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Il Foglio - L'Unità - La Repubblica Rassegna Stampa
17.05.2006 Per qualcuno gli ebrei sono ospiti non graditi
il caso Asor Rosa, la profanazione del cimitero ebraico di Milano

Testata:Il Foglio - L'Unità - La Repubblica
Autore: Giorgio Israel - Yasha Reibman - Victor Magiar - Davide Romano
Titolo: «lettera al Corriere della Sera - Professor Asor Rosa, forse non lo sa , ma noi ebrei siamo i-t-a-l-i-a-n-i - Israele e lo strabismo di Asor Rosa -IL DOLORE LO SMARRIMENTO E LA RABBIA»

Riportiamo una lettera non pubblicata inviata da Giorgio Israel al CORRIERE della SERA, sulla lettera di Alberto Asor Rosa:

La lettera di Alberto Asor Rosa è basata sul seguente ragionamento: "la causa ebraica non coincide con quella dello Stato d'Israele"; quindi egli ha diritto di criticare il secondo senza essere accusato di ledere la prima; invece, i suoi critici non fanno che confondere le due cause e così lo fanno oggetto di una forma acuta di intolleranza. Così messa sembrerebbe ineccepibile. Se non fosse che colui che ha fatto confusione è proprio Asor Rosa quando, nel suo libro, ha dedotto dalla critica allo Stato d'Israele conclusioni pesantissime nientemeno che nei confronti della "razza ebraica" - espressione che non dovrebbe uscire dalla penna di un intellettuale contemporaneo, tenuto a sapere che il concetto di razza non ha basi scientifiche ed è soltanto un aggregato di pregiudizi dalle tragiche conseguenze -, una "razza" che da perseguitata sarebbe diventata persecutrice, e altre consimili deduzioni riguardanti gli ebrei nel loro complesso che è soltanto triste ricordare. Ad Asor Rosa è stato chiesto ripetutamente di rivedere questa infelice uscita. Al contrario, qui, con un gioco dialettico, per nasconderla egli ne scarica la colpa sui suoi critici. In tal modo, egli ha dato soltanto prova della fondatezza della tesi secondo cui la manifestazione attuale dell'antisemitismo è l'antisionismo. Sta a lui, se e quando vorrà finalmente farlo, correggersi e dimostrare di essere soltanto vittima di questa manifestazione, e combattere ora e qui l'antisemitismo nel modo che serve. Tralascio per brevità di entrare su altri aspetti di merito, come il richiamo all'"ingiustizia della fondazione dello Stato d'Israele" cui - per sua grazia - non si deve porre rimedio con la sua distruzione. E' davvero curioso che si debba parlare di ingiustizia soltanto nel caso della fondazione dello Stato d'Israele e non di innumerevoli altri casi analoghi di cui è intessuta la storia. Per esempio, la fondazione della Grecia è stata pagata al prezzo di ingiustizie, come quella della famiglia di chi scrive, deprivata di case e averi. Eppure viviamo qui tranquilli senza rivendicare diritti al ritorno, come non li rivendicano il milione e passa di ebrei deprivati di case e averi nei paesi arabi. Se dovessimo rifare le bucce alla storia trasformeremmo la terra in uno scannatoio. Infine, se il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche non ha il diritto di esprimere perplessità di fronte a chi parla (e in termini così negativi) di razza ebraica, tanto vale sciogliere l'Unione e mandarne a casa organi e presidenza. In tal caso, sarà stato Asor Rosa ad aver esercitato una pressione indebita e intimidatoria volta a inibirne la libertà di espressione.

