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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Farnesina in salsa D'Alema 20/05/2006

Che la nomina di Massimo D’Alema a ministro degli esteri  potesse suscitare preoccupazioni in Israele non era un’ipotesi ma una certezza. Non a caso gli israeliani di origine italiana – e con doppia nazionalità, quindi elettori a tutti gli effetti – si erano orientati nella stragrande maggioranza a votare Casa delle Libertà. Non per tradizione, ma per esprimere al governo Berlusconi quello che meritava, il riconoscimento di essere stato il primo governo della Repubblica  ad avere avuto un rapporto equilibrato ed amico con lo Stato ebraico. Lo si è verificato anche una ventina di giorni fa durante la festa dell’Indipendenza di Israele a Roma quando, ospiti dell’Ambasciatore Ehud Gol,  Berlusconi e Fini sono stati salutati con una ovazione di applausi mentre al professor Prodi ed al suo entourage di prossimi padroni è andato un saluto di circostanza. D’Alema ha però un merito, quello di non aver mai nascosto le sue opinioni, di essersi sempre schierato dalla parte palestinese, senza riserve. Sia con Arafat che dopo, sino a giustificare le stragi di Hamas come “ parte della resistenza palestinese all’occupazione”, come ricordava ieri persino il Corriere. A differenza di Prodi, che da buon ipocritica democristiano ha sempre sistemato intorno a sé qualche “ ebreo di corte “ ,  per parare l’accusa di antisemitismo (una tattica che funziona sempre, si veda il periodo passato all’Unione europea), D’Alema non ricorrerebbe mai a simili mezzi. Infatti si è circondato di ben sei sottosegretari – numero mai raggiunto prima d’ora alla Farnesina – tutti rigorosamente de sinistra, anche estrema, uno persino di provenienza extra-parlamentare, terzomondisti, antiamericani e, va da sé, ostili a Israele. C’è persino Bobo Craxi, il cui cognome in Israele viene sempre pronunciato premettendogli qualche espressione decisamente greve. E’ in queste mani dunque la politica estera del nostro paese. Se è comprensibile l’atteggiamento prudente dell’Ambasciatore d’Israele, che sembra dire aspettiamo e poi vediamo, se ha pure una sua logica la dichiarazione di Condi Rice che riconferma la certezza che i buoni rapporti Usa-Italia non cambieranno con il governo Prodi, sarebbe una dimostrazione di assoluta cecità non prendere atto che le cose non saranno più quelle di prima. La sinistra che ha pesantemente preso possesso della maggioranza delle poltrone si presenta allineata con la keffia arafattiana in testa. L’Italia, dopo esserne coraggiosamente uscita, si riallinea con la maggior parte dei paesi europei, che non aspettano altro che riempire di dollari Hamas affinché possa armarsi ed essere così in grado di combattere Israele, di “resistere all’occupazione”, come sostiene D’Alema. A meno che accanto al dottor Jekyll ci sia un mister Hide, un D’Alema per sua natura pragmatica già pronto a cambiar pelle, come fanno i serpenti. E l’animale non  è stato scelto a caso, riconoscendogli, come dicevamo, indubbie capacità di trasformazione, dovesse – non si sa mai – riconsiderare, come ha già fatto con la dottrina comunista, che il terrorismo è una cattiva bestia, con non si cura con l’ideologia o la preghiera, ma con la forza e la democrazia. Due qualità che Israele possiede in abbondanza. Non ci dà particolare soddisfazione il constatare che eravamo stati facili profeti quando già vedevamo D’Alema in sella alla Farnesina. Adesso che ci è arrivato, e in quale compagnia, gli facciamo i nostri migliori auguri e la promessa che verrà tenuto d’occhio con la massima attenzione.

P.S. Visto il criterio con il quale ha scelto i sottosegretari, via, ne assuma un altro, uno più uno meno… chiami il povero Asor Rosa, gli dia una poltrona anche a lui, così la smetterà di piagnucolare contro il complotto demo-pluto-giudaico-massonico che gli ha impedito di diventare ministro.


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