Una vittima del terrorismo l'americano Daniel Wultz, ferito il 17 aprile a Tel Aviv, é morto un mese dopo
Testata: La Stampa Data: 16 maggio 2006 Pagina: 15 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Daniel, solo mezzo miracolo contro il terrorismo»
Il miracolo non c’è stato, e Daniel Wultz dopo aver resistito un mese all’ospedale Ichilov di Tel Aviv, è morto domenica. Dopo una battaglia lunga seguita da tutta America come un vero test di sopravvivenza di un giovane americano preso di mira dal terrore, Daniel non ce l’ha fatta. Resta di lui, sui giornali americani e israeliani, una foto così allegra e muscolosa da sembrare una réclame. «Siamo senza parole», dice disperato il rabbino Isroel Spalter di Weston, Florida, la comunità Habad di Daniel. E con lui, senza parole, sono rimasti, accanto alla madre Cheryl e alla sorella Amanda i quarantotto compagni di scuola di Daniel, convogliati dall’America all’ospedale Ichilov per pregare vicino al letto di ospedale e per far sentire a Daniel l’amore e la voglia di vivere che avrebbero dovuto farlo emergere dal coma. Innamorato della pallacanestro e della sua fede religiosa il ragazzo era rimasto ferito nell’attentato del terrorista suicida di un mese fa contro un chiosco di falaffel di Tel Aviv. Era il 17 di aprile. Nove persone sono state assassinate sul posto, di tutte le età e le condizioni. Daniel, che era venuto con la famiglia per la vacanza di Pasqua era andato col padre Tuly a mangiare il cibo tradizionale dei mercati: pita, humus, falaffel. Tuly è rimasto ferito, uno dei 60 caricati sulle ambulanze; il ragazzo aveva fatto in tempo a dire al padre prima di svenire, porgendogli la mano: «Aiutami ad alzarmi». L’ospedale ha deciso di somministrargli una medicina sperimentale, il Novo Seven, che gli scienziati israeliani hanno scoperto per i casi disperati. Sarà stato per questo o per il secondo tentativo di effettuare un miracolo spirituale con la riunione amorosa dei compagni di scuola dalla Florida che una settimana fa Daniel ha aperto gli occhi: è stato all’apice di una giornata di preghiera, quando il rabbino ha messo sulla fronte di Daniel i tefillim, delle speciali benedizioni che i religiosi si avvolgono intorno alla testa e sulle braccia. Di fatto, confermano i medici, Daniel ha potuto comunicare con lo sguardo e rispondere con il battito di ciglia alle preghiere. S’è parlato di miracolo, i giornali della Florida hanno raccontato in prima pagina la lotta di sopravvivenza del «ragazzo più dolce e più forte che abbia mai conosciuto», come dice di lui il rabbino. Intervistato dal giornale online americano World Net Daily invece Abu Nasser, uno dei leader delle Brigate di Al Aqsa di fronte a una domanda del giornalista Aaron Klein ha detto che «americano e sionista è la migliore combinazione che si possa sognare: un obiettivo ideale. Si tratta infatti di un giovane americano che è venuto a incoraggiare il nemico nella guerra contro di noi. Il nemico sionista che vuole dominare il medio Oriente.. gli americani sono il tipico nemico del credente come citato nelle sacre scritture». Anche il leader della jihad Abu Ayman secondo il giornalista si è espresso nello stesso modo parlando di cospirazione sionista americana e dicendosi molto soddisfatto dell’obiettivo raggiunto. Poche ore prima della morte di Daniel un altro giovane, Lior Enidzer di 26 anni, aveva perduto la stessa battaglia: ferito nello stesso attentato, ce l’aveva fatta fino a due giorni fa. Il giorno prima con un’azione militare l’esercito israeliano aveva raggiunto e sfidato e alla fine ucciso a Kabatya in una sparatoria uno dei capi della Jihad Islamica Elias Ashkar mandante dell’attentato di Tel Aviv e di molti altri. Ma questo non ha asciugato le lacrime di chi accompagnava la bara di Daniel all’aereo diretto in Florida. lettere@lastampa.it