"Haniyeh offre una lunga tregua" titola AVVENIRE di mercoledì 24 maggio 2006.
Haniyeh, si legge nell'articolo
cerca di gettare acqua sul fuoco
della grave escalation innescata, secondo le accuse della stessa Hamas dall'arresto del terrorista stragista Ibrahim Hamed (anche lui di Hamas)
con dichiarazioni concilianti verso Israele e tranqullizanti per quanto riguarda la situazione nella Striscia. "Se Israele si ritirerà ai confini del 67 ci sarà la pace: noi osserveremo una tregua di lunghi anni" ha detto in un'intervista a Haaretz.
E' appena il caso di osservare che una tregua non è la pace, ma la preparazione a una nuova fase della guerra. Se vi fossero dei dubbi basterebbero le dichiarazioni di Khaled Meshal, capo di Hamas a Damasco, di Mahmoud al Zahar, minstro degli Esteri dell'Anp o di Jamal Abu Samhadana, terrorista nominato direttore generale del ministero degli Interni, concordi nel negare il diritto all'esistenza di Israele e nel dichiararle guerra eterna per toglierseli. AVVENIRE ignora poi il contesto nel quale Haniyeh ha riproposto le sue posizioni. Che sono di sostanziale chiusura (il riconoscimento di Israele é comunque escluso, come giustamente sottolinea poco oltre lo stesso quotidiano cattolico) e che non sono certo novità. Ma che, formulate con abilità e ipocrisia alla vigilia del vertice Bush-Olmert servono egregiamente alla propaganda del "partito" di governo palestinese, in cerca di riconoscimento nella comunità internazionale (vedi La propaganda preventiva di Hamas, Informazione Corretta). A patto che ci siano giornalisti, opinioni pubbliche e politici disposti a credere a tutto ciò che Haniyeh o qualsiasi altro leader palestinese propina loro.
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