Sergio Romano risponde a un lettore che pone la questione del mancato bombardamento di Auschwitz da parte degli alleati
Ecco il testo:
Un mese fa, a un anno dalla morte di Giovanni Paolo II e dalla propria elezione, Benedetto XVI dette conferma dei suoi propositi: quest'estate si recherà in Polonia, Auschwitz inclusa. Un Papa tedesco ad Auschwitz!
La cosa farà ben discutere, qui in Germania. Tutte le ricerche da me effettuate non mi hanno ancora consentito una risposta convincente alla domanda: perché gli Alleati non solo non hanno mai bombardato Auschwitz, ma nemmeno le vie ferroviarie di accesso ai campi di sterminio?
Sarebbe stato il modo più semplice ed efficace di mettere fine al massacro.
E non mi si dica che gli Alleati ignoravano l'esistenza dei campi di sterminio!
Giuseppe Bancale
Dr.Bancale@t-online.de
Caro Bancale, le sue osservazioni sono state fatte in passato da altri lettori e continueranno a tormentare la coscienza di chiunque, nelle prossime generazioni, rifletta sul genocidio degli ebrei tra il 1941 e il 1945. Le dirò quindi ciò che ho già scritto in risposta ad altre lettere sullo stesso argomento. Nell'ultima fase della guerra gli Alleati conoscevano l'esistenza dei lager di sterminio e sapevano ormai quale fosse la sorte degli ebrei. Non colpirono i campi, probabilmente, perché le bombe avrebbero fatto più vittime fra i detenuti che fra gli aguzzini. E non bombardarono le linee ferroviarie perché si erano accorti che la distruzione dei binari rappresentava, per la Germania, un danno minore, quasi irrilevante. Albert Speer, ministro degli Armamenti, aveva dimostrato che la ricostruzione delle linee danneggiate poteva essere realizzata in breve tempo. Fu questa una delle ragioni per cui gli Alleati, e soprattutto gli inglesi, decisero di concentrare una buona parte dei loro bombardamenti sulle città, dove gli effetti furono, sul piano materiale e psicologico, micidiali. Credo che esista tuttavia un'altra ragione, forse più importante. Ciò che a noi appare oggi scontato (la vittoria degli Alleati) restò sino all'ultimo momento un obiettivo incerto su cui Londra e Washington dovevano concentrare ogni loro sforzo. Fra il 1943 e il 1945 i tedeschi, nonostante le sconfitte subite, dimostrarono una straordinaria capacità di combattimento e di reazione. La pioggia dei V1 e dei V2 su Londra, la resistenza della Wehrmacht sugli Appennini, la guerra sottomarina, la controffensiva di Bastogne nell'autunno del 1944 e la possibilità che gli scienziati dei Reich sfornassero nuove armi costrinsero gli Alleati a scegliere esclusivamente le operazioni militari che avrebbero distrutto il potenziale bellico del nemico e fiaccato la capacità di resistenza del fronte interno. Supporre che Londra e Washington utilizzassero i loro mezzi ed esponessero i loro aerei, in quelle circostanze, per una operazione umanitaria, è poco realistico. La sua domanda (perché gli inglesi e gli americani non bombardarono i lager e le linee ferroviarie su cui viaggiavano i treni dei deportati) non rispecchia il clima di quegli anni, ma l'importanza che il genocidio ebraico è andato progressivamente assumendo nella cultura europea e americana durante gli ultimi decenni. Non era possibile allora isolare la tragedia degli ebrei dalla minaccia che incombeva ogni giorno sugli abitanti di una qualsiasi città europea e dalla sorte di milioni di esseri umani che rischiavano la morte nelle regioni attraversate dal conflitto o fuggivano attraverso il continente per salvare la loro vita.
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