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Il Manifesto Rassegna Stampa
18.06.2006 Non la Siria, ma gli USA destabilizzano il Libano
l'ultima bufala del quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 18 giugno 2006
Pagina: 11
Autore: Stefano Chiarini
Titolo: «Washington destabilizza il Libano»

E' vero che sopra la testata del MANIFESTO c'è scritto "quotidiano comunista", dal che deduciamo che quanto vi si può leggere è confezionato da giornalisti di stretta fede comunista. E che quindi in questo caso non vale  la regola "ma c'è un limite, signora mia", no, in questo caso, quando cioè si tratta di fede non c'è ragionamento che tenga. Si crede e basta, l'obbedienza è cieca,pronta,assoluta.Nel numero di oggi,18/06/2006, a pag.11, viene pubblicato un articolo di Stefano Chiarini, intitolato "Washington destabilizza il Libano". Dopo un attimo, nel quale abbiamo ricordato il " Tu mi intorbidi l'acqua, disse il lupo in alto all'agnello che era in basso", ci è venuto da sorridere. Ma come, non era la Siria a dominare con l'occupazione e altri crimini vari il Libano ?  Meno male che il MANIFESTO ci informa che sono gli USA a destabilizzare il paese dei cedri. Appunto, quando c'è la fede, i lettori possono bersi qualunque bugia. D'altra parte sono comunisti, fa parte del loro DNA. Ecco l'articolo:

L'Europa dovrebbe rifletetre sull’ultimomessaggio di Zarqawi che si rivolgeva non più solo agli iracheni ma agli abitanti dell’intera area del Bilad as-Shams dall’Iraq alla Siria dalla Palestina alla Giordania, perché testimonia un progetto per un nuovo medioriente, teoricamente opposto ma che in realtà si interseca ed è convergente con quello Usa della «distruzione creativa» degli stati della regione, tanto che le due parti, facendo leva sul terrore e la paura, finiscono per rafforzarsi a vicenda a spese dei nostri popoli. Di fronte a questa drammatica situazione l’Europa dovrebbe scegliere tra il caos provocato da queste teorie dello scontro di civiltà, che si alimentano del rifiuto dell’Altro, delle occupazioni, delle minacce di interventi militari, degli scontri etnici e confessionali e invece la politica, il dialogo, il rispetto e l’autodeterminazione dei popoli, a cominciare da quella del popolo palestinese» Lo sheikh Naim Qassem, vicesegretario di Hezbollah, ci riceve nel salotto del suo studio nel quartiere di Haret Reik, una delle roccaforti delmovimento nella degradata periferia sud della capitale. Lemisure di sicurezza sono eccezionali. Un’intera area del quartiere, enormi palazzoni di periferia uniti l’uno all’altra da una fitta ragnatela di fili elettrici, è chiusa da un grande cancello a prova di camion bomba. Miliziani in mimetica nera con il basco rosso, ne sorvegliano le entrate. Ci troviamo nell’ex «cintura della povertà e della paura» alla periferia sud diBeirut, i quartieri una volta noti per la loro miseria e, soprattutto all’estero, per i rapimenti di cittadini occidentali. Oggi come oggi la miseria c’è sempre, anche se di molto ridotta, mentre la paura è fortunatamente un ricordo del passato. Il clima è rilassato, le ragazze sembrano vestirsi come vogliono, con velo o senza, mentre l’intera zona, a causa dei campionati delmondo, è coloratissima per le bandiere dell’Italia e, in misura minore, della Germania e del Brasile. Hezbollah e palestinesi, con le facciate di palazzi e palazzine ricoperte da enormi bandiere tricolori che simuovono lentamente alla brezza delmare non molto lontano, ancora oggi tifano Italia come in quel lontano 1982. E vorrebbero che l’Italia e l’Europa tornassero adifendere i loro diritti e la loro sovranità. «Il sostegno acritico ad Israele e ai suoi progetti di occupazione e di oppressione o il soffiare sul fuoco degli scontri etnici o religiosi per destabilizzare questo o quel paese - ci dice Naim Qassem, come sempre elegante nella sua tunica tradizionale, la cui sobria eleganza viene rafforzata da quel rispetto solitamente dato agli uomini di religione - le tesi dello scontro di civiltà, l’assedio alla Siria e all’Iran, il tentativo di usare le risoluzioni dell’Onu per imporre la volontà Usa ainostri popoli, il parlare di democrazia senza riconoscere il legittimo governo di Hamas, non fanno altro che favorire il caos e portare acqua alle tesi di al Qaida. L’Europa deve rendersi conto che senza giustizia non ci potrà essere pace nella regione e che i progetti Usa sono incompatibili con la giustizia e quindi con la pace.

Come giudica la politica Usa nel Medioriente?

 

Washington ha tre obiettivi: controllare il petrolio, far sì che Israele resti l’unica potenza regionale accettata e legittimata da tutti a spese dei palestinesi ed infine ottenere una sorta di mandato sui governi della regione. A cominciare dal nostro. Basti vedere come Washington interferisca nella sovranità libanese anche nei più piccoli particolari: Il Consiglio di sicurezza - cieco di fronte alle violazioni israeliane - si è occupato negli ultimi anni sempre più spesso di noi con ben nove risoluzioni per imporci il disarmo della resistenza islamica (ris. 1559), e il tipo di rapporto da avere con il nostro vicino siriano (risoluzione 1680). Bush parla di democrazia, elezioni, partiti, di stampa libera e sta destabilizzando un paese come il Libano che, in qualche modo, gode di tali diritti dal 1943 e che ha sempre costituito uno spazio di libertà in tutto il mondo arabo.

Non pensa che queste politiche, sostenute da alcuni settori del governo, possano pericolosamenteaggravare i contrasti confessionali?

Non c’è dubbio ed è per questo che noi diamo la massima importanza al dialogo tra comunità, fedi e partiti. In Libano nessuna setta, orientamento politico, o regione può pensare di governare senza o contro le altre. Se in Libano c’è una certa stabilità losi deve a questa politica di dialogo che Hezbollah porta avanti con il sostegno di almeno i due terzi del paese. Accanto a noi abbiamo oggi il movimento di Michel Aoun sostenuto dal 70% della comunità cristiana, numerosi altri esponenti cristiani, laici o drusi, e  buona parte della comunità sunnita. Una maggioranza che non si riflette però nel parlamento e nel governo a causa della legge elettorale e delle particolari circostanze nelle quali si svolsero le elezioni (le prime dopo la morte di Hariri ndr.)» Da qui l’attuale situazione di stallo per superare la quale invece di una crisi al buio, pericolosissima, chiediamo un allargamento del governo al movimentodi Aoun.Unavera unità nazionale.

Uno dei punti centrali di dissenso con gli Usa e non solo con loro, è la richiesta diundisarmodella resistenza libanese…

Il Libano è stato sempre minacciato e attaccato da Israele, sin dal 1948, ed è stato occupato dal ’78 al 2000 senza che nessuno facesse rispettare la risoluzione dell’Onu 425 sul ritiro israeliano. Se Israele ha lasciato gran parte del nostro territorio lo si deve alla resistenza. Ese il Libano non sarà colpito di nuovo lo dovrà alla deterrenza che siamo riusciti a creare sul confine. Nessuno può toglierci il diritto di difenderci e di liberare la zona delle fattorie di Sheba ancora occupata e nessuno vuole o può garantirci che Israele non ci attaccherà più. La resistenza potrà si operare a fianco dell’esercito regolaremadi disarmo per ilmomento non se ne parla.

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