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Il Secolo XIX Rassegna Stampa
17.05.2006 La vignetta di Liberazione é un editoriale a favore del programma politico di Ahmadinejad
ovvero della distruzione dello Stato di Israele

Testata: Il Secolo XIX
Data: 17 maggio 2006
Pagina: 21
Autore: David Bidussa
Titolo: «Allusioni pericolose. La vignetta di “Liberazione”»

Dal SECOLO XIX del 17 maggio 2006:

La vignetta pubblicata sulle pagine di Liberazione, quotidiano di Rifondazione comunista, induce a qualche riflessione. La vignetta riproduce la porta di ingresso del campo di sterminio di Auschwitz (o almeno vi allude) e sopra riporta la scritta “La fame rende liberi” parafrasando la scritta “Il lavoro rende liberi” che si trovava sul portone di ingresso del campo. L’immagine vive di una doppia allusione: da una parte il tema è quello della condizione fisica e materiale oggi della popolazione palestinese; dall’altra quella della valutazione del ruolo, della fisionomia e della identità politica della realtà israeliana. Più genericamente quella dell’occidente che si è reso protagonista di quella condizione. E’ noto che nel momento in cui i palestinesi hanno votato nelle loro elezioni di fine gennaio la situazione politica relativamente ai rapporti internazionali dell’Autorità Nazionale Palestinese è certamente divenuta più critica rispetto all’amministrazione Abu Mazen. Il problema è rappresentato dal rifiuto di riconoscere l’interlocutore israeliano come partner e controparte nelle trattative; di sottoscrivere gli accordi sottoscritti in precedenza; di aderire alla Road map ovvero allo scadenziario politico e temporale che dovrebbe condurre alla fondazione di una entità statale palestinese autonoma. Il risultato è stato il congelamento delle fonti di finanziamento, delle risorse provenienti dall’Unione Europea. Decisione che ha avuto come primo effetto la candidatura a sostenitore e finanziatore primo della causa palestinese del Presidente iraniano Ahmadinejad. A questa offerta, stando alle dichiarazioni pubbliche della dirigenza politica di Hamas, è stato risposto di no. La condizione di indigenza e di difficoltà dunque rimane. E rimane perché il blocco dei finanziamenti rimane ancora all’ordine del giorno. In breve l’allusione alla frase “La fame rende liberi” dice che la condizione di indigenza dei palestinesi e la loro morte prossima (per rimanere sul piano del parallelismo: il loro sterminio fisico venturo) rimane non solo un esito possibile, ma automatico a meno che non avvenga un rovesciamento. Che cos’è questo rovesciamento? semplicemente la scomparsa dell’avversario dei palestinesi.. Non la generica critica, ma la sua scomparsa. Nella storia recente, infatti, non si è data coabitazione tra il sistema politico che esprime Auschwitz e l’affermazione di libertà. Tra i due non era possibile giungere a una tregua. L’esistenza di Auschwitz, da una parte, e la felicità, e il benessere, dall’altra, semplicemente sono state antitetiche nella storia e soprattutto reciprocamente escludentisi: o Auschwitz o benessere e felicità. Allora proviamo a riconsiderare il contenuto della vignetta da questo lato. La condizione palestinese denunciata da questa vignetta rinvia a una volontà politica: ovvero l’annientamento. Nella vignetta non ci sono simboli attivi di chi opera per l’annientamento (per intenderci non ci sono né stelle a sei punte, né simboli ebraici di alcun tipo, né simboli americani o dell’Unione Europea). In ogni caso non ci sono segni che rinviino esplicitamente a uno di questi protagonisti. Anche se i motivi contingenti di quella condizione sono facilmente intuibili e individuabili. L’ipotesi di lettura dunque qual è? La si potrebbe in formula sintetizzare come segue: ci sono protagonisti che desiderano la fine di un popolo specifico; opporsi a questa politica e a questo progetto è possibile e richiede non la sconfitta o il riportare a ragione qualcuno, bensì eliminare quell’eventuale pericolo. Così come il nazismo non era e non è stato un regime riformabile, ed era perciò necessario non solo vincerlo militarmente, ma reciderlo, allo stesso titolo occorre mobilitare una identica azione contro coloro che è facile immaginare circondino i cancelli di quella vignetta, pur non essendo materialmente compresi al suo interno. Con chi fa Auschwitz si può pensare di stringere degli accordi di pace ? E, soprattutto, ci si può fidare delle loro parole? Può darsi che questa lettura si forzata o si spinga oltre le volontà del disegnatore Apicella e del direttore Sansonetti. Ma siccome la storia serve per capire su che cosa si fondano le analogie, allora questa mi sembra la logica strutturata del messaggio implicito nella vignetta: l’accoglienza del progetto di Ahmadinejad. Anzi il suo auspicio. Altrimenti riflettano sulla utilizzazione delle icone, su ciò che contengono e soprattutto su ciò a cui alludono. Anche per evitare facili banalizzazioni e paragoni fuori luogo. Il nazismo non è stato uno slogan.

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