L'alleanza antisemita e negazionista unisce Iran, Siria , Hamas , Hezbollah, Moqtada al Sadr, i Fratelli musulmani e Chavez
Testata: Il Foglio Data: 16 maggio 2006 Pagina: 5 Autore: Carlo Panella Titolo: «Ecco com'é nato il patto d'acciao negazionista di Ahmadinejad»
Dal FOGLIO del 16/05/2006:
Pubblichiamo parte di un capitolo dedicato all’Iran del nuovo libro di Carlo Panella – “Il libro nero dei regimi islamici” – edito da Rizzoli, nelle librerie dal 12 maggio.
Lo stupore di molti, all’indomani dell’elezione dello sconosciuto Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza della Repubblica iraniana il 25 giugno 2005, è stato pari alle illusioni nutrite per il suo predecessore riformista, Mohammed Khatami. In realtà, c’è solo da rimanere stupiti dal perfetto funzionamento della Costituzione iraniana, elaborata da Khomeini, che ha conseguito il suo fine ultimo: condurre il jihad ed espandere la rivoluzione islamica nel mondo. Una volta vanificata la spinta riformista che nel 1997 aveva portato alla presidenza l’ayatollah Khatami, molte ragioni convergenti hanno spinto la componente più rivoluzionaria e militaresca ad assumere il comando formale dello stato (quello sostanziale è nelle mani dell’ayatollah Khamenei). L’Iran era ormai riuscito a recuperare il costo della guerra con l’Iraq, nell’ordine di centinaia di migliaia di morti e centinaia di miliardi di dollari. In secondo luogo, il partito rivoluzionario islamico si è rafforzato in Palestina, in Libano, e la sua popolarità è cresciuta nel mondo arabo; in Egitto, Giordania, Marocco, Tunisia, Arabia Saudita e Pakistan, i dirigenti rivoluzionari di Teheran registrano un crescente consenso popolare alla loro visione del mondo fondamentalista e jihadista. In terzo luogo, la lunga fase di rialzo del prezzo del petrolio permette un funzionamento pieno del “welfare islamico”, radicando il consenso (…). Un’eccellente operazione politica Mentre la comunità internazionale tenta di contrastare il disegno del regime iraniano di dotarsi di una bomba atomica, Ahmadinejad e i suoi padrini, l’ayatollah Mesbah Yazdi e l’organizzazione religiosa segreta hojatieh, sono già riusciti a radicare un’eccellente operazione politica e propagandista nel mondo musulmano: minacciare direttamente Israele, con la prospettiva di una vera e propria guerra, condotta con armi convenzionali, probabilmente a partire dal Libano degli Hezbollah. Dopo le dichiarazioni dell’ottobre 2005 sulla necessità di distruggere Israele, il presidente iraniano ha così rilanciato un tema da sempre caro all’ayatollah Khamenei, Guida suprema iraniana: il negazionismo. Con l’autunno del 2005, in perfetta sincronia con l’aggravarsi della crisi sul nucleare, Ahmadinejad ha fatto un passo successivo: ha tolto la tesi negazionista dall’ambito accademico e propagandistico e lo ha trasformato in un tema di attualità. La negazione dell’Olocausto è diventata un tutt’uno con la negazione di Israele, la prova provata di un ennesimo complotto ebraico, una nuova, efficace forma di antisemitismo a larga presa sulle masse musulmane. Lo schema concettuale è volgare, ma eccita archetipi antiebraici e antisionisti condivisi nel mondo islamico. Secondo Ahmadinejad, gli ebrei hanno inventato la fola dell’Olocausto, per ottenere dall’Onu una ricompensa, occupare un territorio sacro all’islam e presidiarlo in armi, anche con la bomba atomica. Con Ahmadinejad il negazionismo fa così un passo in avanti, diventando momento mobilitante a livello popolare contro Israele. Dal 1967, dalla sconfitta bruciante subita da Nasser nella guerra dei sei giorni, la umma musulmana, per la prima volta, ha un riferimento politico, militare e ideologico chiaro e forte per ritentare di “distruggere Israele”. Questo delirio ha trovato riscontri di massa in tutto il mondo musulmano e fornito una nuova copertura politico-programmatica alla formazione di un vero e proprio Patto d’Acciaio del jihad, tra l’Iran, la Siria, Hamas, Hezbollah, le milizie di Moqtada al Sadr e i Fratelli musulmani. Tra il dicembre del 2005 e il gennaio del 2006, nel corso di un intenso incrocio di visite a