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La Stampa Rassegna Stampa
14.05.2006 Per l'Iran Israele non esiste
e sul nucleare ogni compromesso é impossibile

Testata: La Stampa
Data: 14 maggio 2006
Pagina: 12
Autore: Anna Zafesofa
Titolo: «Ahmadinejad: sì al dialogo con chiunque tranne Israele»
Una cronaca di Anna Zafesofa da La STAMPA di domenica 14 maggio 2006.
Scorretti sottotitolo (Il leader iraniano: «Da pazzi parlare con chi ti minaccia»: non é Israele a minacciare l'Iran e si sarebebro dovute prendere le distanze dalle farneticazioni di Ahmadinejad) e l'occhiello (CRISI NUCLEARE IL PRESIDENTE HA RIVELATO CHE LA SUA LETTERA A BUSH ERA «UN’OCCASIONE STORICA»: la rivelazione di Ahmadinejad non é che propaganda, dato che la sua lettera era solo una lunga "fatwa" contro la liberaldemocrazia, Israele, l'America e l'Occidente, infarcita di menzogne antisemite come quella sui "veri autori" dell'11 settembre, e senza nessuna proposta concreta per risolvere il contenzioso sul nucleare).
Ecco il testo:


L’Iran è pronto al dialogo con qualsiasi Paese tranne che con Israele, e in ogni caso solo se non si sentirà minacciato con l’uso della forza. Lo ha dichiarato il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, che ieri si è trovato al centro di un evento internazionale a Nusa Dua, nell’isola di Bali, in Indonesia, dove è in corso il vertice D8, che raggruppa otto grandi Paesi musulmani (Iran, Indonesia, Egitto, Malaysia, Turchia, Pakistan, Nigeria e Bangladesh). «Siamo interessati a discussioni con tutti i Paesi, eccetto che con il regime di Israele», ha detto il presidente rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se l’Iran è pronto a un dialogo diretto con gli Stati Uniti, in particolare sul contenzioso nucleare. «Ma se intendono fare ricorso alla forza non entreremo in un dialogo con loro», ha aggiunto.
Ahmadinejad ha poi affermato di non voler porre «precondizioni» a nessuno sul negoziato che verte intorno alla decisione del suo Paese di procedere con un programma nucleare, ma di rifiutare un dialogo con toni alti: «Se un Paese ci vuole intimidire o minacciare, nessuno che sia sano di mente è pronto a negoziare i propri diritti, tanto più con Paesi che ci minacciano con le bombe», ha spiegato. Un’altra condizione per trattare con il regime degli ayathollah è stata formulata ieri, sempre a margine del vertice musulmano, dal ministro degli Esteri di Teheran Manouchehr Mottaki: la cessazione dell’arricchimento dell’uranio in territorio iraniano non è in discussione. Mottaki ha lanciato un ammonimento in merito all’Unione Europea che propone incentivi all’Iran per rinunciare al suo progetto atomico: «Qualsiasi incentivo che non contempli il nostro diritto alla tecnologia nucleare e le modalità per garantirne l’esercizio non avrà, per il popolo e per il governo iraniani, alcina attrattiva».
Ahmadinejad ieri ha spiegato anche i motivi che l’hanno spinto a scrivere, qualche giorno fa, una lettera a George W. Bush. Per il leader di Teheran non si è trattato di un tentativo di avviare un dialogo, tantomeno di trovare una soluzione al problema nucleare iraniano o di riallacciare le relazioni con Washington. Il documento, che è stato il primo tentativo di comunicazione diretta tra i leader dei due Paesi, dopo la rottura dei rapporti diplomatici 27 anni fa, viene considerato da Ahmadinejad semmai come un manifesto ideologico, per la cui diffusione Bush è servito da pretesto: «La lettera era destinata ad aprire un nuovo orizzonte agli uomini politici del mondo e a gettare le basi di una nuova letteratura politica, fondata sulla giustizia, la dignità umana e la pace», ha spiegato l’autore. La Casa Bianca ha deciso di non replicare al messaggio, in quanto non conteneva «nulla di nuovo» riguardo al dossier nucleare della Repubblica Islamica. Ahmadinejad si è limitato a commentare ieri che «per Bush era un’occasione storica».
A Bali il presidente iraniano, considerato sempre più come il problema numero uno in Occidente, ha invece raccolto un cospicuo sostegno dai Paesi musulmani: per quanto l’argomento del programma atomico degli ayathollah non fosse ufficialmente in agenda, i membri del D8 in una dichiarazione congiunta hanno rivendicato il diritto allo sviluppo dell’energia nucleare a fini pacifici e auspicato una soluzione all’attuale stallo diplomatico. E il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono si è fatto portavoce di Ahmadinejad, annunciato di essere disponibile a fare da mediatore per rianimare il negoziato tra l’Iran e l’Europa. Il leader di Giakarta ha anche affermato che la Repubblica Islamica sarebbe disponibile a proseguire il negoziato nucleare. «Sono in contatto con il presidente Ahmadinejad, il quale desidera ed è pronto a continuare i colloqui con l’Aiea nella speranza che si sia realmente propensi a trovare una soluzione pacifica ed appropriata».

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