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Informazione Corretta Rassegna Stampa
07.06.2006 Nuove lettere a Enzo Biagi e all'Espresso
sulla diffamazione contro Andrea Jarach

Testata: Informazione Corretta
Data: 07 giugno 2006
Pagina: 0
Autore: la redazione
Titolo: «Nuove lettere a Enzo Biagi e all'Espresso»

Nuove lettere inviate all'Espresso e a Enzo Biagi sull'articolo diffamatorio contro Andrea Jarach:

Caro Enzo Biagi, come ho sempre letto volentieri i suoi articoli! Sono sempre stata una sua ammiratrice e ho sempre pensato a Lei come ad una persona di buon senso, amica del popolo ebraico, ma ho letto ieri il suo articolo sull'Espresso e mi permetto di chiedere: cosa Le è successo? Lei critica Andrea Jarach perchè si è candidato nella lista Moratti, ma ognuno ha il diritto di candidarsi nella lista che preferisce, non crede? Io, però, vorrei dire un'altra cosa, farla partecipe del disagio profondo che vivo come ebrea italiana, figlia di persone che il fascismo lo hanno vissuto, lo hanno subito sulla propria pelle e che dal fascismo sono stati umiliati, derubati, sono stati privati della loro identità e costretti a vivere da braccati. Per tutti questi motivi, io sono stata cresciuta a pane e antifascismo, e proprio in questa ottica non ho potuto assolutamente votare chi ha deciso di andare a braccetto con i fascisti di nuova generazione. Ma, caro Biagi, non ho potuto votare neanche la sinistra, che va a braccetto con chi assume posizioni acriticamente antiisraeliane, con chi rimbotta senza troppa convinzione chi pubblica vignette al vetriolo sul muro che Israele ha costruito per impedire al terrorismo palestinese di mietere un numero maggiore di vittime, con chi dichiara senza vergogna che il sionismo è un movimento razzista e arriva addirittura a giustificare i kamikaze. Ferrando non è un caso isolato, ma rispecchia l'opinione di molte persone. Proprio queste persone mi hanno costretta ad avvalermi della protezione della polizia quando ho sfilato il 25 Aprile sotto la bandiera della Brigata Ebraica. Le assicuro, dottor Biagi, che ho un forte imbarazzo per essere stata di sinistra, anzi io sono di sinistra, ma è la sinistra che ha litigato con sé stessa, che si è allontanata dai suoi ideali libertari e che ha preso una strada buonista e falsamente pacifista a senso unico, che spero venga corretta presto.
Cordiali saluti
Ester Picciotto

Egregio Direttore, Mi domando con che criterio e come abbia potuto pubblicare un articolo come quello di Enzo Biagi su Andrea Jarach e su Mattihas Goring. Articolo assurdo, infamante, inesatto e sconnesso. Chiamare Andrea Jarach “un ebreo che va a braccetto con i neofascisti”, fare un parallelismo con Matthias Goring, quasi come gettare nell’infamia l’uno e redimere l’altro, è la cosa più aberrante che abbia letto negli ultimi tempi. Che pena leggere queste cose in un settimanale prestigioso come il Suo, scritte da un giornalista famoso! Con preghiera di pubblicazione. Distinti saluti.
Ing. Giorgio Alcalay

