Io amo l’Italia – Magdi Allam Casa Editrice: Mondadori
Pubblichiamo un’intervista di Massimo Boffa al giornalista e scrittore Magdi Allam in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro.
“ Questo è il mio libro più sofferto, nel quale ho messo a nudo il mio cuore e mi sono molto esposto sul piano personale. Ho dovuto farlo perché la mia è un’invettiva contro la classe politica italiana, di sinistra e di destra, che manca di senso dello stato. E allora, per essere credibile di fronte ai lettori, ho voluto farmi totalmente trasparente. Per me è il momento della chiarezza. E della fermezza”. Da tempo Magdi Allam, 54 anni, italiano di origine egiziana, editorialista del Corriere della Sera, è impegnato in prima fila in una battaglia per la libertà e il rispetto della vita, minacciate dall’estremismo islamico, un impegno che lo costringe a vivere, da tre anni, sotto scorta armata. Ma questo suo nuovo libro (Io amo l’Italia, sottotitolo: Ma gli italiani la amano?, edito dalla Mondatori) non è solo un libro di idee chiare e taglienti. E’ anche un testo emozionante che ha l’andamento della confessione autobiografica. Magdi racconta la sua personale scoperta dell’Italia, durante l’infanzia al Cairo, sui banchi di scuola dei salesiani. E poi la scelta di vita, nel 1972, di trasferirsi nel nostro Paese (la “Terra promessa”), i primi difficili passi nel giornalismo, i lunghi anni alla Repubblica e infine il Corriere. Un’esperienza non solo di successi professionali ma anche di dolorose delusioni. Così, se è riconoscente verso il suo ex direttore Ezio Mauro, che alla Repubblica lo proteggeva come si fa con un “animale raro”, riserva però un giudizio severo a Eugenio Scalari (“Responsabile del degrado ideologico della stampa italiana”). Il libro racconta anche il suo tentativo di impegnarsi direttamente in politica “nel contesto di Forza Italia”. Vi si rivela, con dovizia di particolari, la collaborazione con l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, terminata con una pubblica rottura. E lo sforzo, fallito, di convincere Silvio Berlusconi a istituire, e ad affidargliene la responsabilità, un ministero ad hoc per l’Integrazione. Ma questo libro è, innanzitutto, una dichiarazione d’amore per l’Italia… Mi rendo conto che può sembrare paradossale. Un egiziano che ha la sfrontatezza di dire: “Io amo l’Italia e ho dei dubbi sul fatto che gli italiani la amino”. Come si permette questo beduino di insegnarci quel che dovremmo fare? Ma il mio è l’atteggiamento di chi ha conquistato una cosa a fatica e quindi ne apprezza tutto il valore. Gli italiani invece non l’apprezzano? Mi sono molto occupato del tema dell’integrazione e sono giunto a una conclusione: non sono gli immigrati che non si integrano per un loro difetto, sono gli italiani che, per un loro difetto, non sono in grado di integrare gli immigrati. Il problema dunque sono gli italiani. Se non condividiamo innanzitutto un sistema di valori fondanti l’identità nazionale, noi italiani non potremo proporci come modello, non potremo integrare nessuno. Quando sono gli italiani stessi a non credere nella bontà dei propri valori, a essere preda di sensi di colpa, a lasciarsi sedurre dal relativismo culturale, a non rispettare le proprie leggi, come potranno integrare gli altri? Ecco il perché di quel sottotitolo così provocatorio.Ed ecco perché dico: ogni popolo ha gli immigrati che si merita. Qual è invece la ricetta di Magdi Allam? L’integrazione, per l’immigrato, deve essere un dovere, che si realizza attraverso un processo in cui gradualmente, attraverso lo studio e il lavoro, egli diventa parte integrante della nostra società, assimilando la lingua, la cultura, i valori, l’identità italiana. Non possono coesistere più identità, pena la schizofrenia. E deve essere un processo senza automatismi, anche con “esami”, fino alla cittadinanza piena, con tutti i diritti politici connessi. Lei mette l’accento sull’adesione a un universo di valori laici e tolleranti. Un po’ come fa anche il ministro dell’Interno francese Nicolas Sarkozy, che dice: gli immigrati, se vogliono restare, devono apprezzare la Francia. La sensibilità di Sarkozy a questo tema è dovuta al fatto che anch’egli proviene da una famiglia di emigrati. E quindi conosce, meglio di tanti francesi doc, le dinamiche dell’integrazione. Con queste idee avevo proposto a Berlusconi di costituire un ministero “dell’Integrazione, dell’identità nazionale e della cittadinanza” e mi ero offerto come titolare di questa responsabilità. Non se ne è fatto nulla, soprattutto a causa di un veto dell’ex ministro Pisanu, con cui nel frattempo avevo polemizzato pubblicamente. Perché la sua polemica con Pisanu? Premetto che con Pisanu ho avuto inizialmente un rapporto di collaborazione molto positivo. Quel che gli rimprovero, in definitiva,è di avere sdoganato e legittimato coloro che in Italia rappresentano i Fratelli musulmani, l’Ucoii, l’Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia, inserendo il loro presidente nella Consulta dell’Islam italiano. Osama Bin Laden è un fenomeno altamente distruttivo, ma minoritario. I Fratelli musulmani invece sono un movimento più radicato, che controlla le moschee e che, come una piovra, soffoca la sua preda. E’ stata sottovalutata la loro pericolosità, pensando che can che abbaia non morde.Non è così. La parola, la predicazione violenta è il fondamento di quel lavaggio del cervello che genera il combattente e il kamikaze. Cos’è che non va, secondo lei, nel modo di combattere il terrorismo in Italia? L’Italia continua sostanzialmente a mantenere, nei confronti del terrorismo islamico,l’atteggiamento che aveva verso il terrorismo internazionale negli anni Settanta e Ottanta, un terrorismo nazionalista di matrice palestinese. Si trattava, di fatto, di un accordo sotto banco: voi non fate attentati sul nostro territorio e noi chiudiamo un occhio sulla vostra attività logistica. E così, nel 1983 a Beirut, quello italiano fu l’unico contingente militare a non essere colpito. E perché non si potrebbe fare lo stesso col terrorismo islamico? Perché cambia la logica. Quelli erano laici, nazionalisti e ragionavano in termini cartesiani. Questi sono messianici, ideologici e ragionano in termini coranici. Ci sono cose che non potranno mai accettare, come il diritto di Israele all’esistenza. La classe politica italiana continua immaginare che il terrorismo sia di natura reattiva e non aggressiva. La guerra in Iraq è la causa del terrorismo, dicono, ritiriamoci e i nostri problemi saranno risolti.Io sono molto preoccupato perché, se ci si mette nei panni dei terroristi, il ritiro verrà interpretato come un segno di debolezza,un incoraggiamento a colpire ancora di più.