Sulla STAMPA di oggi,28.05.2006, un lungo editoriale di Barbara Spinelli sul caso della deputata olandese Hirsi Ali, costretta a lasciare l'Olanda e a trasferirsi negli Stati Uniti. L'articolo è pubblicato sotto un titolo che lascia sbigottiti: "L'Europa marrana". Che sta a signicare Europa delinquente, cattiva, ingrata e tutti gli altri significati che da Isabella la cattolica fino ad oggi ha voluto dire questa parola. "Vil marrano" suona ancora nelle nostre orecchie quale orrido ricordo scolastico. Che alla STAMPA non ne conoscano l'origene ? Possibile che in un giornale come la STAMPA non sappiano che i marrani erano quegli ebrei che per salvarsi la vita avevano finto di convertirsi al cattolicesimo ma restando fedeli all'ebraismo nel chiuso delle loro case ? E' la tradizione cattolica che dato alla parola marrano una valenza negativa, nascondendone l'origine e quindi il vero significato. Per completezza di informazione pubblichiamo l'articolo, anche se la titolazione non è responsabilità dell'autrice.
Chiediamo ai nostri lettori di scrivere alla STAMPA per protestare contro quel titolo, grave se causato dall'ignoranza, ancora più grave se avesse altra motivazione.
UN giorno ci accorgeremo, forse, che a forza di discutere delle radici religiose d'Europa avevamo difeso un'idea distorta della civiltà: avevamo difeso un'identità cristiana che sicuramente ci fonda, ma che non è l'unica identità di cui l'individuo europeo è fatto. Avevamo difeso una dimensione del suo essere, ci eravamo sforzati di dare un nome a quel che costituisce il continente, ma al singolo non avevamo dato più libertà né più pace. Fuori dall'Europa avevamo fomentato guerre, dentro avevamo conosciuto tensioni non sanabili con l'Islam d'immigrazione. Il caso di Ayaan Hirsi Ali, deputato olandese che è minacciata di morte dall'integralismo islamico per aver abbandonato la sua religione, è un avvertimento per gli europei. D'un tratto, la sua identità non musulmana è divenuta un ostacolo alla sua integrazione in Europa, le ha tolto ogni protezione, l'ha lasciata sola non solo davanti all'Islam radicale ma anche all'Olanda. Il suo stesso partito (il VVD, partito liberale cui Hirsi Ali è affiliata dal 2002) ha tentato di escluderla dalla vita pubblica, l'ha considerata alla stregua di un'intrusa intrufolatasi in Olanda con trucchi non legali. È stata una compagna di partito, il ministro dell'Immigrazione Verdonk, a toglierle la cittadinanza il 15 maggio in seguito a una trasmissione televisiva che rivelava quello che la deputata di origine somala aveva spesso raccontato: la sua fuga da un matrimonio forzato, il nascondimento di data di nascita e cognome, la menzogna sul paese disertato (non la Somalia in guerra, ma il Kenya).
Ma la verità di Hirsi Ali non è in questi sotterfugi, indispensabili per ottenere asilo politico. È nel suo abbandono dell'Islam, che la tramuta in paria. Adolescente, Ayaan era stata educata al fanatismo e aveva fatto propri gli slogan antisemiti, antioccidentali. La giovane donna è dunque fedifraga, apostata. Non appartiene ad alcuna religione, e proprio questo sta pagando. È punita dagli ex correligionari, che minacciano d'ucciderla da quando scrisse il testo del documentario sullo sfruttamento delle donne musulmane girato da Theo Van Gogh, ucciso il 2 novembre 2004. Ma è anche punita dai dirigenti del paese ospite e dagli europei che non le hanno offerto la cittadinanza dell'Unione. Il ministro Verdonk nel frattempo s'è ravveduta. Ma il male è fatto, e non solo l'Olanda ma l'Europa ne escono male. Non hanno saputo dar rifugio all'apostata, sancendo la solitudine di chi fuori dalle chiese è senzatetto. Gli Stati Uniti restano più coraggiosi dell'Europa, proponendosi come sua nuova patria.
Non sono mancate le proteste. C'è stato un appello di intellettuali olandesi, che hanno «provato vergogna». Ma sono numerosi coloro che hanno approvato, e significativa è la dichiarazione di Nasr Joemman, portavoce di un'associazione sunnita nei Paesi Bassi: «Sono contento che Hirsi Ali lasci l'Olanda. Così potremo finalmente lavorare alla creazione di una società armoniosa».