Egregio Dott. Enzo Biagi
Dice un vecchio proverbio: chi perde un amico, perde un tesoro. Nel leggere le affermazioni da Lei fatte nei confronti di Andrea Jarach, il mio primo pensiero è stato quello di aver perduto uno di quei punti di riferimento, che nella vita di una persona possono assumere tanti aspetti diversi. Nel mio caso Lei come persona, come scrittore e giornalista era il mio "punto di riferimento" era il mio idolo. No, Dott. Enzo Biagi, Lei quelle parole nei confronti di Andrea Jarach, e di tutti coloro che non la pensano politicamente come Lei, non doveva permettersi di scriverle. Dott. Biagi,, Lei le persecuzioni, i Campi di Sterminio, Auschwitz e tutti gli altri campi che Lei ha nominato, li ha soltanto visti in televisione, in foto o per sentito dire. Entrambi i miei genitori, quel luogo chiamato Auschwitz, lo hanno vissuto di persona. Ciò nonostante, quando si è trattato di votare tra chi nelle proprie file ospita una insignificante percentuale di nazi/fascisti, e chi ospita una stragrande maggioranza di nazi/fascisti/comunisti, dichiaratamente ed apertamente antisemiti ed antisionisti, non hanno avuto dubbi. Dott. Biagi, il rancore è un brutto sentimento, a volte difficile da gestire. Certamente, a torto o a ragione, Lei ha del rancore verso la classe politica del centro-destra. Ciò non la autorizza ad offendere Andrea Jarach, ne il 50% degli italiani che hanno votato centro destra, ne chi cerca e vuole sostenere chi si batte in difesa dello Stato d'Israele e del suo Popolo. Dott. Enzo Biagi, Oggi io mi vergogno di averla stimata ed apprezzata, oggi, Lei si vergogni per le cattiverie e le calunnie che si è permesso di scrivere contro Andrea Jarach. Settimio Di Porto Gentilissimo Dott. Biagi, sono un Suo affezionato lettore da lunga data e ho sempre nutrito per Lei moltissima stima , oltre che simpatia per quel semplice e al tempo stesso singolare, intelligente e profondo modo di interpretare i fatti e di porgere i personaggi. Quante volte mi sono completamente immedesimato nel suo modo di pensare e di ragionare e con quanto fastidio ho visto scagliare contro di Lei ingiuste accuse e messe al bando. E’ con questo sincero sentimento di amicizia che voglio farle sapere quanto mi sia apparso orribile il Suo articolo apparso su l’Espresso di sabato, riguardante Moni Ovadia, un parente di Goering e Andrea Jarach. Mi sembra impossibile che siano parole scritte da Lei. Ma cosa c’entra la conversione all’ebraismo chiesta da un poveretto che ha la disgrazia di chiamarsi Goering, con le frequentazioni politiche (apertamente antisioniste) di Moni Ovadia, e con l’impegno civico di Andrea Jarach, conosciuto e stimato editore che tanto ha speso per la divulgazione della conoscenza degli orrori della Shoah? Lei forse intendeva sostenere la tesi che coloro che hanno votato per la Moratti sono amici dei fascisti (per non dire dei nazisti, seguendo l’accostamento logico dei personaggi del Suo articolo), mentre sono solo i gloriosi amici (antisionisti) dell’ ebreo Moni Ovadia a meritare ogni onore e rispetto ? Ma, Dott. Biagi, cosa Le è saltato in mente? Lei ha scritto cose orribili. Il finale del Suo articolo, quel Suo invocare le foto dei parenti dell’ebreo Jarach (sicuramente uccisi nei campi di concentramento) e dimenticate nei cassetti... confrontate con il travaglio interiore del povero parente di Goering, quel Suo...  ”non voglio capire e non voglio nemmeno fare la fatica di capire”, è davvero stomachevole. La prego Dott. Biagi, la faccia questa piccola fatica di capire, e ci ripensi. Faccia le Sue scuse a Jarach e ai Suoi lettori per le orribili cose che ha scritto. Spieghi che si è trattato di un errore. Vedrà, i Suoi lettori capiranno. Torni ad essere l’Enzo Biagi che conosciamo. Ma se tutto questo dovesse costareLe troppa fatica, La prego, si faccia da parte, si arrenda all’inesorabile volgere del tempo, e ci lasci con il buon ricordo di quanto ha scritto nel corso della Sua gloriosa carriera professionale. Con sincerità
Federico Ascarelli

