Sulla STAMPA di oggi, 6.5.2006, Maurizio Molinari intervista Robert Kaplan. In Italia mancano i think tank che elaborano progetti e teoria politica. Non così in America.
Ecco il testo:
«L’Afghanistan rimane una zona di guerra, la Nato deve rompere gli indugi e schierare le truppe nel Sud e nell’Est perché i marines sono soli nelle zone più a rischio». Parola di Robert Kaplan, inviato di punta di «Atlantic Monthly» spesso ascoltato dalla Casa Bianca nelle vesti di esperto su Afghanistan e Pakistan, due nazioni che ha esplorato negli ultimi quattro anni per scrivere «Imperial Grunts», il best seller sulle unità militari schierate sui fronti della guerra al terrore.
Chi sono gli autori dell’attacco messo a segno a Kabul contro i militari italiani?
«A Kabul potrebbe essere stato chiunque: i taleban, i miliziani di Hekmatyar o altre bande di guerriglieri locali. Il fatto è che l’intero territorio dell’Afghanistan continua ad essere una zona di guerra».
Fra i gruppi armati che si oppongono al governo di Karzai esiste una qualche forma di coordinamento operativo?
«E’ quello che l’intelligence alleata sta tentando di appurare. Non possiamo escluderlo ma non abbiamo ancora prove concrete del coordinamento fra i diversi network di miliziani, l’unica cosa certa è che tutti hanno un motivo per tentare di rovesciare il governo del presidente eletto Hamid Karzai. E per riuscirci tentano di uccidere quanti più soldati stranieri possibile, vogliono obbligarli ad andarsene».
Perché a quattro anni dalla sconfitta del regime dei taleban l’Afghanistan si trova ancora in una situazione di guerra?
«Bisogna tener presente che anche nel periodo di maggiore stabilità, ai tempi del re Zahir Shah, il governo di Kabul non ha mai controllato più del 60% del territorio. L’Afghanistan, come il Pakistan, è una nazione dove da sempre l’autorità centrale non riesce a controllare importanti aree di territorio, che restano in mano a clan e tribù locali. Oggi le zone che sfuggono sono il Sud e l’Est dell’Afghanistan. E’ qui che viene messo a segno il maggior numero di attacchi contro le forze internazionali ed è qui che potrebbero rifugiarsi i mandanti e gli autori di attentati come quello realizzato a Kabul contro i vostri soldati».
Quali sono i possibili rimedi?
«Trovo inaccettabile che le forze dell’Alleanza Atlantica non vengano dispiegate in queste zone ad alto rischio, dove ci sono solamente i marines americani. Penso ad esempio alla regione di Kandahar, già roccaforte dei taleban. La Nato tiene i suoi uomini solo nelle zone più sicure e ciò non ha spiegazioni valide. Mi auguro che presto il contingente internazionale aumenti di numero e venga dispiegato anche nel Sud e nell’Est. Stabilizzare una nazione decidendo a priori che alcune zone meritano meno attenzione di altre è un errore».
Sulla scia della morte dei due soldati in Italia c’è chi ha sollevato dubbi sulla nostra presenza militare. Che effetto avrebbe un ritiro italiano?
«Ritirare i soldati italiani sarebbe a mio avviso una decisione irresponsabile. Americani, britannici, canadesi ed italiani stanno svolgendo un ruolo di primo piano nella stabilizzazione del Paese. Se aumentano attacchi a questi contingenti è perché i taleban e le altre bande armate sanno che sono i pilastri della forza internazionale senza la quale il governo di Hamid Karzai sarebbe destinato a cadere. Il contingente italiano si è dimostrato un architrave della presenza dell’Alleanza Atlantica, tutti sanno che ha ben guidato la missione dell’Isaf negli ultimi mesi, ora passata sotto comando britannico».
Come spiega l’annuncio del signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar sul patto di alleanza siglato con Al Qaeda?
«Hekmatyar ha nel Dna l’odio nei confronti dell’Occidente. Nasce come guerrigliero marxista leninista ed anche quando, durante la Jihad anti-sovietica negli anni Ottanta, accettava gli aiuti degli americani non ha mai cessato di far conoscere la propria profonda avversione verso i valori ed il modello politico dell'Occidente. Dopo la caduta dei taleban si è sempre più legato a Teheran ed ora arriva l'annuncio dell’alleanza con Al Qaeda. Tutto porta a confermare il fatto che si tratta di un personaggio spregiudicato ma ideologicamente convinto».
Potrebbe essere lui a tentare di dare vita ad un coordinamento fra miliziani afghani e jihadisti?
«Ciò che conta per Hekmatyar è far cadere Hamid Karzai».
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