roma che a Milano (città che da sole raccolgono i due terzi dell'ebraismo italiano).
In base a questo risultato potrebbe sembrare scontata la rielezione di Morpurgo. Dice Pacifici: «Assisteremo a un ricambio generazionale, al di là di liste, di gruppi e di provenienze. Noi di "Per Israele" non intendiamo imporre una linea ma costruire una casa comune dell'ebraismo italiano ma occorre uno sforzo comune. Morpurgo? E' un autorevole candidato, bisognerà vedere cosa vorrà fare lui». Ribatte però Majar: «Il voto sarà più imprevedibile e scontato di quanto si crede, i blocchi non sono compatti ma attraversati da una vivace trasversalità, c'è gran voglia di cambiamento. Vedremo molte sorprese...». La relazione di Morpurgo non ha soddisfatto l'anima più progressista, soprattutto per la sua richiesta della fine del «collateralismo», cioè l'incompatibilità tra cariche nelle comunità e quelle politiche. Proprio Luzzatto ha detto: «La presenza degli ebrei italiani nella società è indispensabile proprio per evitare un loro isolamento».

Un articolo di Alessandra Arachi si concentra sulla percezione del governo Prodi tra i delegati del congresso dell'UCEI:

ROMA — I novanta delegati delle comunità ebraiche sono qui per eleggere un nuovo presidente, ma anche per un dibattito che punta occhi ed orecchie sul dramma della striscia di Gaza. Sul sogno della pace in Medioriente. Cosa farà l'Italia? Come si muoverà il nuovo governo italiano in questo senso?
«Ho molta fiducia nel nuovo ministro degli Esteri, se non altro per la grande esperienza di Massimo D'Alema».
Tullia Zevi è qui quasi ad honorem,
delegata di una circoscrizione romana. «Credo che il suo concetto di equivicinanza sia molto importante. Basta che sia reale, effettivo e costruttivo».
Equivicinanza tra Israele e Palestina: è un concetto, quello espresso dal ministro degli Esteri, che infiamma molto gli animi qui dentro. Soprattutto quelli dell'anima destra dell'Ucei. «Soltanto la parola è un'aberrazione: non si può mettere sullo stesso piano uno stato democratico e un altro che si basa sul terrorismo». Riccardo Pacifici,
portavoce della comunità romana, non usa mezzi termini: non ha fiducia nel nuovo ministero degli Esteri, a partire da D'Alema, passando per i due sottosegretari Ugo Intini e Bobo Craxi. «Soprattutto Craxi», dice. E spiega. «Sta continuando a dire quello che diceva suo padre che è stato la peggiore linea del governo italiano, assolutamente filopalestinese».
Riccardo Pacifici come Giorgio Israel, un altro delegato della sua stessa «Lista per Israele». Dice: «Non ho fiducia in questo ministero degli Esteri. Mi sembra che pensando di accomunare uno stato democratico con uno stato terroristico non faccia altro che schierarsi automaticamente dall'altra parte». Duro anche il giudizio sui due sottosegretari Intini e Craxi: «Si portano dietro il vecchio concetto socialista, quello che non riesce a condannare un governo terrorista come quello di Hamas che ha dentro il suo statuto la distruzione dello Stato d'Israele».
Ma Amos Luzzatto non ci sta. Lui che si è dimesso da presidente pochi mesi (per motivi di salute) guarda con molto favore ai nuovi ospiti della Farnesina. «Perché io giudico le persone da quello che dicono e che fanno», dice Luzzatto. E spiega: «Il ministro D'Alema ha condannato il terrorismo. Non ha ritenuto Hamas un interlocutore credibile. Ha proposto una soluzione di due stati con la sicurezza dello Stato d'Israele. E allora? Non è questo che vogliono gli ebrei? O diciamo che questo è un falso, ma lo dobbiamo dimostrare, oppure dobbiamo dire che questo è quello che vogliamo anche noi».
Concorda Emanuele Fiano:
lui è un consigliere nazionale uscente che non si candiderà più perché è stato eletto deputato, lista dell'Ulivo. «Ma per adesso mi fido soltanto di quello che dice il vicepremier e ministro degli Esteri. Mi ha preoccupato un bel po' un'intervista che ha rilasciato Ugo Intini dove parlava dell'intervento israeliano a Gaza e lo giudicava un'aggressione».
Preoccupati per i sottosegretari Craxi e Intini anche due delegati di Giovani Insieme (una lista della sinistra dell'Ucei), Claudia Fellus e Roberto Coen. «Dalla Farnesina arrivano troppe dichiarazioni contrastanti», dicono e poi spiegano che anche per loro in concetto di equidistanza espresso da D'Alema è fonte di preoccupazione. Non è così per Victor Majar,
delegato della loro stessa lista: «Al ministero degli esteri sono arrivate tutte persone capaci: conosco bene tutti i sottosegretari e sono certo che lavoreranno bene».
Il neuropsichiatra Gabriel Levi non vuole dare giudizi sul nuovo governo italiano. «Mi sembra troppo presto, sono abituato a giudicare i fatti. Spero soltanto che terranno ben presente la cosa più importante: che lo stato d'Israele deve entrare a far parte dell'Europa. Fatto questo la pace è automatica, tempo sei mesi».

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