Desidero commentare un articolo, particolarmente "brutto", anche, e forse ancor più, perché con firma "prestigiosa", quella di Enzo Biagi. Perché attaccare con tanta virulenza "l'ebreo Jarach", colpevole di una scelta politica comunque condivisa da metà degli italiani? Perché denigrare, con assoluta superficialità, tutta una vita esemplare, senza prove e argomenti convincenti? E' vero che il nostro "ebreo Jarach" si é trovato imparentato con persone che certo non piacevano neppure a lui . Erano quattro gatti, ma c'erano. E' stata una conseguenza della legge elettorale che spinge le grandi coalizioni ad apparentamenti elettorali con forze estremiste. Ma dall'altra parte sarebbe stato molto diverso? Se Oliviero Diliberto si é "insanguinato le mani" andando a stringere quelle insanguinate di Nasrallah, terrorista foraggiato dall'Iran, o se, addirittura, Fausto Bertinotti, terza autorità dello Stato, non trova miglior segretario di un ex terrorista di Prima Linea che uccise un servitore dello Stato, usando la stessa arma che uccise quel GRANDE COLLEGA di Enzo Biagi, CARLO CASALEGNO, si dovrà riconoscere che, ovunque, a ben vedere, si trova il male. E di questo bisogna essere tutti ben consapevoli, senza mettersi un inutile paraocchi. Ne va della nostra credibilità. D'altro canto Jarach si è espresso con chiarezza contro l'accordo elettorale con le formazioni neofasciste e Letizia Moratti, a differenza di altri esimi rappresentanti dell'opposto schieramento, ha subito dimostrato, con fatti precisi, pronti ed esemplari, il proprio pensiero sull'antisemitismo. Gesti che, troppe volte, dalla parte politica alla quale vanno le simpatie di Biagi, non abbiamo visto compiere, o magari sono stati compiuti con grave, colpevole ritardo. In realtà tutto l'articolo si rivela estremamente superficiale. Una superficialità che emerge, per esempio quando Biagi scrive "per i nostri amici ebrei, si poteva e si doveva fare qualche cosa per impedire la loro deportazione". Sa Biagi quanti "Giusti di Yad Vashem" può vantare l'Italia, e quante persone sono state riconosciute, e ancora vengono riconosciute oggi come PERSONE CHE HANNO SALVATO EBREI? Sono tutte persone che lo hanno fatto senza clamore, senza stupidi proclami; per dirla con un loro eccezionale rappresentante, Silvio Rivoir, "non fu merito, ma dovere". Non dimentichi Biagi quelle grandi lezioni di civiltà! E perfino qualcuno che aderì alla Repubblica di Salò é stato proclamato "Giusto". E perfino fra gli occupanti tedeschi vi fu chi aiutò in modo decisivo a salvare degli ebrei. Tutto questo Biagi o non lo sa, o lo ha dimenticato. E' troppo superficiale scrivere ora "che si poteva e si doveva fare qualche cosa", e dimenticare che tanti, in Italia, hanno agito da eroi. E noi ebrei, anche a distanza di anni, non lo dimentichiamo. E non so, io, se Biagi allora ha agito in favore o contro gli ebrei. Sarebbe interessante se qualcuno ci illuminasse in merito, oggi, anche per eventualmente smentire scritti già apparsi in rete dopo il "brutto articolo". L'assoluta superficialità è evidente anche quando Biagi si dilunga in inutili commenti sulla Comunità ebraica di Milano; che cosa ne sa lui di una presunta spaccatura che Jarach avrebbe provocato al suo interno? Come può attribuire con tanta sicurezza colpe all'interno di una realtà che non conosce, quando neppure sa che Jarach non é il "fratello dell'editore"? Superficiale é poi anche nel trattare l'argomento Göring, che certo non avrebbe dovuto essere affrontato nello stesso articolo. Non è certo vero che i tedeschi siano stati particolarmente duri con i figli dei criminali nazisti condannandoli a una morte civile. Tanta enfasi sull'esilio svizzero di Matthias Göring è dunque fuori luogo. Anche la famiglia di chi cercò di uccidere Hitler ha dovuto trasferirsi in Svizzera per tutta la sua vita, ma di questa storia Biagi nulla dice. Biagi deve ancora imparare a documentarsi su tutto, prima di scrivere; o forse sarebbe meglio che si limitasse a scrivere sugli argomenti che conosce a fondo.
Emanuel Segre Amar

