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La Stampa Rassegna Stampa
11.05.2006 Ma Al Fatah non é meglio di Hamas
lo dice l'analista palestinese Khaled Abu Toameh, a Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 11 maggio 2006
Pagina: 13
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La terza via di Gaza né con Hamas nè con Abu Mazen»

Fiamma Nirenstein intervista l'analista palestinese Khaled Abu Toameh sui finanziamenti europei all'Anp e ad Al Fatah 

 Di nuovo ieri la guerra fra Hamas e Fatah ha fatto dieci feriti, stavolta a Gaza, fra cui alcuni bambini che andavano a scuola. Il giorno prima lo scontro ha fatto tre morti, e un incendio appiccato è divampato in parte del Parlamento Palestinese a Ramallah. Khaled Abu Toameh, uno dei maggiori commentatori palestinesi, autore di saggi,pubblicato regolarmentre sul Jerusalem Post e spesso intervistato dalle tv di tutto il mondo è soprattutto un giornalista impavido: racconta e interpreta la storia della sua gente, incurante del pericolo che minaccia un personaggio così apertamente schierato contro la violenza e la corruzione come lui. Dalla Cisgiordania ci comunica la sua analisi sorprendente.
Signor Abu Toameh, alla fine dovremo assistere a un’autentica guerra civile fra i palestinesi?
«Lo scontro è molto serio, ma non arriveremo a tanto. Sia Hamas che Abu Mazen hanno lo stesso nemico, e lo sanno: non c’è strumento più robusto di questo per calmare le acque al momento giusto».
Ma Abu Mazen ha un piano che, oltre al riconoscimento di Israele, comprende la Road Map. Una linea opposta a Hamas, che ha deciso di continuare a usare la violenza contro Israele fino a distruggerlo.
«I piani di Abu Mazen sono in questo momento molto meno importanti, nel campo palestinese, dello scontro per il potere, anche se l’Occidente lo vede come l’uomo di una possibile pace. Di fatto, Abu Mazen non vuole riconoscere la vittoria di Hamas, e cerca di far girare all’indietro l’orologio. Vuole semplicemente far collassare il potere di Hamas, sovvertirlo e riprenderselo: questo crea fra i palestinesi la sensazione che Fatah voglia mantenere la presa sul denaro, che la sua corruzione incomba come la peggiore minaccia, che i suoi servizi di sicurezza funzionino come milizie private e non ci tengano affatto a mantenere l’ordine e la legge..».
Ma Hamas costruisce i suoi gruppi armati.
«Tuttavia i servizi di sicurezza, fino a oggi, sono milizie in mano di Fatah, e Abu Mazen, usandole contro Hamas mette nell’angolo l’opinione pubblica, la radicalizza, la rende aggressiva. Abu Mazen ha perso la sua battaglia nelle urne e nei cuori della gente. Ci sono state a Ramallah grandi manifestazioni di piazza per Hamas, la gente nonostante la miseria vende i suoi gioielli per dare i proventi a Hamas, dona tutto quello che può, la rafforza. L’Europa che, mentre nega i sussidi a Hamas studia la strada per passarli a Abu Mazen, sbaglia. Di fatto, rafforza Hamas».
D’altra parte cosa deve fare l’Europa? Sussidiare un governo terrorista che sceglie Ahmadinejad e gli Hezbollah e annuncia la distruzione di Israele con al -Zarqawi?
«No, l’Europa non deve scegliere nè Hamas nè Fatah, ma consegnare i soldi direttamente nelle mani delle persone che devono ricevere lo stipendio. Insegnanti, dipendenti pubblici, uno a uno, con tutto lo sforzo necessario. Hamas, se i palestinesi non riceveranno i soldi dalla Danimarca o dall’Italia o dall’Unione Europea, continuerà a farseli passare dall’Iran e dagli Hezbollah».
L’Europa preferisce Abu Mazen per motivi seri: Hamas apre agli estremisti islamici di tutto il mondo, fa dell’Autonomia palestinese un campo per terroristi internazionali.
«Non sto proponendo di finanziare Hamas. Dico che Fatah è una scelta sbagliata per chi vuole vedere il terrorismo diminuire. Ricordi che Fatah non è tanto diversa da Hamas, che la sua Carta chiede ancora la sparizione di Israele. Ricordiamoci anche che Abu Mazen, quando era primo ministro, lamentava che Arafat gli faceva proprio quello che Abu Mazen fa ora al governo eletto: gli toglieva il potere con le armi e le minacce».
E’ vero che le brigate di Al Aqsa, del Fatah, preparano grandi attentati perché Israele, reagendo duramente, l’aiuti a scalzare Hamas?
«Per quel che mi risulta, è vero: e le ricordo che è esattamente la stessa politica che usò Hamas contro Arafat. Mettere in atto attentati tali da portare alla distruzione del potere antagonista, e raccogliere consenso contro un leader considerato asservito da Israele».
E’ vero che Al Qaeda è sempre più radicata nell’area?
«Naturalmente, e nel caos creato dallo scontro crescono gli Zarqawi, gli Hezbollah, gli iraniani... Si tratta anche di denaro. Bisogna cercare di aiutare i palestinesi a ritrovare il proprio equilibrio, e non capisco come il consesso internazionale, il Quartetto, non comprenda che Fatah è un elemento di squilibrio serio quanto Hamas. Oltretutto, Abu Mazen è visto come un burattino degli americani che, si pensa, vogliono distruggere le libere scelte dei palestinesi. Se Hamas cade, la prossima volta i palestinesi potrebbero votare Al Qaeda. Bisogna stare attenti a non estremizzare la piazza».
E Hamas potrebbe cambiare, come sperano in molti?
«E’ escluso: è un’organizzazione di estremisti e di credenti, e quindi ripone la sua stessa esistenza nell’adesione cieca alla propria identità».
Dottor Abu Toameh, ogni strada mi sembra chiusa, resta solo il collasso, il caos. Che bisogna fare?
«Voi europei dovete smettere di credere in ciò che vi sembra più comodo, come l’affidabilità di Fatah rispetto a Hamas. Dovete aiutare a calmare la situazione, a ridurre la tensione, ad abbassare il livello della violenza. Ci sono nel mondo palestinese forze sinceramente democratiche, intellettuali e cittadini che non possono mettere la testa fuori perché le forze al potere non lasciano che questo avvenga. Bisogna finanziare la società civile e dare da mangiare alla gente senza passare da nessuno dei due poteri costituiti, bisogna cercare la gente per bene, aiutarla, promuoverla, finanziarla, rafforzarla».
Lei ha paura?
«E’ la domanda di sempre... cosa devo dire? Comunque, se ho paura, certo più di tutto temo le milizie organizzate dell’Autorità Palestinese, finanziate appieno dalla Ue».

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