Teheran e Damasco, Ahmadinejad, Beshar al Assad, Khaleed Meshaal (leader di Hamas), lo sheikh Nashrallah (leader di Hezbollah libanese) e Moqtada al Sadr hanno stretto alleanze formali. Da sempre appoggiata da Teheran, Hamas rappresenta, in questo quadro, il trait d’union tra l’estremismo fondamentalista sunnita dei Fratelli musulmani e quello sciita, a partire dall’assunzione dell’ideologia del martirio di matrice iraniana, introdotta nella crisi palestinese. I progetti di espansione di questo Asse sono ancor più chiari alla luce della radicalità e della violenza di una rinata piazza araba, che oggi non si infiamma più con le parole di rais alla Nasser, ma invoca direttamente il jiahd contro l’Europa e anche contro i musulmani kuffar, miscredenti e colpevoli di “takfir” (apostasia). Il suo terreno d’azione privilegiato è l’Iraq, dove le milizie del Mahdi di Sadr si sono distinte nel massacrare sunniti e distruggere moschee dopo l’attentato al mausoleo sciita di Samarra. Tuttavia il disegno è più ambizioso. Ovunque, dal Pakistan alla Nigeria, larghi settori popolari sfuggono oggi al controllo ideologico e politico dei regimi militari post-nasseriani, in crisi. In Egitto, Hosni Mubarak è in affanno, tanto che il suo regime, come quello algerino e quello siriano, è oggi nelle mani dei servizi segreti, controllati al Cairo da Omar Suleiman. Gli emirati del Golfo e il regno saudita appaiono incapaci di un minimo di autoriforma interna. Il Libano, detonatore di tante crisi mediorientali, è di nuovo sul punto di esplodere. In questo contesto instabile, d’ora in poi, ovunque in medio oriente vedremo agire forze che fanno riferimento a questo Asse. Ahmadinejad, è riuscito in pochi mesi col suo antisemitismo a ricostruire quel punto di riferimento, quella egemonia culturale su molte piazze musulmane, che mancava dall’eclissi del nasserismo. La sua prima, grande prova è stata la crisi palestinese: non appena Stati Uniti, Europa e Israele hanno minacciato di sospendere il miliardo di dollari di aiuti all’Anp, a seguito della vittoria di Hamas e del suo rifiuto di riconoscere Israele, subito l’Asse del jihad si è offerto di subentrare nel finanziamento, tanto che anche tutti i governi arabi tradizionalmente alleati degli Stati Uniti, compreso quello egiziano e saudita, hanno opposto un secco no alla richiesta avanzata loro da Condoleezza Rice di intervenire su Hamas perché riconosca Israele. Il timore di essere scavalcati dalla piazza araba eccitata dai leader dell’Asse è più forte, persino per Hosni Mubarak, delle ragioni che lo legano a Washington. Anche la Siria, che pareva essere vicina all’implosione, con Assad sul punto di essere incriminato per omicidio dall’Onu, ha trovato un suo riequilibrio grazie all’alleanza con Teheran. Beshar è riuscito a sostituire i generali compagni d’arme di suo padre con i dirigenti dei servizi segreti: suo fratello Maher al Assad controlla i pretoriani della Guardia repubblicana e Assef Shawqaf controlla i servizi militari, in un quadro di trattative sottobanco con alcuni movimenti fondamentalisti sunniti, che hanno avuto garantita libertà d’azione politica. Questo nuovo polo fondamentalista e antisemita ha trovato anche un’eccellente sponda internazionale. Il cubano Fidel Castro e il venezuelano Hugo Chávez hanno colto la novità, hanno compreso che un nuovo soggetto politico forte era entrato in scena e hanno deciso di sposarne le ragioni e di facilitarne il cammino. Il lìder maximo ha così offerto al blocco Iran-Siria-Hezbollah- Hamas l’alleanza del Movimento dei Non Allineati che, dalla caduta dell’Urss, nel 1991, ha campato stancamente di onori passati e che ora trova un nuovo spazio d’azione. Grazie al petrolio iraniano e venezuelano, grazie al fondamentalismo antioccidentale, anti israeliano e antisemita dell’Asse del jihad, si è formata un’intesa tra dittature asiatiche e demagoghi latino-americani che pesa in tutte le sedi internazionali, che gode di una cinquantina di voti nei consessi dell’Onu e che può contare sulla benevolenza della Cina, affamata di petrolio.
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