Di seguito, l'intervento di Yasha Reibman sul FOGLIO:

Al direttore - E lo sventurato rispose. Il presidente delle Comunità ebraiche italiane ha chiesto al professore Alberto Asor Rosa “garanzie” in vista di possibili incarichi di governo. Il docente della Sapienza è indicato come titolare del dicastero delle Università nei totoministri. Il momento è delicato. In questi anni rappresentanti dello stato di Israele sono stati cacciati dalle aule universitarie e appelli al boicottaggio verso gli atenei e i docenti israeliani sono girati nei nostri istituti. Asor Rosa non è un professore come tutti gli altri. Nel suo ultimo libro, “La Guerra”, ha scritto che “la razza ebraica da perseguitata” è diventata “persecutrice”. Ha in questo modo riesumato il concetto di “razza”, ha confuso ebrei e israeliani, e ha contribuito a diffondere l’idea tanto falsa quanto odiosa di un’equivalenza tra Israele e Terzo Reich. Il paragone con i nazisti uccide la memoria della Shoah, offende chi è stato sterminato e quanti sono sopravvissuti, e non contribuisce nemmeno a far capire ciò che sta succedendo ora tra israeliani e palestinesi. Il confronto alimenta un clima di odio e demonizzazione verso Israele e verso gli ebrei, colpevoli implicitamente di “non aver imparato alcuna lezione”. Una legittima critica, dunque, alle scelte della democrazia israeliana? Non scherziamo. Lo sventurato rispose ed è sembrato uno dei protagonisti del film Zoolander in procinto di accendersi una sigaretta durante un’improbabile doccia con la benzina. Per Asor Rosa le opinioni degli ebrei italiani sulla politica italiana sarebbero un’indebita pressione sugli “affari interni” dello stato. Parole pericolose. Esplosive. Gli ebrei italiani non sono stranieri, a Roma la sinagoga non è “oltreTevere”, siamo i – t – a – l – i – a – n – i . E’ necessario ricordare il contributo di ebrei alla spedizione dei mille, al Risorgimento, all’Italia liberale, alla Prima guerra mondiale e, purtroppo, al fascismo? Sembra necessario. Fatta l’Italia si dovettero fare gli italiani? Gli ebrei, nonostante secoli di discriminazioni, furono pronti. Poi gli ebrei divennero una razza, una razza inferiore. Dopo lo sterminio e la guerra, con la Costituzione repubblicana, gli ebrei tornano ad avere diritti e doveri uguali a quelli di tutti gli altri. In Italia pare che chiunque abbia il diritto di associarsi, anche gli ebrei, dice il mio avvocato. Ciascun ebreo, se lo vuole, può iscriversi alle Comunità ebraiche. La libertà di espressione può essere esercitata da chiunque, anche dagli ebrei. Tale libertà appartiene a qualunque associazione – sindacati o Arci caccia – e, mi dicono le stesse fonti, appartiene anche alle associazioni ebraiche. Questa libertà permette di far conoscere pubblicamente le proprie opinioni politiche. Tra queste, l’auspicio che i membri del governo conoscano la nostra Costituzione, la rispettino e non partecipino alla campagna di odio alimentata dai paragoni osceni tra ebrei e nazisti. Ieri Asor Rosa ha da un lato preso distanza da questo parallelo, ma non ha annunciato alcuna rettifica per le prossime edizioni del proprio libro, che ha continuato a citare con orgoglio. I giornali passano, i libri restano. Si potrebbe andare avanti, spulciare gli uni e gli altri e scoprire il tentativo di Asor Rosa di ridare vita alla vecchia accusa di deicidio. Ma forse servirebbe a poco. Nelle ore in cui il cimitero ebraico di Milano viene profanato dovremmo tutti fermarci a riflettere. Non ci sono rivendicazioni. Difficile fare valutazioni. Tranne una, comunque valida. L’antisemitismo va combattuto in ogni sua forma. Non solo verso le odiose crape pelate dei naziskin. Non solo stigmatizzando le ciniche e, alla fine, inutili alleanze elettorali con movimenti a questi vicini. Perché l’impegno contro l’antisemitismo non resti pura retorica è necessario un lavoro anche da parte della sinistra per aprire al proprio interno un dibattito serio, faticoso, magari pure doloroso sulla cultura dell’odio di questi anni.

