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La Repubblica Rassegna Stampa
03.05.2006 La solidarietà di Milano agli ebrei
contro l'intolleranza di chi brucia le bandiere e fischia la Brigata ebraica

Testata: La Repubblica
Data: 03 maggio 2006
Pagina: 0
Autore: Piero Colaprico - la redazione
Titolo: «Sinagoga, l´abbraccio di Milano - Folla nella sinagoga aperta ai milanesi»
 Da  La Repubblica del 3 maggio 2006  una cronaca di Piero Colaprico

La cancellata di via Guastalla è stata aperta e una folla di milanesi aspetta con calma, in silenzio, di poter entrare nella sinagoga. Ci sono anche Bruno Ferrante e Letizia Moratti, i candidati sindaco, e c´è Riccardo De Corato, poi il console d´Inghilterra, parlamentari, politici, ma torna a farsi vedere quella «società civile» che mescola curiosità e voglia di esserci, testimonianza e ascolto. E rappresentano una sorta di «secondo tempo» di quei milanesi che lo scorso XXV Aprile, quando le bandiere d´Israele sono state fischiate, bruciate, quando si è gridato «assassini» verso la «Brigata Ebraica», hanno a loro volta contestato i contestatori.
Ieri sera, alle 20, questa folla è entrata e ha trovato posto tra i banchi rigidamente divisi per sesso. E ha ascoltato il «grido di dolore» della comunità ebraica milanese. Certo, nessuno ha pronunciato questa parola. Anzi, i toni anche patriottici, gli aspetti religiosi, i contenuti politici sono stati posti in primo piano. Ma sotto questo scudo, c´era quello che Alfonso Arbib, citando poesie e fatti storici, ha chiamato «l´amore profondo» per la terra di Israele. Aggiungendo come, quando si parla di Israele come di uno «Stato artificiale», non solo si dimentica la realtà, ma «significa negarci la nostra anima, quello che fa parte della nostra anima».
Molti sono stati gli applausi per i vari oratori, da Yasha Reibman a Leone Soued a Claudio Morpurgo, che hanno sottolineato i pericoli per la «delegittimazione di Israele». Ed è stato molto convincente, nel ricordare gli incidenti sfiorati alle manifestazioni, Davide Romano. Ha invocato, per l´anno prossimo, «la presenza accanto alle bandiere della Brigata Ebraica del presidente della Camera», di Fausto Bertinotti: «Perché - ha detto - possa spiegare quanto sia sbagliato prendersela con la Brigata Ebraica», con la memoria dei cinquemila giovani che combatterono, insieme agli inglesi, contro i nazifascisti, qui in Italia. «E comunque, se ci vuole la polizia a difendere le bandiere d´Israele, c´è qualcosa che non va».
Se messa accanto alla politica internazionale e a Mahmoud Armadinejad, l´antisemita presidente iraniano, spessissimo citato, la politica locale scompare. Le parole di Bruno Ferrante e di Letizia Moratti sono simili, nella condanna di chi ha bruciato le bandiere e nel rispetto della Shoah. Ma mentre Ferrante sostiene che «quando parlo di valori, i miei comportamenti sono susseguenti a quello che dico», la Moratti è apparsa un po´ in difficoltà quando le si è fatto notare che la sua lista è «apparentata» con i neofascisti, dove militano persone che proprio non possono essere definite filoisraeliane: «L´antisemitismo non è di destra o di sinistra. E chi non si riconosce nei valori dell´antifascismo, non partecipa alla realizzazione del mio programma di governo per Milano. L´apparentamento con la Fiamma Tricolore è puramente di tipo elettorale». E questo è il punto che Ferrante e il centrosinistra contestano: «Come può un´antifascista allearsi ai neofascisti?».
Polemiche a parte, ieri sera Letizia Moratti, in tailleur color prugna, è andata a stringere la mano a Ferrante, in grigio, appena ha saputo che c´era. E, alla fine della manifestazione, è Ferrante che a sua volta va a stringere la mano al ministro. L´appuntamento con i milanesi è per domenica prossima, dalle 11 alle 17: nei giardini della Guastalla ci sarà una festa per celebrare l´anniversario della nascita d´Israele.

Dal Corriere della Sera :

E come si conciliano tra loro, le chiedono circondandola nella consueta selva di microfoni, la sua presenza qui in sinagoga per dire no all'antisemitismo e la sua alleanza appena siglata con l'estrema destra neofascista della Fiamma Tricolore per la corsa a Palazzo Marino? Letizia Moratti, pressata dai cronisti sul marciapiede, guarda dentro la telecamera.
Il suo avversario, Bruno Ferrante, nella sinagoga è entrato da pochi minuti, ai cronisti ha già detto quel che pensa, spiegando che «non esiste un antisemitismo di destra e uno di sinistra ma solo l'antisemitismo», poi aggiungendo che «no, nessuna polemica e stasera meno che mai, semplicemente non amo l'opportunismo, ma questa non è una novità»: e ora ha già preso posto in prima fila, giusto tra il vicesindaco Riccardo De Corato e il presidente della Provincia Filippo Penati, che lo raggiungerà di lì a poco.
Fuori, intanto, Letizia Moratti risponde alla domanda: «L'apparentamento con la Fiamma Tricolore è puramente elettorale. I miei valori sono la tolleranza, la libertà, la democrazia. Di questi valori sarò custode e garante. E chi non si riconosce in essi, evidentemente, non parteciperà alla realizzazione del mio programma di governo per Milano».
È passata una settimana dal 25 aprile delle polemiche, delle bandiere israeliane bruciate e della Brigata ebraica fischiata in San Babila. E ieri sera, in significativa concomitanza con l'anniversario della dichiarazione d'indipendenza di Israele, la Comunità ebraica di Milano ha aperto a tutta la cittadinanza i battenti della sinagoga di via Guastalla nel segno della distensione: la risposta della città è stata una sinagoga stipata di gente, «per curiosità, perché non c'ero mai stato», dirà anche qualcuno, aggiungendo però subito «ma soprattutto perché era giusto esserci».
Così i candidati sindaco Moratti e Ferrante. Che si stringono la mano due volte. «Mi scusi, ma in mezzo alla folla non l'avevo vista», dirà Letizia all'ex prefetto andandolo a cercare per prima, dopo aver preso posto a sua volta tra le donne, sul lato opposto della grande sala. Lui la ricambierà al termine: sorrisi, cordialità. «Sono qui stasera - ripete lei ai giornalisti - per esprimere la condanna senza appello del nazismo e del fascismo». «Sono qui per esprimere la mia solidarietà alla comunità ebraica e per dire che atti di questo genere - ripete anche Ferrante, riferendosi alle bandiere bruciate - non devono più ripetersi. È compito anche nostro trasmettere, ai giovani, valori come il rispetto per gli altri popoli e per gli altri Stati».
Per i vertici della comunità, dal rabbino Alfonso Arbib al portavoce Yasha Reibman, i brutti episodi del 25 aprile milanese sono in realtà lo spunto per lanciare un monito assai più ampio: «Sappiamo che Milano vuole sventolare le bandiere, non bruciarle», dice Reibman. «Ma assai più preoccupante delle bandiere bruciate - prosegue Arbib - è il tentativo di delegittimare l'esistenza stessa di Israele». È Claudio Morpurgo, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, a concludere tornando a spostare, volente o no, i riflettori sulla campagna elettorale in corso a Milano: «Sia chiaro che noi - dice - non facciamo politica. Ma il nostro contributo, da ebrei, alla vita collettiva della società in cui viviamo intendiamo darlo. Sostenendo chi sostiene la democrazia, la multiculturalità, la libertà».

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