Elie Wiesel - Le storie dei saggi I maestri della Bibbia , del Talmud 30/05/2006
Le storie dei saggi I maestri della Bibbia , del Talmud – Elie Wiesel Casa Editrice - Garzanti
Dobbiamo a George Steiner la più incisiva, innegabile definizione di “ebreo”. Fuor d’ogni vocazione storica o religiosa è, secondo questo grande testimone di civiltà, “uno che non può fare a meno di tenere una matita in mano, mentre legge”. C’è quasi da scommettere che, ascoltando queste parole, un altro grande testimone – di un tempo però molto lontano – assentirebbe con un convinto cenno del capo. Se non fosse che in quel tempo la matita era ancora da inventare. Ma, come le parole di Steiner illuminano sempre, così fanno anche le sue. Malgrado il tempo passato e malgrado allora non esistesse ancora la matita: se ai tempi di Rashi fosse esistita, lui di matite ne avrebbe consumate a bizzeffe. Con le sue note a margine. I suoi commenti: sempre illuminanti. Mai insidiosi. Perché se la vocazione della tradizione ebraica è proprio quella di aggiungere parole a parole su per un’inesauribile torre di Babele, è anche vero che il midrash – cioè la ricerca sul testo della Bibbia – non viene mai a complicare le cose, a rendere più oscuro un passo. Una volta deposto sulla pagina è come se, anzi, il testo originario non potesse più fare a meno di quel commento: esso diventa essenziale alla comprensione, alla partecipazione emotiva di chi legge. O ascolta. Ed è davvero un po’ così per tutte le parole che l’inimitabile Rashi, il maestro della tradizione esegetica dell’ebraismo europeo vissuto in Francia fra l’XI e il XII secolo, ha depositato a margine del testo biblico, ma anche del Talmud. Note a volte brevissime a volte articolate, rimaste tutte indispensabili al testo. Tanto che una grafia dell’ebraico ha preso il suo nome. A questo principio del commento come “obbligo” che il testo esige ma anche come “passione” mai spenta si rifà idealmente il moderno percorso di Elie Wiesel, di cui Garzanti pubblica oggi una nuova raccolta di narrazioni: Le storie dei saggi, nella traduzione di Livia Cassai. Questa duplice disposizione d’animo trova la sua coerenza già nel nome con cui l’ebraico chiama il testo sacro.Non “Scrittura” bensì “Lettura”. Ma anche “chiamata”, giacchè anche questa area semantica è coperta dalla radice Qara da cui viene il termine Miqra che indica il corpus composto da Pentateuco, Profeti e Agiografi. A questa, tutta particolare,vocazione che la parola divina “pretende” dall’uomo, tiene fede ancora una volta il percorso di Wiesel: che passa per molte donne – da Eva a Miriam, da Agar a Giuditta. Affonda lo sguardo sulle vicissitudini dello sventurato Saul, si pone molte domande di fronte all’imperturbabilità di Samuele. Nutre perplessità verso il più “strano” fra i profeti: Osea. Ma conduce il suo lettore anche più avanti: lungo quella tradizione orale che attraversa la lettura di Wiesel svela tutta la sua continuità. Ecco dunque svariate “scene talmudiche” e poi ancora qualche scorcio di Shtetl e chasidismo. Emerge sempre quella costante imperfezione dell’uomo che ne è anche la sua grandezza: persino gli eroi biblici non sono mai tali sino in fondo, e anche per le loro debolezze li sentiamo così vicini. Pur essendo la riscrittura di lezioni tenute all’università, queste letture hanno tutte la suggestione del racconto. Non certo fine a sé stesso. Anzi. Il filo conduttore è la serena constatazione che non siamo soli. Perché, come ha scritto Louis Finkelstein, “quando preghi parli con Dio. Quando studi, è Dio che parla con te”.