Da L'UNITA' riportiamo l'editoriale di Victor Magiar:


In quasi tutti i paesi democratici del mondo, gran parte del voto ebraico si esprime a «sinistra» o, meglio, per quelle formazioni politiche che potremmo definire di progresso, sensibili ai temi dei diritti civili e della giustizia sociale: in Italia non è più così. Certo è vero che, in tutto il mondo, abbiamo assistito negli anni ad un progressivo spostamento a destra del voto ebraico, ma sempre in misure ragionevoli: nella scorsa competizione presidenziale americana la percentuale degli ebrei statunitensi che ha votato per i Democratici è passata dall'85 all'81% . Tornando in Italia, comprendere le ragioni di questo spostamento a destra è semplice: basta aprire certa stampa collocata a sinistra, ascoltare politici o intellettuali di sinistra, per assistere a una costante demonizzazione di Israele, compiuta con gli strumenti del revisionismo storico di stampo negazionista e/o terzomondista. Un campione di questa tendenza è il professor Asor Rosa che proprio ieri, dalle pagine del Corriere della Sera, ha compiuto l'ennesimo transfer revisionista. Fra i tanti cammei colpisce quello con cui, quasi con un candore, sostiene che se è una vergogna essere antisemiti non lo è essere anti-israeliani: «La solidarietà assoluta alla causa ebraica non cancella il laico diritto di critica alle scelte politiche e ideologico-culturali di Israele». Buffo no? La metà degli israeliani critica laicamente il proprio governo, così come fa buona parte della diaspora ebraica, senza però divenire anti-israeliani. Del resto anche qui nel nostro Paese, metà degli elettori critica laicamente il governo di turno, senza però divenire anti-italiani. Perché allora essere anti-israeliani? Cosa vuol dire essere anti-israeliani? Significa criticare un governo, una politica, o significa (unico caso al mondo) contestare l'esistenza di uno Stato? Negare il diritto all'autodeterminazione del popolo ebraico così come sancito dall'Onu? La risposta la dà sempre il Professore con un secondo cammeo quando, con il solito candore e citando se stesso, ci spiega che la nascita di Israele sarebbe un'ingiustizia. Per fortuna, bontà sua, si perita anche di dirci che non si può «pretendere che all'ingiustizia della fondazione dello Stato d'Israele faccia seguito l'ingiustizia della sua eventuale distruzione e cancellazione». Chiunque conosca la Storia sa che la nascita dello Stato per gli ebrei, Israele, è stato un atto di giustizia. Una giustizia tardiva e mal compiuta. Tardiva e mal compiuta per responsabilità delle potenze coloniali e delle forze arabe nazionaliste che, oltre ad eliminare i leader arabi dialoganti, hanno oppresso il popolo arabo della Palestina Mandataria. La tragedia della mancata nascita di uno stato per gli arabi nella Palestina Mandataria è totale responsabilità dei regimi arabi. La tragedia dei profughi è totale responsabilità dei regimi arabi che hanno dichiarato innumerevoli guerre al neonato Stato ebraico e alle minoranze ebraiche interne ai loro Paesi, causando lutti ed esodi: oltre ai 650 mila profughi palestinesi va aggiunto quel milione di ebrei cacciati dalle terre arabe (la cui tragedia sembra invisibile a tanti nobili cuori). Se il Professore si limitasse a filosofeggiare e sostenere che essere anti-israeliani sia un diritto, ovviamente laico e di sinistra, la nostra rimarrebbe una disquisizione intellettuale, sebbene stravagante e preoccupante. Ma la sorpresa di oggi è stata un po' più amara, quasi scioccante: abbiamo infatti appreso che le dichiarazioni di Claudio Morpurgo, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, sarebbero «un'indebita pressione sugli affari interni e sulla politica dello Stato italiano, e un pericoloso precedente»... come se Morpurgo fosse un capo di stato straniero. No, Claudio è un cittadino italiano, contribuente ed elettore... Riassumendo l'Asor-pensiero: 1) come Stato, Israele è l'unico ad esistere ingiustamente; 2) nel mondo tutti possono, laicamente e liberamente, criticare lo Stato di Israele e i rappresentanti delle autoctone e millenarie comunità ebraiche; 3) per contro gli ebrei non possono criticare, obiettare, osservare... sarebbe ovviamente «un'indebita pressione sugli affari interni e sulla politica dello Stato italiano, e un pericoloso precedente». Complimenti.