a Enzo Biagi:
Leggo a pagina 32 e a pagina 132 del libro I Redenti di Mirella Serri il suo nome fra coloro che, negli anni della persecuzione razziale, scrivevano sulle riviste fasciste Primato e Architrave Non posso non farle osservare che, per scrivere, come ha fatto lei, "per i nostri amici ebrei, si poteva e si doveva fare qualche cosa per impedire la loro deportazione", senza una parola di scuse personali, ci vuole una bella faccia tosta. Meglio avrebbe fatto a tacere, almeno su questo argomento. Che distanza morale la separa da don Francesco Brondello di Borgo San Dalmazzo, Giusto di Yad Vashem, il quale, parlando di coloro che si comportarono come lei, disse pubblicamente; il 25 aprile tutti erano per la strada a festeggiare la libertà; avevano dimenticato Auschwitz per i Gulag, e non si rendevano conto che gli unici davvero liberi, a Borgo, erano quei due amici ebrei che mi accompagnarono alla stazione e mi salutarono col fazzoletto mentre il mio treno si allontanava. Mediti sulle parole di chi, per tutta la vita, si é comportato con alta dirittura morale, e solo dopo che avrà riflettuto, come pochi hanno saputo fare, potrà affrontare certi argomenti!
Emanuel Segre Amar

Egregio Dottor Enzo Biagi, per quelli della mia generazione, che vivono oggi l'incubo della rinascita dell'odio razziale e dell'antisemitismo, che hanno visto amici e conoscenti lasciare la Francia, la Svezia, l'Olanda e altri civilissimi paesi occidentali, perché si sentivano nuovamente in pericolo, ancora una volta, "solo perché ebrei", e che temono che novelli Hitler alla Ahmadinejad possano dare vita ad un nuovo Olocausto nucleare... per quelli della mia generazione è obbligatorio porre a quelli della sua generazione una serie di domande, anche per non dover condividere un giorno i suoi legittimi sensi di colpa. Siamo infatti convinti che per i nostri amici ebrei e israeliani si può e si deve fare qualche cosa per impedire che la storia si ripeta (e stia tranquillo che ci riusciremo). Le domande sono queste. Dov'era Lei, dottor Biagi, quando si ritornò al punto che agli ebrei si rimproveravano le proprie scelte politiche, liberamente compiute, aderendo a questo o a quel partito dell'arco costituzionale, attentando così alla libertà di esercizio dei diritti civili e politici garantiti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dalla Carta Europea dei Diritti Umani e dalla Costituzione italiana? Dov'era Lei, dottor Biagi, quando allo scopo di demonizzare gli avversari politici, gli ebrei venivano selezionati in "ebrei buoni" e "ebrei cattivi" in base alle loro idee politiche, rischiando di legittimare in tal modo ritorsioni di ogni genere contro quelli definiti "cattivi"? E dov'era Lei quando distribuivano queste patenti di bontà e cattiveria? Dov'era Lei, dottor Biagi, quando oscuri personaggi speculavano persino sulla Shoah, allo scopo non di criticare, bensì di calunniare gli avversari politici, facendo uso dei media per paragonarli ai nazisti e superando con baldanza persino il "confine invalicabile", il tabù dei tabù, fino a pochi anni fa costituito dal più orrendo dei crimini commessi contro l'umanità, cioè, appunto, la Shoah? Dov'era Lei, dottor Biagi, quando accusavano i nostri connazionali italiani di religione ebraica di andare "a braccetto con i neofascisti", mentre chi lanciava queste accuse "andava a braccetto" con chi bruciava le bandiere di Israele e degli Stati Uniti, in cortei dove si gridava: "10-100-1000 Nassiryia" e si sfoggiavano cinture da kamikaze, cappucci, bare ed altre amenità? Dov'era Lei, dottor Biagi, quando, ad andare in giro per il mondo con un passaporto "marchiato" dal visto israeliano, si subivano insulti ed umiliazioni, al punto che farsi apporre quel "marchio" sul passaporto è già di per sé un atto di resistenza, una scelta di campo, il manifesto della volontà di "difendere le porte di Gerusalemme"? Leggendo le sue parole, dottor Biagi, e pensando a quanto può essere stata facile e liberatoria, al punto in cui siamo giunti, la decisione di attaccare un italiano di religione ebraica perché "colpevole" di professare idee politiche diverse dalle sue (assumendosi così in toto tale responsabilità etica e morale), mi torna in mente l'altro, Julius Streicher, il propagandista della persecuzione degli ebrei, fondatore del "Der Sturmer", quello che odiava gli ebrei per nascita, per famiglia, che avrà avuto di sicuro nei cassetti foto e trofei di ebrei uccisi ad Auschwitz, Dachau, Buchenwald o Mauthausen. Ma, per carità, mi torna in mente con le opportune, dovute, necessarie, analgesiche e liberatorie distinzioni. Perché l'uomo deve sempre fare la fatica di capire e distinguere. Infatti, le chiedo ancora: come ha potuto, dottor Biagi, scrivere quello che ha scritto? Io, diversamente da lei, posso, voglio e debbo capire. Io voglio fare la "fatica di capire". Se potesse usarmi la gentilezza di spiegare...
Distinti saluti
Carmine Monaco

