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La Stampa Rassegna Stampa
21.06.2006 Sderot sotto l'attacco del terrorismo palestinese
reportage di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 21 giugno 2006
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «A Sderot, dove piovono i Kassam»
Da La STAMPA del 21 giugno 2006:

E’ durante quella stupida sospensione di dieci secondi in cui la vita non è più tua che capisci: cammini a Sderot in una strada orlata da banani e palme, edifici bassi, e l’altoparlante con voce atona annuncia «shahar adom», alba rossa. E’ la parola d’ordine: sta arrivando un missile Kassam. Hai dieci secondi per sapere se stavolta tocca a te. A una decina di chilometri da qui, nella Striscia di Gaza sgomberata, qualcuno di Hamas o di un’altra organizzazione terrorista sta infilando un’altra bomba nel lanciarazzi, oppure lo ripone adesso che lo sparo lo ha localizzato e i soldati israeliani possono colpire.
Fa caldo; un signore nel momento di «shahar adom» prende in braccio una bambina consegnatagli da un pulmino scolastico e aspetta, come un cretino, stringendo la piccola, dieci secondi. Dove cade, cade. Irrazionalmente, tutti si fermano, sull’attenti prima del bum. Due volte, in un’ora di tempo che restiamo a Sderot, cade un Kassam. E’ successo più di 100 volte in 5 giorni.
Alla tenda dove la gente fa lo sciopero della fame arrivano con il bum anche il presidente Moshè Katsav e il ministro della Difesa Amir Peretz, e la furia prende il sopravvento: «Ma qual’è il Paese del mondo che consentirebbe questo senza reagire, senza entrare nel territorio da cui ci bombardano, che ha già subito 5 morti, che lascia distruggere le proprietà, il sonno, il lavoro, che chiude le scuole e fa a pezzi la psiche, qual’è il Paese che invece di colpire i colpevoli direbbe “ci stiamo pensando”», chiede furioso e accaldato dopo sei giorni che rifiuta il cibo David Alloni. «Signor Peretz», aggiunge, «dimettiti se non sai, tu che sei nato qui e abiti con noi, che il primo dovere del ministro della Difesa è permettere che i bambini vadano a letto tranquilli e la mattina vadano a scuola». Peretz promette, ed è dura per lui uomo di sinistra, che se Hamas non la fa finita, si dovrà passare a una fase diversa. Ed è chiaro, dato che Israele non vuole rientrare a Gaza, che a rischio sono i responsabili degli attacchi, e fra loro persino, forse, i capi supremi di Hamas.
Ma Israele non occuperà le postazioni da cui vengono sparati i missili: esse, peccato per chi ha sostenuto lo sgombero, si trovano per la maggior parte negli agglomerati di civili prossimi ai cumuli di rovine che erano le cittadine ebraiche del Gush Kativ. Come si può difendere la zona? Ci si prova nella base nelle baracche affogate di sole e polvere in vista del mare proprio sul confine di Gaza. «Shahar adom» qui è di casa. Con una radiosa faccia da 23enne sbattuto però dalla mancanza di sonno il comandante, Amir (nome vero, il cognome è segreto per ovvie ragioni), 110 soldati ai suoi ordini, sorride: «Le baracche grandi dei soldati sono corazzate. Le stanze degli ufficiali, no. Quando c’è l’allarme se è notte e dormo quelle 3-4 ore faccio così», e mostra come si tira la coperta sopra la testa, «hai solo 5-6 secondi, dove scappi? E poi a volte nemmeno lo sento, ho sonno».
Amir ha una responsabilità enorme: 8 chilometri di confine. Suoi, da proteggere, sono i disgraziati siti lungo la Striscia, ora bersaglio preferito sia dei terroristi che si infiltrano con cinture e armi, sia dei Kassam. Nel kibbutz di Netiva Assarà, dove un Kassam ha ucciso una ragazza, guardiamo con lui la casa abbandonata dalla famiglia, in mezzo a ville, anche loro ormai moribonde, un tempo in vista del mare, ora circondate da una muraglia di difesa. Saliamo in alto per vedere le rovine di Alei Sinai, ex insediamento ormai distrutto dalle ruspe, con tre basi della polizia palestinese marcate da bandiere.
A sinistra, tra alberi e edifici, una delle zone di lancio dei Kassam, vicino alla gente, così che Israele non possa intervenire: l’ex insediamento di Dugit e poco più in là, El Rul, Beit Lahia, El Atatra, tutti in zone popolate. «Il compito dei miei soldati non ha a che fare con l’artiglieria: dobbiamo difendere la zona dall’ingresso di terroristi anche se ci becchiamo tanti Kassam, e abbiamo già avuto vari feriti. Ma anche se ci bombardano, e vediamo tutti i loro movimenti, abbiamo il permesso di agire solo quando cercano di entrare, o agiscono da meno di 500 metri. Li vedi che ci osservano con i canocchiali, spostano uomini e mezzi, sappiamo quando si tratta di Hamas, quando della Jihad Islamica... eppure non possiamo che guardare finchè, almeno una volta a settimana cercano di infiltrarsi. Solo 10 giorni fa abbiamo preso tre terroristi col tritolo, e altri due al passaggio di Carni. Ma persino dopo che hanno sparato il Kassam, il tempo fra lo sparo e la fuga, è breve per una mobilitazione di elicotteri o per l’artiglieria».
Frustrato, Amir indica sotto di noi, fra un insediamento distrutto e l’altro la sabbia punteggiata da cespugli e sassi. «L’artiglieria tira negli spazi vuoti, altrimenti rischi di colpire i civili». Da dove tira l’artiglieria? Dal mare, o da batterie a sud-est della Striscia. Ci si arriva attraverso una savana bollente, decine di giovani vivono in un quadrato di tende intorno alla terra battuta, un altoparlante diffonde canzoni che sembrano tristi, entrare è difficile, parlare con gli uomini è proibito; sul lato più corto del quadrato una fila di cannoni su mezzi cingolati, più in là altri mezzi corazzati. File di proiettili molto grossi, di tre tipi diversi, sono allineati per terra. I cannoni vengono usati solo a scopo deterrente in campo aperto: puntati, raderebbero al suolo tutto. «Dopo la strage della famiglia Ghalia, ci siamo discolpati per giorni di un errore che poi non c’era, loro sparano senza tregua su obiettivi civili, e nessuno gliene chiede conto», dice un giovane soldato di origine francese, Gregoire. Tutti sembrano credere nelle conclusioni degli esperti dell’esercito: «In un Paese come il nostro, le parole delle autorità sono indagate, contestate. Non lo avrebbero detto se non fosse vero».
Peretz da più di una settimana ha messo a tacere i cannoni sperando che il governo di Hamas venga a più miti consigli. I soldati puliscono i cannoni, siedono rassegnati quando sentono le notizie dei Kassam che seguitano a piovere su Sderot, su Netiva Assarà, sui kibbutz a Mordechai. Il famoso esercito israeliano siede perplesso.

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