Per capire come Hamas intende presentarsi all'opinione pubblica internazionale, niente di meglio della lettura del MANIFESTO, (7.5.06), è sul giornale comunista che il gioco viene chiaramente alla luce, nell'intervista di Michele Giorgio ad Ahmed Yusef, nella quale viene - involontariamente, si capisce- rivelata la doppiezza e la improponibilità delle richieste di Hamas. Da notare il titolo: "Hamas, sì a Israele ma...", dove quel sì e quel ma vogliono solo dire "a patto che scompaia". Per rendersene conto è sufficiente leggere l'intervista che segue.
Se Reuven Adler, il Richelieu di Israele, è lo stratega che confeziona i progetti di Ehud Olmert, il dottor Ahmed Yusef è luomo dietro la complessa iniziativa politico- diplomatica di Ismail Haniyeh, premier palestinese. Sconosciuto allestero e a gran parte dei palestinesi, Yusef è tornato a Gaza due anni fa dagli Stati uniti dove ha trascorso 20 anni, quasi metà della sua vita, e ha conseguito un master in giornalismo e un dottorato in scienze politiche. Dietro la trasformazione di Hamas in un partito politico ci sono anche i suoi «suggerimenti ». Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio nella sede del Consiglio dei ministri a Gaza city. Con lui abbiamo cercato di capire il significato delle recenti aperture fatte dai massimi leader di Hamas a proposito di un possibile accordo con Israele, sulla base del piano arabo approvato al vertice di Beirut del 2002. La guida suprema di Hamas, Khaled Mashaal, qualche giorno a Damasco fa- cendo riferimento al piano arabo del 2002, ha affermato che se Israele si riti- rerà alle linee armistiziali del 1967 met- tendo così fine all'occupazione di Cisgiordania, Gaza e del settore arabo di Gerusalemme e riconoscerà i diritti dei profughi palestinesi, ilmovimento isla- mico farà passi altrettanto importanti per favorire la pace. Sono dichiarazio- ne che contengono i preliminari per un riconoscimento reciproco?
Qualcuno ha descritto queste affermazioni come uno sviluppo inedito nel dibattito politico in corso nel movimento islamico palestinese. In realtà la nostra proposta politico-diplomatica non è nuova ed è stata ampiamente discussa e approvata quando abbiamo preparato la piattaforma elettorale. Più che di sviluppi dobbiamo perciò parlare di conferme. E' importante ricordare che il primo ministro Haniyeh ha più volte detto che Hamas cerca una soluzione pacifica, e sottolineo pacifica, al conflitto israelopalestinese e in questo contesto assegna grande importanza al piano arabo. In pratica che significa? Hamas, se Israele farà pienamente la sua parte, è di- sposto a riconoscere l'esistenza e la so- vranità dello Stato ebraico?
E' una questione estremamente delicata. Facciamo subito una premessa chiarificatrice. I tempi nei quali potrebbero realizzarsi determinati sviluppi sono lunghi. Quello che in qualità di consigliere del primo ministro e di analista politico mi sento di dire emi è consentito dire, è che la fase attuale non consente il raggiungimento immediato di accordi permanenti tra le due parti. Sono accadute troppe cose e tutte negative per i palestinesi in questi ultimi anni. Israele con gli accordi di Oslo si era impegnato a restituirci la libertà e a favorire la nascita di un nostro stato ma a distanza di 13 anni da quella firma, i soldati e i coloni israeliani occupano molta più terra palestinese, la nostra gente è più prigioniera di prima mentre l'economia di Cisgiordania e Gaza è in forte declino a causa dell 'occupazione. E' necessario, attraverso un periodo di tregua della durata di 15-20 anni rispettata dalle due parti, che si crei un clima diverso prima che si possa parlare di intese definitive.
E al termine del periodo di tregua?
Dopo aver vissuto in modo diverso, nel rispetto dei diritti di tutti, allora quella generazione di israeliani e palestinesi decidera à con ogni probabilità di raggiungere un accordo definitivo di pace.
Hamas quindi potrebbe riconoscere uno Stato di Israele sovrano. Ma cio' non contraddice una vostra ben nota posizione secondo la quale la Palestinaè waqf, di proprietà dell'Islam?
Sì è vero questa è terra dell'Islam. Tuttavia il fatto che la Palestina sia waqf non impedisce ai popoli che vi abitano di trovare una intesa anche territoriale e di firmare un trattato di pace. Se a volere il compromesso con gli israeliani sarà il nostro popolo, Hamas non si opporrà. Crediamo tuttavia che nelle condizioni attuali la soluzione più immediata sia la hudna, la tregua, dopo si vedrà.
Stati uniti ed Europa però chiedono ad Hamas di riconoscere subito Israele, al- trimenti continueranno a boicottare l'Autorità nazionale palestinese con le gravi conseguenze politiche ed econo- miche che stiamo osservando da qual- che settimana.
Questo riconoscimento non può avvenire senza che l'altra parte rispetti impegni precisi. Yasser Arafat e lOlp hanno riconosciuto Israele e cosa hanno ottenuto? Niente, anzi l'occupazione militare è piu' ampia rispetto a 10-15 anni fa e la nostra gente vive in condizioni persino più drammatiche, come in una enorme prigione. Hamas non vuole commettere lo stesso errore. Tutto in cambio di nulla non è più possibile, Israele deve fare la sua parte.
Attaccando e uccidendo civili palestine- si Israele commette crimini di guerra, allo stesso tempo anche i palestinesi commettono gli stessi crimini con attentati contro i civili israeliani. Non crede che condannando gli attacchi sui- cidiHamas darebbe un segnale inequi- vocabile della sua volontà di compro- messo pacifico con l'altra parte?
E' una questione di grande importanza che il nostro movimento deve affrontare. Tuttavia Israele non può chiedere la fine della lotta armata palestinese mentre il suo esercito ogni giorno massacra la nostra gente, effettua assissinii mirati, incursioni e arresti nelle nostre città con il pretesto della lotta al terrorismo. Hamas da oltre un anno rispetta in modo rigoroso la tregua eppure alcuni suoi dirigenti ed attivisti sono stati ugualmente assassinati dagli israeliani.Ora deve valere il principio della reciprocità. La fine dello spargimento di sangue è possibile, auspicabile, ma questo impegno deve vale per le due parti e non per una sola.
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