Società armoniosa è una parola molto usata, scabrosa, e ingannatrice. Dici multiculturalismo, e apparentemente aspiri all'armonia. Favorisci la convergenza tra varie fedi, fai un lungo elenco di religioni fondatrici d'Europa (cristiana, ebraica, eventualmente musulmana), auspichi scuole confessionali diverse, ma questo non significa automaticamente armonia o pace. Significa spartizione, rapporto di forza, quote, lobby. Si parla molto, in Italia, di insegnamenti religiosi diversificati. In Germania il ministro dell'Interno Schäuble, democristiano, sta fissando proprio in questi giorni le condizioni per l'apertura di scuole musulmane. Ma come fare, con chi non appartiene a nessuna religione o migra da una all'altra? Come proteggere chi non si riconosce nella sola esperienza di fede? Eppure l'Europa si è formata creando spazi anche per loro: la sua cultura intreccia le vite di Papi, prìncipi ma anche di fedifraghi, marrani, liberi pensatori. L’Europa è Dante, Maimonide e anche Baruch Spinoza, l’ex portoghese escluso dalla comunità ebraica di Amsterdam (il bando d'esclusione del 1656 ordina che «nessuno abbia rapporti orali o scritti con lui, nessuno lo soccorra, nessuno rimanga con lui sotto un solo tetto, nessuno gli si avvicini più di quattro passi, nessuno legga uno scritto redatto o pubblicato da lui»).
Sono spesso gli stranieri che ci descrivono meglio, e anche per le radici d'Europa è così. Ci voleva Spinoza per descrivere l'Olanda, ci vuole Hirsi Ali per descrivere l'Europa, e per aiutare un paese dell'Unione ad adottare leggi che proteggano le musulmane dal potere delle famiglie e delle moschee. Siamo anche ben descritti da Amartya Sen, il filosofo-economista di origine indiana: chi voglia meditare su laicità e Islam apprenderà molto dal suo ultimo bellissimo libro (Identità e Violenza, Usa 2006), che è una requisitoria argomentata, razionale, contro guerre di civiltà e troppo ansiose ricerche di radici. È della cultura marrana d'Europa che Sen parla, e di un'identità che non ha un'unica dimensione: ognuno di noi ha al tempo stesso preferenze religiose, civili, estetiche; ognuno appartiene a una lingua e un mestiere; a un comune, una nazione e all'Europa; a una classe sociale, una lingua, una politica. Per passione può concentrarsi su un'identità, ma sempre avrà più patrie mentali o spirituali.
Amartya Sen dice che il male del mondo odierno è nella sua «classificazione in appartenenze», nel suo trasformarsi in una «federazione di religioni e civiltà». Questa classificazione impoverisce l'individuo, ne riduce libertà e responsabilità. La guerra di civiltà presume che civiltà sia eguale a religione: che non esista una cultura araba accanto alla musulmana, una «storia dei popoli musulmani accanto alla storia islamica». È un riduzionismo che dà un peso enorme e pericoloso alle autorità religiose, soprattutto musulmane: esse diventano i nostri soli interlocutori, i soli rappresentanti legittimati di civiltà diverse dalla nostra.
Ma Sen dice qualcosa di più. La tentazione riduzionista non genera solo guerre di civiltà, ma paradossalmente genera anche quel che in apparenza è antitetico alla guerra, è intriso appunto di armonia: genera i discorsi sul dialogo tra religioni, e le incessanti ricerche di un Islam migliore, pacifico, moderato. È il peccato fatale di un multiculturalismo che inchioda gli individui nelle grandi famiglie religiose e che vede alleate sinistre e destre estreme, fautrici del cosiddetto differenzialismo (bisogna rispettare le culture diverse, purché non si mescolino con la nostra). È un'alleanza contro cui Hirsi Ali si batte fin da quando apparteneva alla socialdemocrazia olandese. Il dialogo mondiale non è tra civiltà a una dimensione, ma tra le discordanti o parallele figure in cui s'impersonano individui e popoli.
Non stupisce che il primo attacco a Hirsi Ali sia stata l'inchiesta d'un canale televisivo socialdemocratico: nella cultura di sinistra laicità e multiculturalismo sono identici, cosa assai opinabile. Multiculturali sono ormai le nostre società, multiculturalista è la teoria che allinea diverse civiltà omogenee, e laico è il metodo per far convivere una gamma eterogenea di preferenze e passioni umane. La laicità deve farsi garante dei culti ma anche dell'individuo apostata, passibile in gran parte dell'Islam di pena di morte. Non solo: secondo Sen la laicità non impone fedi edulcorate, moderate. Si può avere una religiosità smisurata, e tuttavia viverla accettando regole laiche.
Guido Ceronetti, in un articolo su questo giornale del 20 febbraio 2003, elencava le innumerevoli identità d'Europa (troiane, greche, babilonesi, egiziane, fenicie, ebraiche, cristiane, musulmane) e saggiamente concludeva così: «Potrei suggerire (agli europei, ndr) questa soluzione: “Le radici spirituali dell'Europa sono innumerevoli e alquanto misteriose. Non possiamo esplorarle qui. Ci limitiamo a qualche enunciazione pratica, ai fini di una unità politica che in ogni caso non potrà mai essere una concorde e uniforme realtà spirituale"». Dante aveva migliaia di radici. Sotto la Chiesa Nuova, a Roma, c'era una Vallicella di acquitrini ed esalazioni sulfuree che celavano uno degli ingressi italici agli Inferi e un tempio a Proserpina e Dite. Sotto il cristianesimo, il paganesimo. Sotto il paganesimo, l'acqua d'Oriente e Occidente. Sotto tutto questo: l'identità misteriosa d'Europa.
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