Hamas "riconosce" Israele e un "colono" viene rapito propaganda e odio ideologico sul quotidiano napoletano
Testata: Il Mattino Data: 28 giugno 2006 Pagina: 0 Autore: Michele Giorgio - la redazione Titolo: «Hamas riconosce l’esistenza di Israele - Sequestrato anche un colono»
Un bollettino di propaganda, della più becera. Questo è Il Mattino. Oggi tutto passa in secondo piano, perché l’articolo principale è da dedicare a una bufala: “Hamas riconosce l’esistenza di Israele”, è il titolo sensazionalistico che ha l’unico scopo di ingannare il lettore e presentare Hamas per quello che non è. Basterebbe leggere le poche dichiarazioni di esponenti di Hamas riportate da Davide Frattini nella sua cronaca per il Corriere della Sera per comprendere che di nuovo nella strategia e nelle posizioni dell’organizzazione terroristica palestinese non c’è nulla di nuovo. Pur di perorare la causa dell’organizzazione stragista Il Mattino non si cura del fatto che quanto scritto dalla redazione nell’occhiello non fa altro che ricoprire il quotidiano di ridicolo. Vi si legge: “Intesa sulla lotta armata «Legittima nei Territori occupati da Tel Aviv nel ’67 e non nello Stato ebraico»”. Il cinismo è tanto che si finge di ignorare che l’attacco di domenica è avvenuto in territorio israeliano e non nei “Territori occupati da Tel Aviv nel ‘67”. Il sottotitolo completa l’opera di mistificazione. Picchi di propaganda inarrivabili, a tal punto che l’articolo di Giorgio, a confronto, può dirsi corretto.
Immorale il titolo dell’articolo in cui si parla degli sviluppi sul rapimento del soldato e sul probabile rapimento di un giovane (18 anni) civile israeliano residente di un insediamento. La redazione, non solo non menziona i palestinesi come esecutori del sequestro, ma non riesce nemmeno ad andare oltre a “Sequestrato anche un colono”. Non un civile, non un giovane, non un diciottenne con un identità, no, semplicemente un “colono”. Del resto Il Mattino non è nuovo a queste uscite, in passato sì è comportato analogamente, anche di fronte a civili israeliani innocenti trucidati dal terrorismo palestinese. Coloni. Parallelamente i terroristi palestinesi sono sempre “miliziani” o “attivisti”.
Nel sottotitolo, poi, è sempre Israele ad essere al centro dell’attenzione: non gli appelli internazionali che chiedono ai palestinesi di liberare lk’ostaggio incondizionatamente, bensì qualli a Israele, che deve “trattare”. Insomma, per la redazione, nella scelta del sottotitolo, è Israele che deve comportarsi bene.
Nella pagina vi è anche un piccolo box che dovrebbe rendere più comprensibile al lettore i cambiamenti avutisi con la Guerra dei sei giorni. Anche in questo caso siamo di fronte alla solita opera propagandista: Israele conquista a destra e a manca ma non si accenna all’aggressione araba. Il lettore penserà che nel ’67 ci fu una guerra scatenata da Israele con l’unico scopo di conquistare terre.
Intesa sulla lotta armata «Legittima nei Territori occupati da Tel Aviv nel ’67 e non nello Stato ebraico»
Hamas riconosce l’esistenza di Israele
Accordo con Al Fatah: sottoscritto il «documento dei detenuti» che prevede la coesistenza di due Stati
MICHELE GIORGIO Gerusalemme.Per la prima volta da quando è stato fondato 19 anni fa, il movimento islamico Hamas ha accettato un documento che riconosce, sia pure solo implicitamente, l'esistenza di Israele. La svolta, almeno così la definiscono in casa palestinese, è avvenuta ieri a Gaza quando le fazioni laiche ed islamiche hanno annunciato di essere giunte a un accordo sul documento di pace elaborato dai detenuti palestinese in carcere in Israele che, nei suoi punti principali, afferma il diritto dei palestinesi a creare un loro stato solo in Cisgiordania e Gaza e ciò viene interpretato come un riconoscimento di fatto di Israele. A proposito della lotta armata il documento afferma che essa deve concentrarsi nei territori palestinesi occupati da Israele nel 1967 e, quindi non colpire lo Stato ebraico al suo interno. Prevede anche la costituzione di un governo di unità nazionale e l'inclusione di Hamas e della Jihad Islamica nell' Olp a cui è riconosciuto il compito di condurre negoziati per un accordo di pace con Israele che verrà sottoposto a referendum. L'importante passo fatto da Hamas, che aveva sempre negato il diritto di Israele ad esistere, tuttavia non convince il governo del premier Ehud Olmert. Le autorità israeliane hanno descritto l'accordo come una questione interna palestinese. «Il documento dei detenuti non è mai stato accettato da noi e ancora non vediamo alcun cambiamento in esso», hanno comunicato dall'ufficio del primo ministro. Sulla stessa linea la reazione dell'Amministrazione Bush. Il portavoce della Casa Bianca, Tony Snow, ha esortato Hamas a «fare cose concrete» e mettere fine subito agli tti di terrorismo. Soddisfazione invece in casa europea. Per Bruxelles l'accordo interpalestinese è un primo importante passo. «Questo accordo non è in se stesso una conclusione, ma deve essere l'inizio di un processo che vedrà le differenti fazioni impegnarsi sui principi della non violenza, del riconoscimento di Israele e dell'accettazione dei precedenti accordi e obblighi», ha detto Benita Ferrero-Waldner, commissario Ue per le relazione esterne. Gli analisti israeliani e palestinesi da parte loro puntano la loro attenzione sulla interpretazione dell'intesa tra le fazioni palestinesi.
