Per Ahmadinejad i mondiali di calcio saranno un'occasione di propaganda mentre la Fifa se ne lava le mani, e un gruppo di neonazisti annuncia una marcia in onore del presidente iraniano
Testata: Il Foglio Data: 30 maggio 2006 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Ahmadinejad punta sul mondiale per irridere ancora l'Europa»
Dal FOGLIO di martedì 30 maggio 2006:
Roma. “Faremo del nostro meglio per rendere questa nazione orgogliosa”, ha detto l’allenatore della squadra di calcio iraniana, Branko Ivankovich. Gli iraniani vogliono credere al ct di origine croata che in Iran è diventato una celebrità. Per mesi sono infuriate polemiche sulle condizioni fisiche di alcuni giocatori e sull’impreparazione psicologica di altri, ma a pochi giorni dall’inizio dei Mondiali nessuno parla più degli infortuni di Ali Karimi e Vahid Hashemian né dell’esaurimento nervoso del portiere Mirzapour. Anzi, ora la squadra rilascia commenti per rassicurare i tifosi, anche perché ha ricevuto copiosi incentivi, come quello elargito dal sindaco di Teheran, Mohammad Baqer Qalibaf: 20 mila dollari a ciascun giocatore, una cifra enorme per gli standard iraniani. I campionati del mondo rappresentano per l’Iran un’occasione di riscatto, nessuno vuole rovinare il clima, anzi Teheran si sta dotando di maxischermo per i Mondiali e, nelle ultime settimane, la vendita di televisioni è decollata. “Questa generazione di calciatori – ha detto Ivankovich è la migliore nella storia dell’Iran”. L’ottimismo dell’allenatore ha ricevuto encomi dalle massime cariche istituzionali: il paese ha bisogno di positività e nessuno meglio della nazionale potrebbe regalargli fiducia nel futuro. Le magliette ufficiali della nazionale, della Puma, sono state presentate in una sfilata maschile a ritmo di musica techno all’Hotel Simorgh di Teheran, la conferma che se c’è una causa che valga una deroga al gusto rivoluzionario per le autorità iraniane è proprio il calcio. Quando l’Iran si è qualificato è stata indetta una giornata di festa nazionale, come nel novembre del 1997, quando la notizia arrivò da Melbourne e gli iraniani inondarono le strade. All’epoca brillava la stella di Mohammed Khatami all’apogeo dell’illusione riformista e, quando nel ’98 la nazionale batté gli Stati Uniti 2-1, il tema del giorno era il dialogo tra le civiltà declinato in “diplomazia del calcio”. Il pallone – dice l’ex calciatore Hassan Nayeb Agha – è un buon termometro delle oscillazioni della nazione. “Nel ’98 speravamo ancora, quando nel 2001 perdemmo con il Bahrein fu una catastrofe. La gente scese per strada in preda a un’insopprimibile frustrazione, ci furono scontri tra polizia e tifosi”. Si consumava in quei giorni la fine della luna di miele tra il paese e Khatami e fioccarono le teorie di cospirazione: la voce era che qualcuno “più in alto” aveva tramato per far perdere alla nazionale la qualificazione ai mondiali. Poi è arrivato Mahmoud Ahmadinejad. Il presidente animato dalla passione sportiva e dal desiderio di riportare l’Iran agli antichi fasti ha capito che per rinfocolare l’orgoglio nazionale non c’è niente di meglio del pallone. A febbraio è andato a trovare i giocatori in ritiro e ha avuto cura di farsi fotografare prima e dopo qualche palleggio. Quando era ancora un ingegnere della società edile Atisaz, ogni occasione era buona per ritrovarsi con i colleghi per una partita nel parcheggio. Il capo della federazione iraniana, Mohammed Ali Dadkan, ha confermato l’amore presidenziale per il pallone e ha detto che il leader non vorrebbe perdersi l’esordio della nazionale, l’11 giugno a Norimberga. Al settimanale tedesco Spiegel, Ahmadinejad ha spiegato che non sa ancora dove vedrà la partita, dipende “da quanto tempo avrò, come saranno alcune relazioni, se ne avrò voglia e altro ancora”. Poi il presidente iraniano ha detto di non comprendere “tanta agitazione”, poiché “non vedo il nesso” tra la presenza ai Mondiali e quanto ha detto – e ripetuto – sull’Olocausto: “L’Olocausto c’è stato veramente? Voi dite di sì. Bene, allora ecco la seconda domanda: chi ne porta la colpa? La risposta va cercata in Europa e non in Palestina”, ha ribadito il presidente iraniano. Se la presenza di Ahmadinejad fosse confermata un gruppo di neonazisti ha già annunciato una marcia in suo onore. La Fifa si è tirata fuori dalla questione, “perché il calcio è sport e la politica è un’altra cosa”. Sulla presenza del presidente negazionista ai Mondiali, il ministro dell’Interno tedesco, Wolfgang Schäuble, ammette che Ahmadinejad andrà accolto per questioni di ospitalità. Del resto, il motto del torneo è: “A time to make friends”.
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