Secondo qualsiasi osservatore minimamente imparziale le dichiarazioni del premier Ehud Olmert dopo la fiducia ottenuta dal suo governo sono, quanto meno, un'opportunità per la pace. Non così per Michelangelo Cocco che, in un passaggio delirante della sua cronaca pubblicata dal MANIFESTO di venerdì 5 maggio 2006, le paragona all'auspicio, avanzato dal leader di Israel Beitenu Avigdor Lieberman, che un giorno i "collaborazionisti" presenti alla Knesset siano giustiziati come quelli che durante la seconda guerra mondiale, in Europa, si compromisero con il nazismo. L'annessione a Israele di popolose città a maggioranza ebraica é naturalmente un "furto", mentre la proposta di riavviare un dialogo con il presidente palestinese Abu Mazen é del tutto ignorata. La linea di Olmert é quella dell'unilateralismo, "imposta" da Sharon.
In realtà l'unilateralismo era stato imposto a Sharon dal doppio gioco di Arafat, interlocutore del tutto inaffidabile.
Vedremo ora se l'oltranzismo di Hamas da un lato e le difficoltà di Abu Mazen dall'altro imporrano questa linea anche al nuovo governo israeliano.
O se il presidente palestinese riuscirà ad essere un partener per Israele, che é evidentemente alla ricerca di un accordo.
Ecco il testo:
Voti favorevoli 65, contrari 47. Il risultato ottenuto ieri pomeriggio alla Knesset non rappresenta solo la fiducia al governo guidato dal Kadima di Ehud Olmert assieme a laburisti, pensionati e sefarditi dello Shas. Ad avere avuto sanzione ufficiale è stata l'idea imposta dall'ex premier Sharon, tuttora in coma in un ospedale di Gerusalemme: niente più Grande Israele, lo Stato ebraico sarà più piccolo, ma verrà tracciato unilateralmente, senza il consenso dei palestinesi considerati, con Hamas al governo, guidati da un'Autorità terrorista. «Le frontiere israeliane che verranno segnate nei prossimmi anni - ha dichiarato Olmert durante il suo discorso - saranno molto diverse dai territori attualmente sotto controllo israeliano». I principali blocchi d'insediamenti nei Territori occupati «saranno per sempre una parte inseparabile dello Stato d'Israele». È questo il compito principale, oltre alla riduzione della povertà, che saranno chiamato a svolgere un esecutivo con una maggioranza risicata e un parlamento con il primo presidente donna, Dalia Yiztik. Poltrone pesanti per la riconfermata Tzipi Livni (esteri) e il leader laburista Amir Peretz (difesa). Due i messaggi chiari lanciati da Olmert, il primo ad Hamas: «Un governo (quello palestinese, ndr) guidato da un'organizzazione terroristica non rappresenterà un partner col quale negoziare». Il secondo ai coloni sparsi negli insediamenti occupati nel profondo dei Territori: «Dobbiamo mantenere una solida e stabile maggioranza ebraica nel nostro stato». Secondo questa visione non c'è più spazio per piccoli insediamenti a est della linea verde. La Comunità internazionale non commenta: il possibile furto di almeno un 10% della Cisgiordania occupata nel 1967. Il territorio su cui sorgono i grossi insediamenti di colonie (Ma'aleh Adumim, Modi'in Illit, Ariel, Gush Etzion), considerate illegali dal diritto internazionale, può essere annesso unilateralmente da Israele, perché dall'altro lato ci sono «i terroristi di Hamas». Del resto ieri Avigdor Lieberman - a capo di Israel Beiteinu (destra russofona) - ha affermato alla Knesset che «alla fine della Seconda Guerra Mondiale i leader del regime nazista furono giustiziati. E non solo loro ma anche i loro collaboratori... Spero che questo sia il destino dei collaborazionisti in quest'aula». Il messaggio, definito «razzista» dai parlamentari arabo-israeliani a cui era diretto, è stato lanciato da uno che, per un pelo, non è entrato nell'esecutivo Olmert. Ma è tanto diverso da quello lanciato da Olmert?
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