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La Repubblica Rassegna Stampa
22.05.2006 Chi ci assicura chei soldi dati ai palestinesi non alimenteranno il terrore ?
quello che il commissario europeo Ferrero Waldner non spiega

Testata: La Repubblica
Data: 22 maggio 2006
Pagina: 19
Autore: Benita Ferrero Waldner
Titolo: «L'Unione europea aiuterà i palestienesi, ma chiediamo la fine del terrorismo»

La REPUBBLICA di lunedì 22 maggio 2006 pubblica un articolo di Benita Ferrero Waldner, "Commissario europeo per le relazioni esterne e la politica europea di vicinato", che risponde alle critiche alla decisione europea di sospendere gli aiuti all'Autorità palestinese.
Due sono gli argomenti della Waldner.
Anzitutto, ci assicura, gli aiuti non sono stati assolutamente sospesi, soltanto non passano dall'Anp.
Sarebbe bene, a questo proposito, che la Waldner indicasse con quali meccanismi i soldi raggiungono i beneficiari senza passare attraverso il governo di Hamas. E a quali meccanismi di controllo si é pensato per garantire che il denaro europeo non finisca comunque ad alimentare il terrorismo. L'esperienza dei finanziamenti della Ue all'Anp di Arafat insegna a diffidare delle enunciazioni di principio.
Il secondo argomento della Waldner é che in realtà la crisi finanziara palestinese sarebbe causata dalla sospensione dei versamenti israeliani delle entrate fiscal riscosse  a favore dell'Anp e dalle limitazioni alla libera circolazione nei territori.
Si dà il caso però che questi provvedimenti siano giustificati dalla stessa necessità di non finanziare o agevolare il terrorismo che ha indotto l'Ue  a bloccare i suoi fondi. L'accusa mossa a Israele dalla Waldner é dunque palesemente ingiusta e persino assurda.
Forse Israele sarebbe tenuto a finanziare il terrorismo contro i suoi civili ( o a favorire l'organizzazione degli attentati) per permettere all'Europa di non " sporcarsi le mani"
 con gli "aiuti umantari"?
 E'  accettabile che l'Europa chieda a Israele di finanziare le istituzioni terroriste che essa stessa non vuole foraggiare?

Ecco il testo:

Un coro scomposto di critiche ha accompagnato la decisione dell´Unione europea di sospendere gli aiuti diretti all´Autorità palestinese. Pochi sembrano rendersi conto che, anche a voler considerare le misure adottate, l´Unione europea continua ad essere il donatore che più si prodiga per alleviare le sofferenze della popolazione palestinese.
Occorre essere chiari: la Commissione non ha sospeso gli aiuti alla popolazione. Lo stanziamento di 120 milioni di euro annunciato nel febbraio scorso continua ad essere utilizzato per provvedere ai bisogni più elementari della popolazione. Si tratta di una somma pari a cinque volte i fondi stanziati dalla Commissione europea lo scorso anno nello stesso periodo e a quasi la metà del bilancio normalmente destinato ai palestinesi in un intero anno.
È importante poi comprendere che la sospensione si riferisce unicamente agli aiuti concessi direttamente all´Autorità palestinese o passando attraverso l´Autorità palestinese. Si tratta di una misura precauzionale, per evitare che i fondi europei siano utilizzati dal movimento Hamas, approvata all´unanimità dai 25 ministri degli Esteri dell´Unione europea. Pur rispettando il verdetto delle urne, non possiamo sostenere un governo che rifiuta i principi fondamentali del processo di pace.
Quando i membri del Quartetto (Onu, Stati Uniti, Unione europea, Russia) chiedono la cessazione delle violenze, il riconoscimento dello Stato di Israele e il rispetto degli accordi in vigore, non fanno altro che domandare al nuovo governo palestinese di aderire al processo di pace e di trarre tutte le conseguenze derivanti dalla sua decisione di presentarsi alle elezioni. In fin dei conti, chi finanzia gli aiuti è il contribuente europeo, e ciò che il contribuente europeo si attende da noi è che sosteniamo soltanto chi opera per la pace con mezzi pacifici.
Mi rincresce purtroppo constatare che il nuovo governo palestinese non ha ancora scelto questa strada. Come intervenire di fronte a un governo guidato dai membri di un´organizzazione che tutti gli Stati europei definiscono «terroristica»? Come comportarci nei confronti di autorità che, ancora di recente, hanno tentato di giustificare gli attentati suicidi contro Israele? Ecco le questioni che oggi siamo chiamati ad affrontare. La nostra risposta si muove su un duplice binario: continuare ad aiutare il popolo palestinese, ma mantenere nel contempo una grande fermezza nei confronti del nuovo governo, fino a quando non modificherà la sua posizione sui punti essenziali individuati dal Quartetto.
La situazione umanitaria nei territori palestinesi è molto preoccupante e la Commissione ne è ben consapevole, ma anche qualora oggi stesso dovessimo mobilitare l´intero ammontare del nostro consueto stanziamento annuale, non riusciremmo, da soli, a impedire una catastrofe umanitaria. Occorre essere realistici sull´effettivo peso che la comunità internazionale può esercitare al riguardo.
Ciascuno deve assumersi le sue responsabilità. Due grandi problemi sul tappeto sono la decisione israeliana di congelare il trasferimento delle entrate fiscali palestinesi e le restrizioni imposte alla libera circolazione nei Territori. Le entrate fiscali che spettano di diritto ai palestinesi rappresentano una somma di gran lunga superiore a qualsiasi aiuto esterno. A coloro che temono le conseguenze dell´azione intrapresa dall´Unione europea, occorre ricordare che circa il 90% degli stipendi dei dipendenti pubblici è normalmente finanziato attraverso il trasferimento di queste entrate.
Stiamo riflettendo sulle alternative che ci permettano di continuare a far arrivare gli aiuti alla popolazione palestinese e un elemento centrale della nostra riflessione è l´importante ruolo che può essere svolto dal Presidente Abbas, ma certamente il nostro scopo non è la creazione di strutture parallele all´interno dell´Autorità palestinese. La nostra priorità è assicurare il controllo dei fondi erogati. Per questo motivo stiamo lavorando all´attivazione di un meccanismo internazionale, un´idea accolta molto favorevolmente dalla riunione dei membri del Quartetto tenutasi a New York lo scorso 9 maggio.
La nostra intenzione non è di spingere il governo al fallimento, ma di proporgli una via di uscita dal vicolo cieco in cui si trova attualmente. La mia speranza è che inizi a convergere verso il nostro obiettivo, che consiste semplicemente nel permettere a due Stati di vivere uno a fianco all´altro nella pace e nella sicurezza.

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