Di seguito il comunicato di solidarietà ad Andrea Jarach del Consiglio Direttivo della Federazione delle Associazioni Italia Israele:

"La nostra più totale e piena solidarietà va oggi all'amico presidente della Federazione nazionale Italia-Israele Andrea Jarach fatto oggetto di un attacco giornalistico da parte di Enzo Biagi che non ha motivazioni se non quella di diffamare l'immagine limpida, onesta e capace di un esponente della Comunità ebraica, noto imprenditore ed editore di fama, che difende Israele e che non si accoda fra i cantori di una sinistra da sempre antisemita ed antisionista. L'auspicio è che si tratti di un passo falso del giornalista, dettato dalla supeficialità e dalla mancanza di conoscenza della persona. Perchè altrimenti si potrebbe ravvisare il preoccupante e serio pericolo di trovarsi di fronte ad una nuova caccia alle streghe contro chi ha ancora il coraggio di non allinearsi tout court all'establishment delle sinistre e di chinare la testa di fronte al pensiero unico ed alla vulgata degli intellettuali di regime. Per questo auspichiamo anche che il giornalista in oggetto si preoccupi di studiare approfonditamente l'attività di Andrea Jarach contro l'antisemitismo e a favore di Isreale e che di coseguenza gli faccia pervenire quanto prima pubbliche ed ufficiali scuse". 

Infine una Lettera aperta diffusa sul web,Eccone il testo:

