sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Europa Rassegna Stampa
08.06.2006 Un'analisi troppo ottimista?
quella di Janiki Cingoli sul referendum di Abu Mazen

Testata: Europa
Data: 08 giugno 2006
Pagina: 0
Autore:
Titolo: «»

Janiki Cingoli su EUROPA dell'8 giugno 2006 loda il referendum proposto da Abu Mazen.
 Cingoli avvicina i termini della piattaforma proposta dal presidente palestinese (sulla base del "documento dei detenuti" firmato in carcere da  rappresentanti dei principali gruppi terroristici palestinesi) al piano della Lega araba approvato a Beirut mnel 2002.
Un piano che, come ora quello di Abu Mazen,  prevedeva richieste inaccettabili per gli israeliani, in particolare il rientro dei profughi palestinesi in Israele, con la conseguente  abolizione della maggioranza ebraica.
Va poi segnalato il fatto che la proposta di Abu Mazen non contempla alcun riconoscimento di Israele, solo l'accetazione della creazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza.Territori che potrebbero essere utilizzati in seguito come base il conseguimento dell'obbiettivo finale della distruzione di Israele.
Era questo del resto il progetto delineato nel "piano a fasi" approvato dall'Olp nel 1974.
Per un confronto tra il documento dei detenuti e il piano a fasi si veda sul sito israele.net l'articolo:
Documento dei detenuti palestinesi.
Ecco il testo dell'articolo di Cingoli:


La scelta di Abu Mazen di sottoporre a referendum il “documento dei prigionieri”, proposto da Marwan Barghouti, corrisponde a quella che Vittorio Foa chiamava, riferendosi al gioco degli scacchi, “la mossa del cavallo”.
Quando tutti i giochi sembrano fatti, è necessaria una iniziativa che scompagini le fi- la dell’avversario e cambi i termini del confronto.
Questo è ciò che sta cercando di fare il presidente palestinese, seguendo una linea su più fronti.
La situazione, infatti, ha subito una brusca accelerazione dopo l’incontro del 23 maggio tra il presidente americano George W. Bush e il premier israeliano Ehud Olmert.
I due leader hanno concordato sulla prosecuzione dei ritiri unilaterali israeliani da larga parte della Cisgiordania, se i negoziati con i palestinesi restano bloccati; ma anche sul mantenimento del controllo israeliano sui grandi insediamenti al di qua del muro, destinati ad essere inclusi nei futuri confini dello stato ebraico, da definire anche unilateralmente entro il 2010. Non si è parlato più di compensazioni e scambi territoriali «reciproci e mutuamente concordati», per usare i termini della lettera di Bush a Sharon dell’aprile 2004.
Abu Mazen, quindi, ha fretta, perché non vuole restare tagliato fuori e trovarsi di fronte a nuovi fatti compiuti senza possibilità di interloquire. Questo è sicuramente un forte motivo per l’annunciato referendum sul “documento dei prigionieri”, che con ogni probabilità era stato concordato con lui, data la prontezza con cui si è mosso. Il documento è concepito nella stessa logica della storica Dichiarazione di Algeri dell’Olp, del novembre 1988: non si propone un riconoscimento diretto di Israele, ma un riconoscimento indotto, dato che lo stato palestinese che ci si propone di costruire è compreso entro i confini precedenti il ’67. Questo, tuttavia, non diminuisce l’importanza del documento, che è stato firmato anche da esponenti di primo piano di Hamas e dello Jihad Islamico, oltre che dei gruppi laici estremistici del Flp e del Fdlp.
La logica, in qualche modo, è la stessa del Piano arabo di Beirut, che dichiarava la disponibilità al riconoscimento di Israele dopo il suo ritiro dai territori occupati: la questione essenziale è quella del superamento del rifiuto pregiudiziale e ideologico di Hamas verso lo stato ebraico, non quella di un suo riconoscimento preliminare e immediato.
L’arco così largo dei firmatari è stato probabilmente all’origine della riconferma delle posizioni più tradizionali sul diritto al ritorno, prive delle recenti aperture di Abu Mazen.
Il secondo punto è la confluenza delle organizzazioni islamiche nell’Olp, e la creazione di una sua nuova direzione unificata.
Verrebbe così ricreata una organizzazione unitaria e rappresentativa di tutte le principali fazioni palestinesi, che sarebbe guidata da Abu Mazen, che dell’Olp è presidente.
Questa sottolineatura del ruolo centrale dell’Olp, che è stata riaffermata con forza anche nell’intervento del presidente palestinese alla seduta inaugurale del nuovo Consiglio legislativo palestinese, tende a marcare il fatto che l’Anp, e tanto più il governo guidato da Hamas, è una componente all’interno dell’Olp, cui è delegato l’esclusivo compito di rappresentanza dell’intero popolo palestinese, che comprende anche i rifugiati all’estero.
Infine, sulla base di queste premesse la responsabilità del negoziato con Israele viene affidata dal documento allo stesso Abu Mazen, che ne avrà la titolarità, mentre i suoi esiti dovranno essere approvati dal Consiglio legislativo palestinese, o, nel caso questo non avvenisse, attraverso un nuovo referendum.
Si comprende come la prova di forza in corso sul documento Barghouti, che si concluda con un accordo con Hamas o che si vada al referendum, che i sondaggi danno per vinto con notevole margine, pare comunque destinata a rafforzare il ruolo del presidente palestinese, dandogli nuova credibilità e autorevolezza anche nei confronti degli interlocutori israeliani.
Ma quello che si profila è un processo di ricollocazione profonda della galassia palestinese.
La strategia di Abu Mazen si riconferma ancora una volta come duplice: da un lato essa tende a includere Hamas nell’establishment palestinese, e cioè all’interno dell’Olp, evitando uno scontro all’ultimo sangue; dall’altro essa è concorrenziale verso la formazione islamica, puntando a riaffermare la supremazia di Fatah e dello stesso presidente sull’intero movimento

Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione di Europa


Rubrica.lettere@europaquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT