Per la propaganda del quotidiano comunista tutto il conflitto israelo-palestinese sarebbe stato originato dall'"occupazione" di Cisgiordania e Gaza.
Questo assunto è stato declinato, durante gli anni dell'"intifada" terroristica, in una minuziosa, ossessiva liturgia.
Che prevedeva, per esempio, di chiamare costantemente "esercito di occupazione" le forze di difesa israeliane.
Oggi, come noto, Israele si è ritirato da Gaza, ma il terrorismo continua a colpire anche da lì.
Ne ha anzi fatto la base di continui e sempre più minacciosi lanci di razzi qassam.
Il ministro della Difesa israeliano, Peretz, è un laburista, molto a sinistra e di idee pacifiste, ma ovviamente non può che ordinare una risposta militare.
I ministri della Difesa, devono, per l'appunto, difendere il loro paese.
Ma questo non è concesso a Israele.
Così la cronaca di Michele Giorgio descrive l'azione israeliana come un'aggressione e Peretz come un "traditore" della sinistra e un "guerrafondaio".
La redazione sceglie poi un titolo diabolico: "Gaza, Israele torna sul luogo del delitto".
Israele additato come omicida impunito.
Da Gaza Israele si è ritirato. Ma il "delitto" passato resta. E la difesa dai nuovi attacchi è perciò illegittima, un "ritorno sul luogo del delitto", appunto.
E' chiaro che il problema , per il MANIFESTO non è mai stata l'occupazione. Tanto meno la pace. Il problema è Israele. E la sua "criminale" pretesa di lottare per la propria soppravivenza.
Ecco il testo:
Non si arresta il leader laburista Amir Peretz che ha dato via libera ai comandi militari. Ministro della difesa da qualche settimana, la sua gestione già vanta la prima incursione di terra nella Striscia di Gaza dal ritiro israeliano della scorsa estate. Senza dimenticare i raid quotidiani in Cisgiordania e gli «omicidi mirati» di attivisti palestinesi in cui sono rimasti uccisi anche civili innocenti. «Le operazioni di terra, di aria e di mare continueranno fino a quando non cesseranno i lanci di razzi da Gaza verso il territorio israeliano», ha affermato Peretz durante l'ultima riunione di gabinetto. Dimenticato il programma sociale che aveva caratterizzato la sua campagna elettorale, Peretz ora insiste sulla sicurezza - nei giorni scorsi ha protestato con forza contro i tagli alla difesa decisi dal premier Olmert e approvati ieri dal governo - e gli effetti si vedono sul terreno. Tra lunedì notte e ieri mattina, almeno sette palestinesi sono stati uccisi, numerosi altri sono stati feriti e più di venti sono stati arrestati. Un'unità scelta dell'esercito israeliano è entrata in profondità a Gaza per tendere un agguato a un gruppo di militanti del Jihad Islami che si apprestavano a lanciare razzi. Oltre ai quattro palestinesi uccisi, due giornalisti sono rimasti feriti. L'organizzazione islamica ha reagito promettendo che «il nuovo crimine degli occupanti non resterà senza una risposta, che sarà violenta e terribile nel cuore dell'entità sionista (Israele)». Secondo il Jihad gli uccisi «stavano sparando razzi in reazione ai continui crimini israeliani e all'assassinio di Abu Hamza Al Majzoub in Libano», morto venerdì scorso in sud Libano nell'esplosione di una bomba dentro la sua automobile. Un attentato attribuito ad agenti al servizio di Israele. Altri tre palestinesi sono stati uccisi in scontri a fuoco in diverse località della Cisgiordania: Tarek Zakarna, delle Brigate Al Quds (Jihad Islami), è stato colpito a Kabatiya e tre suoi compagni sono stati gravemente feriti. In circostanze simili sono stati uccisi due membri delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, a Anabta e nel campo profughi di Balata (Nablus). Dura la condanna del presidente palestinese Abu Mazen. «L'escalation militare israeliana - ha denunciato - accrescerà l'instabilità nella regione». L'aggravamento del clima di tensione è sfociato in esecuzioni sommarie di sospette spie di Israele. Un giovane di 24 anni e una donna di 27 sono stati assassinati a Nablus perché sospettati di passare informazioni alle forze di occupazione. Il giovane era stato rapito alcuni giorni, la donna invece è stata uccisa dai membri della sua stessa famiglia e non si esclude che questo secondo delitto possa avere motivazioni «d'onore» e non politiche. Ieri in Cisgiordania e Gaza è stata una giornata di scioperi di varie categorie di dipendenti pubblici, ormai senza stipendio da tre mesi a causa del blocco dei fondi palestinesi da parte di Israele e dei finanziamenti all'Anp provenienti da Stati uniti ed Europa, scattato dopo la vittoria elettorale di Hamas. Migliaia di famiglie ormai sopravvivono solo grazie agli aiuti alimentari garantiti dalle agenzie internazionali. Il premier Ismail Haniyeh da parte sua ha annunciato che il suo governo comincerà presto a pagare gli stipendi di un quarto degli oltre 160mila dipendenti pubblici dell'Anp senza precisare la provenienza del denaro. Pagamenti che non risolvono la situazione e che sono stati resi possibili grazie alle donazioni di palestinesi ricchi, alle elemosine islamiche e a piccoli prestiti bancari. Riceveranno lo stipendio di un mese tutti i dipendenti la cui paga non supera i 1.500 shekel (circa 260 euro), ovvero 40mila persone. Chi guadagna di più comincerà col ricevere un anticipo di 1.500 shekel.
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