La REPUBBLICA di giovedì 25 maggio 2006 pubblica uno scorreto articolo di Alberto Stabile sul discorso di Ehud Olmert al Congresso americano
WASHINGTON - E´ una fiducia a tempo limitato, quella che Ehud Olmert intende concedere ai governanti palestinesi per dimostrare di essere diventati interlocutori affidabili di un futuro negoziato. Il tempo concesso è di sei-nove mesi, ha annunciato il premier alla radio israeliana, prima di salire alla tribuna del Congresso degli Stati Uniti per pronunciare un discorso che chiude in modo trionfalistico un viaggio iniziato come un pellegrinaggio d´iniziazione e trasformatosi via via in un riuscito tour promozionale.
In piena sintonia con la cordialità dimostrata da George W. Bush verso l´ospite israeliano, il parlamento americano ha tributato ad Omert un´accoglienza più che calorosa. Interrompendo il suo discorso, alla stesura del quale pare abbia partecipato il premio Nobel Elie Wiesel, per ben 39 volte e sottolineando i passaggi più retorici con delle vere e proprie standing ovation.
Una sola volta, a voler esser pignoli, l´applauso che tutti s´aspettavano è venuto a mancare. Quando Olmert ha accennato senza entrare nei dettagli al suo piano di «riallineamento», fino a ieri noto come piano di «convergenza». Piano che si basa sullo smantellamento degli insediamenti sorti ad est della barriera di separazione, il muro, secondo i palestinesi, sul mantenimento delle principali colonie sotto la sovranità israeliane e sulla determinazione unilaterale dei confini («definitivi e sicuri») dello Stato ebraico.
Anche se Bush ha inserito quest´ipotesi nella categoria delle «idee coraggiose», il presidente americano ha indicato chiaramente di preferire la strada del negoziato a quella delle scelte unilaterali. Spingendo Olmert a riconoscere nel presidente dell´autorità palestinese, Abu Mazen un interlocutore «genuino» e «sincero».
Così, il Congresso ha vigorosamente applaudito Olmert quando il premier ha enfaticamente annunciato di «tendere la mano» verso Abu Mazen. Ancora, una pioggia di applausi l´ha interrotto, quando s´è detto pronto a «rinunciare a parte dei nostri sogni» (il possesso di tutta la Terra dei Padri), «per dare spazio al sogno degli altri». Un´ovazione è scoppiata quando ha ribadito la validità della Road Map, la strategia ideata da Bush «che rimane il giusto piano» per raggiungere un accordo. Ma quando il premier ha dichiarato di non essere disposto ad aspettare in eterno e di essere invece pronto, «nel caso che il tracciato bilaterale non dovesse portare a niente», ad attivare il suo piano di «riallineamento», la platea è rimasta fredda, come se deputati e senatori avessero mentalmente deciso di passare oltre.
Più o meno in quegli stessi istanti, a Gerusalemme, il ministro della Giustizia, Haim Ramon, spiegava quello che Olmert intende quando dice di non esser disposto ad aspettare all´infinito. «Dedicheremo quest´anno, sinceramente e con un vero e forte desiderio, a vedere se possiamo condurre negoziati con il presidente Abu Mazen», in caso contrario si andrà avanti senza palestinesi. Concetto che lo stesso Olmert ha ribadito alla radio israeliana concedendo un´ulteriore estensione di tre mesi.
Ma a queste aperture limitate
Non si tratta di "aperture", dato che la disponbilità di Israele al negoziato con Abu Mazen non è una novità, e non si vede in cosa consisterebbe la loro natura "limitata", dato che Olmert non ha posto vincoli preventivi al negoziato.
gli uomini di Abu Mazen hanno reagito accusando il governo israeliano di voler cambiare i termini fissati dalla Road Map, spedendola in nell´archivio dei tentativi falliti, prima ancora di provarne l´efficacia. Quello che riesce più difficile da comprendere ai palestinesi è come si possa da un lato tendere la mano e dall´altro continuare ad esercitare un´azione repressiva basata su un uso illimitato della forza.
"Uso illimitato della forza" è un ' espressione retorica che non ha alcuna attinenza con la realtà, utilizzata per chiari fini propagandistici. Israele fa un uso chiaramente limitato e mirato della forza.
E' poi davvero sorprendente la pretesa che Israele, per negoziare con i palestinesi, debba rinunciare a combattere il terrorismo, mentre il contrasto di quest'ultimo da parte dell'Anp non viene considerata una precondizione per il processo di pace. La Jihad islamica è il gruppo che ha organizzato le ultime stragi di civili israeliani. Israele dovrebbe lasciarlo continuare indisturbato a organizzare i suoi prossimi crimini?
Anche Rabin, disposto a negoziare "come se il terrorismo non esistesse" era però determinato a combattere il terrorismo "come se il processo di pace non esistesse".
Una posizione di estrema moderazione, che ora la propaganda palestinese, e REPUBBLICA al seguito, presenterebbero come proterva e contaddittoria.
Ultimo esempio, l´operazione di ieri mattina nel centro di Ramallah per catturare un latitante della Jihad culminata con uno scontro in cui sono stati uccisi quattro palestinesi e decine sono stati feriti. Il che ha spinto l´Egitto, in più d´una occasione importante mediatore sulla scena del conflitto, a levare una vibrata protesta.
Olmert ha colto l´occasione del discorso al Congresso per affrontare con toni netti il tema della minaccia iraniana, «la prova del nostro tempo», l´ha definita. Una prova che l´Occidente non può permettersi di fallire. Minaccia esistenziale per Israele, ma anche minaccia per il mondo, contro l´Iran «bisogna agire adesso», ha detto Olmert calcando l´accento sulla parola «adesso». «La comunità internazionale - ha concluso - sarà giudicata non dalle sue intenzioni ma dai risultati». Ovazione finale.
Questa ironica nota finale serve a sminuire la minaccia iraniana. La minaccia di uno Stato totalitario che propugna la distruzione di Israele e che vuole dotarsi di armi nucleari.
Stabile fa dell'ironia sui preparativi di un genocidio, e sull'appello a fermarli.
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