Terrore islamico in Iran caccia aperta agli oppositori e bavaglio alla stampa: vietata ogni critica al programma nucleare
Testata: La Repubblica Data: 08 maggio 2006 Pagina: 17 Autore: Vanna Vannuccini Titolo: «Teheran, i giorni del Terrore caccia aperta agli oppositori»
Da La REPUBBLICA di lunedì 8 maggio 2006:
TEHERAN - Invece del "modello cinese" gli iraniani si sono ritrovati con la Banda dei Quattro, commenta qualcuno. In un caffè sul viale Jordan, Ahmad Batemi ha dato appuntamento agli amici. Batemi è lo studente che nel 1999, durante le manifestazioni di protesta contro la chiusura del giornale Salam, ebbe la sfortuna di finire sulla copertina dell´Economist mentre mostrava la maglietta insanguinata di un compagno accoltellato dai basiji. Da allora non è uscito di prigione se non per brevi permessi; come oggi, per dare un esame all´università. La chiusura di Salam fu il primo segno della controffensiva dell´ala radicale, che alcuni paragonano appunto alla Banda dei Quattro, che ora ha occupato tutte le leve del potere. L´ex direttore di Salam, Mazrui, presidente dei giornalisti iraniani, è stato condannato in questi giorni a un anno di reclusione. «Il movimento studentesco non esiste più», riconosce Abdollah Momeni, ex leader della associazione studentesca Tahkim e Vahdat. «Hanno preso il controllo delle università». Espulsioni di ex attivisti del movimento studentesco sono all´ordine del giorno da quando un ultrà di Qom è stato nominato rettore, gli studenti esclusi dal consiglio dell´università e i basiji hanno libero accesso al campus (finora dovevano avere speciali permessi) con il pretesto che vi sono state trasferite alcune tombe di martiri. «E´ una specie di rivoluzione culturale, si vuole creare la paura e stroncare ogni critica», dice un ex rettore, Mohammad Maleki. Sotto tiro sono soprattutto tutti coloro che hanno contatti con l´estero (questa l´accusa fatta anche al filosofo Ramin Jahanbegloo, arrestato una settimana fa). Da quando gli Stati Uniti hanno annunciato di aver stanziato 75 milioni di dollari per aiutare l´opposizione iraniana a rovesciare il regime, basta far tappa a Dubai per essere sospetti. Un istituto americano vi ha organizzato da poco un seminario al quale hanno fatto lezione membri di Otpor, il gruppo serbo che contribuì in modo determinante a rovesciare Milosevic, e un po´ sventatamente ha invitato persone qualsiasi, per esempio donne che si occupano di diritti umani e non avevano mai sentito parlare di Otpor in vita loro. Hanno avuto al loro ritorno non pochi guai. Dubai pullula ormai di spie iraniane come Berlino di spie della Ddr durante la guerra fredda. L´abilità demagogica del presidente Ahmadinejad è la grande sorpresa del dopo elezioni. Bruttino e malvestito, all´inizio gran parte degli iraniani si vergognavano di lui. Ma ora ha molti sostenitori anche tra coloro che non avevano votato per lui e che fino a poco tempo fa imprecavano contro il regime. «Noi vogliamo solo i nostri diritti, e Ahmadinejad li difende», dice uno di questi, un commerciante, a proposito del nucleare. Non ha paura delle conseguenze?. «No, non succederà nulla, siamo un grande paese». E´ la risposta che danno tutti coloro ai quali parli, nei negozi, nei taxi, mentre aspetti il metrò. La ragione è semplice da spiegare. Chi è contrario al programma nucleare, o comunque, come i riformatori khatamisti, è favorevole a una sua sospensione perché ne vede i rischi, non può dirlo. Né sui giornali, né alla radio, né sui blog. Viene accusato di tradimento. Un giornale può parlare a favore del programma nucleare ma se accenna vagamente a una critica viene chiuso, per ordine del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Invece del nucleare la gente a Teheran parla di calcio, e soprattutto del fatto che Ahmadinejad ha permesso alle donne di andare allo stadio, e non ha fatto marcia indietro nemmeno quando gli stessi ayatollah che l´hanno sostenuto (incluso Mesbah Yazdì, che viene indicato come il suo mentore) hanno gridato allo scandalo. Dopo 27 anni le iraniane potranno per la prima volta posare gli occhi in pubblico su un uomo in calzoncini, è una piccola rivoluzione. Pagine intere dei giornali sono state occupate da foto giganti della partita che si è appena giocata nel grande stadio di Teheran tra una squadra di turche-berlinesi di Kreuzberg - che avevano accettato di coprirsi da capo ai piedi con una tuta munita di cappuccio - e una squadra di ragazze iraniane. Centinaia di ragazze vestite in mille modi diversi, dal chador alla vestina corta e attillata sopra i pantaloni, si agitavano e facevano il tifo dalle gradinate. Anche in tema di vestiario il presidente ha fatto un ribaltone. «Certi pregiudizi contro le donne non hanno nulla a che vedere con l´Islam» ha detto. E il portavoce del presidente, Elhann, ha elaborato sulla filosofia del presidente: «Guardate quanti giovani hanno adottato la sua giacca a vento. Nessuno li obbliga, eppure tutti se la mettono. Anche il chador, che è un abito tradizionale, può diventare una moda, se non viene imposto. «Le donne sono l´unico baluardo ancora combattivo contro il regime che è rimasto, dopo la sparizione degli studenti e dei riformatori, e il presidente vuole svuotarne la capacità di aggregazione. Sarebbe un errore sottovalutare Ahmadinejad», dice un suo oppositore. Alla Mecca, quando pronunciò per la prima volta le sue frasi oltraggiose contro Israele e gli ebrei, lo fece, ha raccontato lui stesso, per evitare che alcuni paesi arabi annunciassero di voler aprire relazioni diplomatiche con Israele. Ci vorrà almeno un anno, aggiunge l´oppositore, perché gli umori degli iraniani cambino, di fronte a una realtà economica che è sempre più pesante. Di tutto questo dovranno tenere conto i cinque Grandi (più uno) che oggi si riuniscono di nuovo a New York per decidere cosa fare con l´Iran.
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