La "giustizia" delle Brigate Al Aqsa duplice delitto in Cisgiordania
Testata: La Repubblica Data: 31 maggio 2006 Pagina: 24 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Amanti e collaborazionisti giustiziati due palestinesi»
Con un titolo sbagliato, che richiama alla resistenza europea (improprio riferimento presente anche nella prima riga dell'articolo) La REPUBBLICA di mercoledì 31 maggio 2006 presenta un articolo di Alberto Stabile che racconta una storia di odinaria "giustizia" palestinese. Senza alcun rapporto con l'oggetto dell'articolo Stabile introduce un parallelo tra il barbaro duplice omicidio delle Brigate Al Aqsa el'ultima azione antiterroristica israeliana. Un insostenibile, ma pericoloso, tentativo di pareggiare i conti della barbarie tra Israele e il terrorepalestinese (in questo caso il terrore interno). Ecco il testo: GERUSALEMME - Più che la resistenza contro l´occupazione, un malinteso e tuttavia pervicace senso dell´onore sembra aver spinto le Brigate al Aqsa ad assassinare a sangue freddo, loro dicono a «giustiziare», una coppia di palestinesi accusati di essere amanti e collaborazionisti. Lui, Jafal Abu Tzrur, 24 anni, è stato ucciso sulla pubblica piazza di un campo profughi, vicino Nablus, lei, una lei di cui è stato taciuto il nome, ma non l´età, 22 anni, e il fatto che fosse madre di quattro figli, è stata ferita a morte vicino ad un ospedale. «La sentenza capitale - ha spiegato Abu Ala, un comandante locale delle Brigate - è stata eseguita solo dopo aver accertato che i due avevano collaborato con l´intelligence militare israeliana». Per la precisione, se mai di precisione si può parlare in una situazione senza legge né ordine come quella in cui sprofondano i Territori palestinesi, la coppia veniva accusata di aver fornito informazioni che avrebbero permesso alle forze speciali israeliane di uccidere, lo scorso mese di marzo, tre militanti palestinesi, tra i quali, a quanto pare, il legittimo marito della donna. Di esecuzioni di questo tipo, condotte da aguzzini palestinesi contro vittime palestinesi sono piene le cronache di questa guerra disperata, dove entrambe le parti spesso e volentieri non si fanno scrupolo di eseguire pene capitali senza che siano precedute da un regolare processo. Le Brigate Al Aqsa hanno tuttavia voluto aggiungere al loro resoconto un dettaglio che rende questo caso diverso e in un certo senso più illuminante di una «semplice» esecuzione di collaborazionisti. La donna, ha fatto sapere il comandante Abu Ala, era stata prima di essere uccisa consegnata alla famiglia, la quale famiglia si era sentita disonorata dal suo comportamento, non tanto e non solo in quanto collaborazionista, par di capire, ma in quanto adultera. Ora si sa che quando c´è di mezzo l´onore del clan, la presunta modernità dei palestinesi rispetto alla media dei popolo arabi, la loro presunta elasticità mentale, che li rende, tra i popoli arabi, i più vicini alla mentalità occidentale, tutte queste presunte qualità, quando c´è di mezzo l´onore della famiglia, spariscono di colpo. Per dare spazio alla vendetta, alla violenza tribale, all´accanimento del fratello contro la sorella del padre contro la figlia, del marito contro la moglie. Perché, salvo qualche rara eccezione, sempre e soltanto le donne sono le vittime sacrificali di questo rito di sangue inteso a lavare la macchia, a rimettere le cose a posto, più o meno come accadeva nelle campagne siciliane fino alla prima metà del secolo scorso. Qui, nei Territori occupati, può talvolta entrare in gioco la variante, riscontrata nelle indagini su alcuni attentati, che alla donna palestinese «persa», alla donna «chiacchierata» può essere data la possibilità di diventarere «shaid», e d´immolarsi in un atto di terrorismo suicida per la causa nazionale e per il «bene» del clan. Stavolta non è successo. Stavolta il clan ha deciso di riconsegnare la donna alle brigate Al Aqsa perché con un sola raffica di mitra venisse uccisa due volte, una volta come moglie fedigrafa e una volta come agente al servizio d´Israele. Significativamente, la famiglia non ha voluto rinunciare a lasciare il suo marchio indelebile, imponendo la presenza di un fratello della vittima nel commando che ha eseguito la sentenza di morte. E´ singolare, ma non deve stupire, che tutto questo sia successo lo stesso giorno in cui l´esercito israeliano ha ucciso almeno sette palestinesi, tre dei quali mentre stavano per lanciare un missile Qassam, nella prima operazione di terra condotta all´interno della Striscia di Gaza dopo il ritiro israeliano dell´agosto scorso. Con un azione a metà strada tra l´autodifesa e il delitto d´onore, come dire un atto di «resistenza d´onore», le Brigate al Aqsa, hanno finito con l´aggiungere soltanto sangue a sangue, dolore a dolore.
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