Ormai è chiaro, come ci aveva ben raccontato Fiamma Nirenstein nel suo articolo dell'altro giorno sulla lotta mortale fra Hamas e Fatah. Quel che stupisce è il silenzio sull'argomento degli editorialisti dei nostri maggiori quotidiani, da sempre specializzati nello spiegare come Israele sia l'unico responsabile delle tragedie palestinesi. Dove sono gli Igor Man, gli Ugo Tramballi, i Sandro Viola, i Bernardo Valli, solo per citarne qualcuno, tutti zitti ? A nessun direttore viene in mente di chiedere la loro opinione sull'ultima versione del terrorismo palestinese ? Certo, osannnare Arafat era più facile, bastava occultarne abilmente le malefatte. Oggi che non si può più perchè la verità sul rais è venuta a galla, tutti zitti. Pubblichiamo la cronaca dell'ultimo "incidente" nel servizio di Aldo Baquis sulla STAMPA di oggi 21.5.2006 a pag.9.
Ecco l'articolo:
TEL AVIV
I vertici dell’Autorità nazionale palestinese hanno vacillato ieri quando una forte esplosione si è prodotta nel comando della Sicurezza preventiva a Sudanya (Gaza) e quando subito dopo si è appreso che era rimasto gravemente ferito il comandante della forza, il generale Tareq Abu Rajeb. Il messaggio implicito dell’agguato è chiaro: chi ha saputo colpire il responsabile militare più vicino ad Abu Mazen, domani potrebbe attentare alla vita del Presidente.
«Un episodio molto grave per l’Anp. Abbiamo aperto una inchiesta», ha commentato Abu Mazen da Sharm el-Sheikh (Sinai) dove, ospite di Hosni Mubarak, oggi parteciperà ad una conferenza economica a cui sono attesi anche cinque ministri israeliani fra cui i due vicepremier Tzipi Livni (esteri) e Shimon Peres (sviluppo regionale). Un summiti ad alto rischio sicurezza: secondo l’intelligence nel Sinai opera un’agguerrita base di al-Qaida che si avvale della cooperazione di tribù beduine indigene e di contatti logistici con la intifada. In quella regione, ogni israeliano corre seri rischi.
Da giorni la tensione a Gaza era cresciuta, in particolare per la decisione del governo di Hamas di sfidare Abu Mazen organizzando all’interno del ministero degli interni una unità di pronto intervento composta da 3.000 miliziani della intifada. In prevalenza, miliziani di Hamas sotto la guida di Jamal Abu Samhadana: si tratta dell’ex comandante dei Comitati di resistenza popolare (Crp) sospettato da Israele e dalla Cia di aver trafugato armi in grande stile e di aver partecipato ad attentati gravi, fra cui un agguato ad un convoglio diplomatico Usa e la uccisione del generale Mussa Arafat, un consigliere di Abu Mazen.
Proprio venerdì il suo successore alla guida dei Crp, Zacharia Dughmush, ha accusato l’ex capo della sicurezza preventiva ed esponente di al-Fatah Mohammed Dahlan di essere un «traditore» e ha previsto che «finirà come Mussa Arafat». Poche ore dopo, si è verificata la potente deflagrazione nella sede della sicurezza preventiva: una piramide tronca e massiccia che per la sua architettura chiusa a Gaza viene chiamata «la cassaforte».
Il generale Abu Rajeb era appena entrato nell’edificio circondato da sei guardie del corpo quando la esplosione si è verificata, secondo la televisione al-Jazeera, nel suo ascensore personale. In seguito il capo della sicurezza preventiva in Cisgiordania, Tawfik Tirawi, ha spiegato che il materiale esplosivo era stato nascosto nella base dell’ascensore ed è stato attivato dalla chiusura delle porte. L’abitacolo è precepitato di alcuni metri, fino alla base dell’edificio.
Abu Tareq, dopo un primo ricovero a Gaza, è stato trasferito in un ospedale di Tel Aviv dove i medici, chiamati personalmente da Abu Mazen, si sono prodigati nelle cure che gli hanno salvato la vita. Una guardia del corpo è rimasta uccisa. Tirawi ha imputato il crescente livello di violenza a Gaza all’«incitazione che giunge dalle moschee», ossia dalle roccheforti di Hamas. L’attentato, a suo giudizio, è stato compiuto da «mercenari» infiltratisi nei servizi di sicurezza che adesso «prendono di mira non solo responsabili militari, ma anche leader politici, fra cui lo stesso presidente Abu Mazen».
Ad accrescere la tensione nella Striscia è sopraggiunto in serata un raid aereo israeliano. L’obiettivo prescelto era la Mitsubishi su cui viaggiava Mohammed Dahduh, un comandante militare della Jihad islamica considerato uno dei motori propulsori dei continui lanci di razzi verso il Neghev e in particolare della intrduzione a Gaza dei razzi Kayusha e Grad.
Dahduh si trovava a poche centinaia di metri dalla abitazione del ministro degli esteri Mahmud a-Zahar (Hamas) quando la sua automobile è stata incenerita da un razzo. Ma anche una seconda automobile è andata distrutta: a bordo c’erano due donne e un bambino. Tutti sono rimasti uccisi. La Jihad islamica ha promesso una ritorsione distruttiva contro le città israeliane più vicine a Gaza.
Nel frattempo resta irrisolta la vicenda degli 800 mila dollari in contanti trovati venerdì addosso ad un dirigente di Hamas, Sami Abu Zuhri, mentre rientrava a Gaza dall’Egitto. I soldi sono stati messi a disposizione di un giudice che dovrà stabilire se farli avere al ministro delle Finanze. «Se portare fondi al popolo palestinese affamato è un crimine - ha commentato Abu Zuhri - allora sono certo un criminale».