Il governo Olmert é appena stato formato, e già sta per cadere almeno nella cronaca di Alberto Stabile
Testata: La Repubblica Data: 05 maggio 2006 Pagina: 25 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Israele, ecco il governo Olmert Spartirò la terra con i palestinesi - Lieberman: a morte certi deputati arabi»
La cronaca politica di Alberto Stabile su La REPUBBLICA di venerdì 5 maggio 2006 é per una buona metà dedicata a illustrare la presunta estrema fragilità della maggioranza del governo Olmert e la presunta alta probabilità di un suo fallimento. Vedremo. Intanto, si può osservare che analoghi allarmismi riguadarono la tenuta del governo Sharon e la praticabilità del ritiro da Gaza. Si é poi visto come sono andate le cose... Ecco il testo:
GERUSALEMME - Dopo il terremoto politico e il dramma umano, a esattamente quattro mesi dall´improvvisa uscita di scena di Ariel Sharon, il governo di Ehud Olmert ha ricevuto, ieri, la fiducia della Knesset (65 voti a favore, 49 contrari); e, con la fiducia, l´imprimatur su un progetto ambizioso, chiamato dallo stesso Olmert «piano di convergenza». Un piano che prevede lo smantellamento di alcuni isolati insediamenti nella West Bank e il contemporaneo ampliamento di altri, i principali, i quali, ha detto il premier nel suo discorso programmatico, assieme a Gerusalemme, «saranno per sempre parte d´Israele». Nulla, tuttavia, accadrà prima di due anni. Israele torna, dunque, alla normalità politica, il che non significa, tuttavia, la fine dell´emergenza. Anzi, nuovi allarmi s´aggiungono all´emergenza storica del conflitto coi palestinesi, se è vero che Olmert ha voluto dedicare un passaggio del suo discorso all´Iran. «Noi non dobbiamo ignorare ciò che il presidente dell´Iran dice», afferma Olmert riferendosi ai ripetuti attacchi verbali di Ahmadinejad contro lo Stato ebraico. La risposta del premier ha il sapore dell´avvertimento: «Lo Stato d´Israele, che i malvagi leader di Teheran hanno trasformato in un obiettivo da annichilire, non è impotente e ha la capacità di difendersi contro ogni minaccia». È tuttavia l´interminabile conflitto coi palestinesi il motivo più immediato di preoccupazione. Non a caso Omert presenta il suo piano come una continuazione logica del ritiro da Gaza (agosto 2005) attuato da Sharon, il cui obiettivo finale è la determinazione dei confini definitivi dello Stato. Confini che, precisa subito il primo ministro, saranno «significativamente diversi dai territori attualmente sotto il controllo israeliano». Come nazionalista, cresciuto e maturato nella culla ideologica revisionista, ad Olmert sarebbe piaciuto non dover mai rinunciare ai Territori. «Anch´io, come molti altri, ho sognato e desiderato di poter salvaguardare per noi tutti i territori della Terra d´Israele». Ma bisogna pensare a conservare il carattere ebraico e democratico dello stato, mentre la dispersione degli insediamenti nella West Bank avrebbe provocato una commistione di popolazione «impossibile da separare». Dunque, non c´è che rinunciare a ciò che è contro gli «interessi nazionali». Olmert non agirà indipendentemente dai palestinesi, almeno all´inizio. Il nuovo premier pensa che debba esserci un dialogo e un negoziato secondo la Road Map. Ma non con Hamas, se non accetterà le condizioni poste dalla comunità internazionale. Il governo israeliano darà all´Autorità palestinese la possibilità di «riconoscere l´errore e di cambiare». Ma non aspetterà a lungo. Se questo cambiamento non ci sarà, Olmert agirà unilateralmente. Il processo delineato dal nuovo premier prenderà, comunque, molto tempo. Fonti del governo dicono che ci vorranno almeno due anni per vedere il piano prendere il via. Due anni è lo stesso arco di tempo che gli analisti politici meno ottimisti, ma non per questo meno lucidi, concedono al governo appena nato. Dal momento in cui Sharon ha scatenato il "Big Bang" ad oggi molti entusiasmi si sono, infatti, affievoliti. La stessa maggioranza di governo, concepita come «una maggioranza aperta a tutti quelli favorevoli al ritiro», s´è ridotta strada facendo ad una coalizione di centro sinistra abbastanza striminzita (67 voti su 120) con l´apporto determinante, ma tradizionalmente ballerino, del partito ultraortodosso sefardita Shas. Al quale Olmert non ha neanche chiesto l´adesione preventiva al suo piano, adesione che il rabbino Ovadia Yosef, padre padrone del partito s´è infatti ben guardato dal dare. Più che una maggioranza stabile, quella di Olmert appare come una maggioranza in corso d´opera, non avendo il premier rinunciato al proposito di portare dentro il partito dell´immigrazione russa, Israel Beitenu, e gli urltraortodossi ashkenaziti della Torà Unita. Ciononostante, il governo Olmert si presenta come uno dei più affollati della storia israeliana, con ben 25 ministri e alcune stranezze, come ad esempio la competenza sui servizi segreti affidata al ministro della Casa, Meir Shetrit, o la delega per il Dialogo strategico (con gli americani?) affidata al ministro dei Trasporti, Shaul Mofaz, abbassato di livello dal precedente incarico di ministro della Difesa. Quel che potrebbe alla lunga indebolire la coalizione è che nessuno sembra aver ottenuto quel che voleva. Il Partito laburista, che aveva condotto una serrata campagna sui temi sociali, è stato tenuto lontano dal ministero dell´Economia, che Olmert ha riservato al fedelissimo Avraham Hirschon. In compenso, il leader laburista Amir Peretz è diventato ministro della Difesa, nomina vista da molti come una scommessa. Shas, ha ottenuto l´impegno che siano varate leggi a favore dell´educazione e dell´assistenza sociale, un suo tradizionale dominio, per due miliardi di shekel, ma non li potrà gestire direttamente, avendo ricevuto due ministeri come l´Industria e le Comunicazioni che con la sua agenda tradizionale c´entrano poco e niente. E Shimon Peres è stato incaricato dello sviluppo del Negev e della Galilea, oltre che dei rapporti economici coi paesi vicini, laddove il dialogo coi palestinesi era stato per anni la sua forza.
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