Il Chilometro d’oro – Daniel Fishman Casa Editrice: Guerini e Associati
L’Egitto cosmopolita degli anni compresi fra il 1900 e il 1956 è il teatro di questo stupendo romanzo storico di Daniel Fishman pubblicato in questi giorni dalla Casa Editrice Guerini, in coincidenza con il cinquantenario della crisi del Canale di Suez.
L’autore è a Bologna, ospite della Comunità ebraica, per presentare il suo libro che, basato su ricerche d’archivio, testimonianze e documenti d’epoca, va letto come un romanzo collocato in un quadro di avvenimenti realmente accaduti.
E’ un mondo vivace, culturalmente attivo quello che emerge dalle pagine del libro con una straordinaria ricchezza di personaggi che testimonia le tante tipologie di egiziani che vivevano insieme in un quadro composito e colorito. Il libro ripercorre con grande levità la storia di quegli anni attraverso le vicende di una famiglia di ebrei del Cairo dall’inizio del secolo fino al momento in cui la maggior parte degli stranieri ha dovuto lasciare l’Egitto, in seguito al consolidarsi del panarabismo e del nazionalismo di Nasser. La stessa Comunità ebraica era numerosa e molto diversificata per classi sociali e paesi di provenienza: vi erano famiglie residenti da secoli, alcune arrivate in Egitto dopo la fine del 400, altre invece di immigrazione più recente. Vi erano ebrei askenaziti, più di 6.000, provenienti dalla Russia e dall’Europa dell’Est ed ebrei sefarditi. La vita quotidiana di questa famiglia ebrea si colloca all’interno di quella che può essere definita la Grande Storia che accompagna la “piccola” storia e, spesso, interferisce con essa. L’arrivo del sionismo, rappresentato nel romanzo da un giovane biondo che bussa alla porta per chiedere un contributo per piantare alberi in Palestina, crea ulteriore scompiglio in una famiglia che inizialmente si rivela antisionista. Il Cairo che emerge da questo romanzo è un luogo di comunicazione fra culture, etnie, religioni e classi sociali le più diverse fra loro: vi sono ebrei molto poveri che vivono in certi quartieri ed altri che hanno raggiunto posti di rilievo nell’amministrazione e nell’economia. Il forte cosmopolitismo e multi culturalismo di quell’epoca consentiva di vivere senza alcun problema razziale ed era normale – racconta lo scrittore –“ iniziare una frase in una lingua e finirla in un’altra”. Anche nelle parole di Caterina Pardo, un ebrea egiziana che leggendo il libro di Daniel Fishman ha ritrovato il mondo che ha conosciuto e amato nella sua infanzia, si coglie la nostalgia per un’epoca perduta che lo stesso Magdi Allam nella prefazione al libro definisce “ …..un’ancora di salvezza nel mare in tempesta del fanatismo religioso, del nichilismo ideologico e del terrorismo disumano”. Caterina ricorda l’incendio del Cairo avvenuto mentre frequentava l’asilo dalle suore, la paura di quei momenti, l’apprensione delle suore per l’incolumità delle bimbe e la loro determinazione nel portarle in salvo in una casa di fronte all’istituto. “Era assolutamente normale per un ebreo o un musulmano andare a scuola dalle suore” e ricorda anche le feste religiose ebraiche durante le quali le famiglie cristiane e musulmane venivano a fare gli auguri e mangiare le specialità ebraiche. Come pure ci si recava in visita al termine del Ramadan e i bambini gustavano le albicocche secche con il ghiaccio: lo scambio di auguri era reciproco e costituiva una vera ricchezza per tutte le famiglie. Ma dopo la seconda guerra mondiale e la nascita dello Stato di Israele incomincia a serpeggiare un sentimento antiebraico fino a quando tutto precipita con l’avvento di Nasser. Per gli ebrei d’ Egitto non c’era più futuro. Dopo un’epoca felice passata al Cairo o ad Alessandria le famiglie ebree devono abbandonare il loro paese: alcuni emigrano in Israele, altri in America, altri ancora in Italia.
E’ proprio per mantenere viva la memoria di “quella favolosa esperienza dell’Egitto plurale e cosmopolita, fonte di arricchimento e di vitalità per tutti” che va letto il libro di Daniel Fishman, un contributo prezioso in un’epoca dove il terrorismo islamico e la diffusione dell’estremismo hanno reso impossibile la convivenza tra i popoli, acuendo ancor più “il divario non solo economico e sociale ma anche culturale e civile tra il Terzo mondo e l’Occidente”.