“ Je n'ai qu'une passion, celle de la lumière, au nom de l'humanité qui a tant souffert et qui a droit au bonheur. J'accuse!” Emile Zolà. Oltre cent'anni fa queste parole costarono ad Emile Zolà un anno di carcere. Facevano parte di un articolo che divise l'opinione pubblica francese nell'appello coraggioso che lo scrittore rivolgeva alla ragione e alla giustizia, in difesa di un ufficiale francese accusato di alto tradimento al posto del vero colpevole. Solo perché ebreo e quindi perfettamente “idoneo” ad essere accusato di doppio-giochismo e di amoralità in una società tentata dal facile capro espiatorio. Ci vollero anni, prima che la prorompente verità venisse a galla, anni durante i quali Dreyfus fu trascinato nella polvere, degradato, allontanato dalla società civile e condannato alla prigionia. Un caso d'antisemitismo, l'Affaire Dreyfus, divenuto tristemente Storia e oggi studiato come tale. Sicuramente il Dottor Biagi conosce bene quelle pagine così vibranti. Perché studioso della Storia e perchè da sempre impegnato a schierarsi dalla parte della verità. Ma forse ne abbiamo sovrastimato la forza. Anche lui dopotutto è un uomo, che dopo tanto stare sulle barricate ha ceduto alla tentazione di usare un capro espiatorio per sfogare il rancore che lo rode e lo attanaglia in questa fase della vita. Per questo forse non dovrebbe stupirci più di tanto il suo editoriale sul numero de L'Espresso attualmente in edicola. Un editoriale che invece di far giustamente riflettere sui rischi e sulle assurde commistioni elettorali a cui può essere chiamato un qualsiasi cittadino italiano che oggi voglia dedicarsi alla politica, infanga con mezzucci di dozzina e dall'alto di non si sa bene quale mandato morale il buon nome di un suo concittadino, chiamato in causa non in quanto tale, ma in quanto ebreo! Che caduta di stile, che vergogna. Nel suo volersi ergere a salomonico giudice, caro Biagi, si è reso conto di aver concentrato in una sola pagina quanto di peggio potesse partorire il più antisemita degli opinionisti? Come ha potuto cadere in un tranello così evidente? Proprio lei? Guardi, gli ingredienti del libello antisemita ci sono tutti: prima l'autoriferimento liberatorio nel potersi dichiarare vecchio e puro antifascista che tanto ha avuto e sempre avrà a cuore gli ebrei perseguitati e periti nell'Olocausto. Quindi, sempre da grande e saggio conoscitore della “proverbiale” unità della Comunità ebraica della città, ecco il primo attacco all'ebreo “cattivo” che l'ha spaccata, perché “ha accettato di fare un'alleanza elettorale con i neofascisti della Fiamma Tricolore . Lo cita per nome e cognome, anche se fa confusione con il fratello, ne dichiara la professione…Insomma comincia ad evocare il “male” in carne ed ossa. Dopo il “cattivo ebreo” mette in scena l'antagonista positivo, quello pescato dallo stesso bacino di utenza, dalla stessa Comunità. E' “l'ebreo buono e bravo”, quello che sta dalla parte giusta, con la sinistra e con Ferrante, quello che come ogni figlio prediletto si chiama con nome e cognome, Moni Ovadia, in segno di deferente stima e che a buon diritto può tuonare, da lei ovviamente sostenuto, come un novello Gesù nel Tempio, contro i profanatori dell'antifascismo. Ma eccoci al clou, all'ebreo in fieri , all'agnello che toglierà i peccati del Mondo, al parente di uno dei più abominevoli nazisti compari di Hitler, che prende su di sé per chiamata divina una colpa “che evidentemente non gli appartiene”. Che colpo da maestro, il seguito: “pensando a quanto può essere stata travagliata la sua decisione di diventare ebreo” - ecco arriva l'affondo da gran teatro, con deliberato studio nel ripeterne nome e cognome con il disprezzo dovuto a tanta feccia e in chiusura di articolo, così che si imprima indelebilmente nella memoria del lettore- “mi torna in mente l'altro, Andrea Jarach , quello che è ebreo per nascita, per famiglia, che avrà di sicuro nei cassetti foto di parenti uccisi ad Auschwitz, Dachau, Buchenwald o Mauthausen.” Già così, il suo articolo avrebbe potuto far impallidire d'invidia anche le più abili penne che si dedicano con fervore a denigrare gli ebrei. Ma l'ultima frase, quella sigilla proprio il giudizio finale, la condanna inappellabile del Giusto “sopra” le Nazioni: “Non posso capire e non voglio nemmeno fare la fatica di capire”. Bravo, così l' “ebreo”, quello di cui non ti puoi fidare, è di nuovo fra noi. Ma noi, Dottor Biagi, lo conosciamo davvero Andrea Jarach e sappiamo che tutto ciò che ha scritto su di lui è pura menzogna. Lui è l'editore che si occupa di Shoah. Proprio lui si è dedicato con slancio sincero e instancabilmente per la difesa della Memoria, in tutti i modi possibili e con tutte le maggiori istituzioni ebraiche e non. Noi lo conosciamo e noi lo stimiamo. La sua scelta politica non è stata diversa da quella di più della metà dei cittadini di Milano e di quasi la metà esatta degli italiani, cosa sulla quale lei può esprimere tutta la riprovazione che vuole. Ma non perché Andrea Jarach è ebreo. Ci dica Dottor Biagi che questo è solo un brutto incubo, che lei non è obnubilato dalla demagogia e dagli stereotipi. Ci dimostri che esiste l'onestà intellettuale e che un uomo della sua levatura morale è capace di riconoscere di aver sbagliato, di essersi lasciato prendere la mano, di aver assemblato male i pezzi del puzzle che la redazione le ha fornito. Ciò che leggiamo a sua firma non solo non le fa onore, ma rischia di trascinarla nello stesso fango con il quale ha cercato di imbrattare la figura di Andrea Jarach

Ecco il testo dell'articolo di Enzo Biagi:

Per quelli della mia generazione che hanno vissuto le leggi razziali volute da Mussolini nel 1938, che hanno visto sparire amici e conoscenti con i quali avevano parlato fino al giorno prima, solo perché erano ebrei, l'Olocausto, che non è uno stato d'animo e neanche un incubo del passato, è sempre presente nella memoria. Anche come senso di colpa. C'è il pensiero, infatti, che per i nostri amici ebrei, si poteva e si doveva fare qualche cosa per impedire la loro deportazione. Ogni giorno succedono fatti che vogliono allontanarci sempre più dallo sterminio, come gli accordi che Silvio Berlusconi aveva fatto, durante la campagna elettorale, con gruppi nazifascisti. Poi quello che è successo a Milano poco prima del voto per il sindaco. Ho sempre avuto la sensazione che la comunità ebraica della città fosse molto unita, invece si è spaccata per colpa di un suo rappresentante, Andrea Jarach, fratello dell'editore che si occupa di Shoah, che in lista per il centrodestra con Letizia Moratti, ha accettato di fare un'alleanza elettorale con i neofascisti della Fiamma Tricolore. Un altro candidato, il bravo attore e musicista Moni Ovadia, che ha scelto il centrosinistra con Ferrante, si è sfogato dicendo: "Sono esterrefatto che un ebreo possa sedere con un fronte alleato con i neofascisti. Nella sinistra possono esserci tante magagne, ma non mi dimentico chi stava con noi quando venivamo deportati nei lager". Poi ha aggiunto: "C'è un confine invalicabile e questo è il fascismo". Condivido. Jarach a sua volta si è così difeso: "Anche a me quella alleanza fa orrore, ma Letizia Moratti ha ribadito che l'antifascismo è un suo valore". Come dire, "fai quel che dico e non fare quel che faccio". Dunque, mentre a Milano un ebreo va a braccetto con i neofascisti, in Germania, un uomo, ormai cinquantenne, dal cognome ingombrante, Göring, sta tentando di diventare ebreo e di andare a vivere in Israele. Il suo nome è Matthias Göring ed è parente di quell'Hermann Göring, amico di Hitler e vice Führer, che fu l'organizzatore della Gestapo e, dal gennaio 1939, "nominalmente responsabile dell'indirizzo antisemita". Prima creò l'ufficio centrale per l'emigrazione ebraica, poi diede ordine a Reinhard Heydrich di occuparsi della "soluzione finale della questione ebraica nella sfera di influenza tedesca in Europa". Il feldmaresciallo del Reich morì suicida durante il processo di Norimberga. La volontà di Matthias Göring di convertirsi all'ebraismo ha fatto naturalmente notizia: c'è chi ha definito questa sua passione semita 'stravagante', perché fino a qualche tempo fa era noto il suo 'disprezzo verso gli ebrei'. Gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza per lui furono molto difficili, trascorsi in assoluta povertà con genitori che gli spiegavano che "gli ebrei avevano preso tutti i loro soldi e per loro erano all'origine di tutti i guai. Gli ebrei erano la causa di ciò che non potevamo permetterci". Durante una intervista al settimanale tedesco 'Der Spiegel', Göring, ha raccontato che lui e la sua famiglia erano disprezzati ed emarginati: "Quando andavo a scuola il nome Göring ha sempre significato insulti e umiliazione". Per Matthias sono occorsi più di quarant'anni per liberarsi dalla maledizione del parente nazista e ha dovuto trasferirsi in Svizzera per avere un po' di serenità. Sempre nell'intervista racconta che nel 2002 ha avuto una visione: "Dio mi ha detto che dovevo difendere le porte di Gerusalemme. Da quel momento ho capito cosa dovevo fare". La famiglia non ha accettato la sua scelta: "Pensano che io sia impazzito. Io credo che quello che mi è accaduto sia molto importante. Io non mi sento colpevole per l'Olocausto, ma una colpa spirituale esiste nella mia famiglia e nella Germania. È nostra responsabilità ammetterlo apertamente". Leggendo le parole di Matthias Göring e pensando a quanto può essere stata travagliata la decisione di diventare ebreo, di assumersi una colpa che evidentemente non gli appartiene, mi torna in mente l'altro, Andrea Jarach, quello che è ebreo per nascita, per famiglia, che avrà di sicuro nei cassetti foto di parenti uccisi ad Auschwitz, Dachau, Buchenwald o Mauthausen. Non posso capire e non voglio nemmeno fare la fatica di capire.

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