La Jihad Islamica , ad esempio, ha detto di respingere alcuni punti del documento. Salah Bardawil, un deputato di Hamas, invece ha affermato: «Abbiamo detto che accettiamo uno stato (nei territori occupati nel '67) ma non abbiamo detto che accettiamo due stati», quindi anche Israele. «Ambiguità costruttive», spiega qualcuno, che hanno lo scopo di permettere a ciascuna delle parti di leggere nell'intesa ciò che vuole. «Credo che i dirigenti del movimento islamico manterranno un atteggiamento ambiguo e potrebbero addirittura smentire di aver implicitamente riconosciuto l'esistenza dello Stato ebraico nel territorio storico della Palestina», ha detto l'esperto di islamismo radicale Nabil Kokali. Motivo di questo atteggiamento, secondo Kokali, sarebbe la necessità di «evitare l'inizio di uno scontro interno (in Hamas) che potrebbe sfociare in scissioni e forme violente di dissenso». Hamas ha sempre escluso il riconoscimento di Israele e ribadito che l'unica soluzione del conflitto in Medio Oriente consisterebbe nella «liberazione di tutta la Palestina» e nella costituzione di uno Stato islamico. L'accordo di ieri rappresenta perciò una virata significativa rispetto a quelle posizioni intransigenti ma non è certo che sia stata approvato dall'intera direzione politica del movimento. Si attendono le reazioni del potente capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Mashaal (vive in esilio a Damasco) che guida l'ala dura e potrebbe silurare l'intesa con Al-Fatah raggiunta dai suoi compagni a Gaza, su pressione del primo ministro Ismail Haniyeh, sostenitore della collaborazione con il presidente Abu Mazen.
Sequestrato anche un colono
I carri armati circondano Gaza. Appelli a Tel Aviv: trattare
Gerusalemme. Ancora nessuna notizia di Ghilad Shalit, il giovane caporale israeliano rapito domenica scorsa da un commando palestinese nel corso di una spettacolare incursione costata la vita ad altri due soldati. E ieri si è diffusa la notizia - più volte smentita e confermata - di un secondo sequestro: un giovane colono ebreo, Eliahu Ashri, di 18 anni, dell'insediamento cisgiordano di Itamar, sarebbe nelle mani di un gruppo armato palestinese. In questo clima, Israele prosegue il suo minaccioso spiegamento di truppe e blindati, stringendo la Striscia di Gaza in una morsa, e minaccia un'offensiva «di lunga durata» se non riavrà sano e salvo il soldato fatto prigioniero. Il colono che manca all’appello - e che sarebbe stato rapito dai Comitati di Resistenza Popolare - era scomparso due giorni fa, a quanto pare mentre faceva l'autostop alla periferia di Gerusalemme Est. Polizia e esercito hanno lanciato una vasta operazione di ricerca. Pur continuando e ostentando i suoi preparativi militari, anche come forma di pressione psicologica, Israele mostra di voler ancora privilegiare la carta della diplomazia per ottenere il rilascio del soldato. In effetti i responsabili israeliani sembrano avere le mani legate: un attacco delle forze armate avrebbe il quasi sicuro risultato di provocare l’uccisione del militare. E ieri sera un portavoce delle forze armate israeliane ha espressamente negato che l'aviazione abbia colpito un'automobile palestinese nella striscia di Gaza. Segno della volontà di voler, per ora, mantenere un profilo basso. Fonti palestinesi hanno a loro volta ammesso che è possibile che il giovane militante ucciso - identificato come Hamza Abu Moharreb di 21 anni, membro delle Brigate Ezzedin Al Qassam (Hamas) - sia stato vittima di un'esplosione verificatasi all'interno dell’automobile, forse provocata dall'accidentale deflagrazione di munizioni. Chi tuttavia dovrebbe avere buoni motivi di temere per la sua vita è Khaled Mashal, il principale leader di Hamas in esilio, che Israele accusa sia di aver ordinato il raid che ha portato al rapimento del soldato sia di impedire il suo incondizionato rilascio. Una chiara minaccia a Mashal, che vive a Damasco, è stata rivolta dal vice premier Shimon Peres. Appelli a Israele perché non scateni un’offensiva dagli effetti imprevedibili, sono giunti ieri da più parti. Il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha esortato Israele «a dare una chance alla diplomazia» in vista della liberazione del soldato Gilad Shalit. Posizione analoga quella espressa dall'Alto Rappresentante per
la Politica Estera dell'Unione Europea, Javier Solana, il quale ha auspicato che Israele trovi una soluzione politica piuttosto che militare alla vicenda di Gilad Shalit. «Non vogliamo assistere ad un'escalation, preferiremmo piuttosto dare una chance alla politica», ha detto il rappresentante della politica estera europea riferendosi alla decisione del premier israeliano, Ehud Olmert, di schierare migliaia di soldati al confine della Striscia di Gaza. Il rapimento del caporale israeliano ha suscitato una tempesta anche in campo palestinese. Tra il presidente Abu Mazen - che esige la sua immediata liberazione - e il premier Ismail Haniyeh, esponente di Hamas, apparentemente colto di sorpresa dal raid al quale hanno partecipato anche uomini del suo movimento (ma probabilmente agli ordini di Mashal). Se la ricostruzione dell’intelligence israeliana è esatta, sarebbe ora in corso una prova di forza tra lo stesso Haniyeh e Khaled Mashal, che avrebbe voluto l'operazione, aggirando il premier.
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