"Incentivi" europei agli ayatollah ma l'Iran ha già chiarito che non rinuncerà al nucleare
Testata: Il Foglio Data: 06 giugno 2006 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Solana in Iran con l’offerta europea che l’Iran ha già rifiutato»
Dal FOGLIO di martedì 6 giugno 2006:
Roma. Javier Solana, capo della diplomazia europea, è volato a Teheran con il pacchetto di incentivi che la settimana scorsa aveva definito “audace”. Una visita che ha lo scopo di sondare il terreno e placare i bollenti spiriti degli iraniani, una missione di cortesia “di natura illustrativa e non negoziale”, ha puntualizzato la portavoce, Cristina Gallach, per convincere gli iraniani a riflettere prima di dire no. Con lo stesso spirito, sabato scorso, Kofi Annan ha telefonato al presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, invocando risposte ponderate. L’apertura di Washington all’ipotesi di colloqui con Teheran ha riacceso le speranze in una risoluzione della querelle nucleare e il viaggio di Solana ha lo scopo di presentare agli iraniani su un piatto d’argento la fine delle ostilità. “Si tratta di una proposta davvero significativa – ha detto nei giorni scorsi il capo della diplomazia dell’Unione europea – l’Iran potrebbe avere accesso alle tecnologie più sofisticate”. E di cooperazione tecnologia e scientifica sul nucleare civile, di una ripresa dell’accordo di cooperazione Iran-Ue, di un possibile ingresso nel Wto, di nuovi aerei per la malconcia flotta iraniana e della fine delle sanzioni statunitensi contro l’Iran parlerà Solana nei suoi incontri con il capo del Consiglio per la sicurezza nazionale, Ali Larijani, e con il ministro degli Esteri, Manuchehr Mottaki. Dalla visita di Solana nessuno si attende una svolta. L’Iran avrà a disposizione alcune settimane per valutare l’offerta e, nel frattempo, l’enfasi è tutta sulla dimensione psicologica della faccenda, come se bastasse decodificare il doppio linguaggio della dirigenza iraniana e individuare un interlocutore credibile per incidere sugli opachi meccanismi decisionali dell’Iran. Le massime cariche iraniane hanno complicato le previsioni dei bookmaker. Mentre il ministro degli Esteri, Mottaki, ha dichiarato possibilista: “Crediamo che, se c’è buona volontà, sarà possibile che si determini una svolta per uscire dalla situazione che loro (europei e statunitensi, ndr) hanno creato”, e persino il veemente Ahmadinejad dava sfoggio di inusuale cautela, l’ayatollah Khamenei ha minacciato di seminare il caos sul mercato petrolifero nel caso in cui Washington minacciasse gli interessi iraniani. Il monito ha fatto schizzare il prezzo del petrolio oltre i 73 dollari il barile e i consiglieri della Guida suprema hanno potuto rincarare la dose e dichiarare alla stampa che l’Iran potrebbe mettere in ginocchio i suoi nemici anche senza sparare un colpo: 17 milioni di barili transitano ogni giorno attraverso lo stretto di Hormuz, il 20 per cento del fabbisogno mondiale giornaliero, un passaggio fondamentale per i flussi energetici mondiali. Ma, come ha ricordato il segretario di stato americano, Condoleezza Rice, l’80 per cento del budget iraniano è legato ai proventi del petrolio e destabilizzare il mercato toglierebbe a Teheran buona parte dei suoi introiti. Se è vero che in quanto a riserve l’Iran è secondo solo all’Arabia Saudita e che è quarto come produttore in seno all’Opec, è vero anche che l’industria petrolifera iraniana non è in buono stato e senza la cooperazione tecnologica occidentale rischia di avvitarsi in un inesorabile declino. I livelli della produzione sono due terzi di quello che erano prima della rivoluzione del ’79 e, di questo passo, l’obiettivo di pompare 8 milioni di barili al giorno entro il 2020 non potrà essere raggiunto. Le infrastrutture sono così carenti che l’Iran non riesce a produrre più di 40 milioni di litri al giorno di gasolio, quando i consumi superano i 64,5 milioni. Nonostante il suo capitale energetico, Teheran è costretta a importare più del 40 per cento del suo gasolio e il governo ha dovuto creare un sistema tariffario diversificato a seconda dei consumi: per gli automobilisti un prezzo politico legato alle sovvenzioni dello stato e per gli altri un prezzo di mercato più sensibile alle fluttuazioni. Che la carta petrolifera rischi di trasformarsi in un boomerang non sfugge nemmeno all’ayatollah Khamenei che, dopo le minacce, ha preferito ipotizzare lucrosi scenari di pace. “Abbiamo un rapporto buono e sano con l’Europa e nel prossimo futuro sarà ancora migliore, perché loro hanno bisogno della nostra energia”.
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