Davide Romano firma su La REPUBBLICA un articolo sulla profanazione del cimitero ebraico di Milano:

Speriamo siano "solo" dei teppisti. Questo è il primo pensiero che mi è venuto alla mente quando ho saputo della notizia dei danneggiamenti alle tombe ebraiche del cimitero Maggiore.
Di solito, quando accadono cose di questo genere, il riflesso è quello di pensare all´estrema destra.
Molte, troppe volte è successo - a partire dagli anni ottanta - che in giro per l´Europa le tombe ebraiche venissero profanate.
In quei casi però gli autori di tali ignominie lasciavano la loro firma "politica", sotto forma di disegni raffiguranti svastiche piuttosto che con scritte inneggianti ad Adolf Hitler.
In questo caso invece non ci sono segni, e quindi neppure indizi sugli autori né su cosa li ha portati a compiere quei gesti sciagurati. Forse non lo sapremo mai.
Una sola cosa è certa: ad un ebreo neppure la morte sembra capace di garantire la tranquillità e la pace. Sapere che neppure i propri cari che riposano sotto terra stanno al sicuro, lascia nell´animo un sentimento difficilmente spiegabile: un misto di dolore, smarrimento e rabbia.
Il dolore nasce dalla sensazione che con questi atti teppistici è come se i nostri morti venissero richiamati, come se dovessimo riaprire un libro ormai chiuso proprio laddove la pagina è stata strappata.
Lo smarrimento è dato dall´impreparazione mentale ad avvenimenti così privi di senso, dall´incapacità di comprendere chi deve andare nei cimiteri a esprimere i propri squilibri.

La rabbia invece è perché se pure gli ebrei possono abituarsi - e lo fanno - a vivere la propria vita comunitaria sempre circondati dalla protezione delle forze dell´ordine, l´idea di dover sorvegliare anche i propri morti a causa dell´appartenenza a una minoranza non è accettabile.
L´offesa ai morti in quanto ebrei è una delle forme di discriminazione più assurde. Io stesso, riguardando quanto ho scritto fino ad ora, colgo due mie espressioni, due pensieri, tristemente originali: "speriamo siano solo teppisti" e "di solito, quando accadono cose del genere (.)".
Basterebbe estrapolare queste due virgolettati per cogliere il senso di come anche la più normale vita ebraica sia troppe volte segnata da eventi esterni ostili, e quindi da riflessi condizionati non comuni. Leggo e rileggo quel mio "di solito", e non mi capacito di come ancora oggi, nel ventunesimo secolo, ci sia chi se la prende con i nostri morti.
Vorrei tanto dare un volto a questi imbecilli, sentirli parlare, capire chi ha avuto l´idea di andare al cimitero, e perché hanno scelto proprio le tombe ebraiche.
Vorrei vedere in faccia chi strappa un´intera comunità dalla sua vita quotidiana. Una comunità che ha un forte desiderio di vivere come tutte le altre, ma che invece viene troppo spesso richiamata alla propria diversità dai fatti e dalla cronaca quotidiana.
Certo, lo sappiamo, lo dice pure la Costituzione: siamo tutti uguali. Ma se George Orwell parlava di quelli che erano più uguali degli altri, in questo caso ci si trova con una diversità - quella ebraica - che è più diversa delle altre.

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