Alberto Stabile su La REPUBBLICA di mercoledì 3 maggio 2006 firma un articolo sulle dimissioni di James Wolfensohn, incaricato di risanare l'economia palestinese, in polemica di con la decisione europea, americana e israeliana di sospendere i finanziamenti all'Anp di Hamas.
L'adesione alle tesi di Wolfensohn, da parte del giornalista é totale, con qualche pesonale tocco di zelo, come quando sostiene che la questione, più che economica "é morale".
Il rischio di finanziare attentati terrroristici o future guerre di aggressione non é evidentemente, per Stabile, un problema morale.
Wolfensohn, dal canto suo, non intende chiedersi se i principali ostacolo alla nascita dello Stato palestienese non siano stati l'estremismo, il terrorismo e la corruzione alimentati da finanziamenti mai efficacemente controllati
Né se questi ultimi abbiano rappresentato una politica saggia.
Ecco il testo:
GERUSALEMME - James Wolfensohn lascia. L´ultimo taumaturgo, incaricato dalla comunità internazionale di risanare e rilanciare l´economia palestinese, se ne va senza avere raggiunto lo scopo.
Si lascia dietro un conto salatissimo all´American Colony, dove per un anno ha alloggiato il suo staff di 40 persone, e l´amarezza di non aver potuto compiere fino in fondo il suo dovere. Ma soprattutto, con le sue dimissioni, un´altra porta si chiude sulle speranze di veder nascere uno stato palestinese. Le parole di Condoleeza Rice, che a nome del Quartetto dei mediatori internazionali (Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Nazioni Unite) l´ha ringraziato per il «grande lavoro» fatto e l´ha invitato «a non appendere la divisa troppo lontano dalla porta» perché «in futuro potremmo ancora avere bisogno di Jim», sono quello che sono: semplici parole di cortesia.
In realtà, con il governo palestinese guidato da Hamas fermo nel respingere le condizioni poste dalla comunità internazionale e la comunità internazionale incapace di elaborare una risposta diversa da quella, punitiva, incentrata sulla cessazione degli aiuti all´Anp, non si vede come l´audace progetto di fare di Gaza un luogo vivibile, animato da un´economia sana, possa essere riesumato, almeno nel breve periodo.
Wolfensohn, presidente della Banca mondiale fino al 2005, se n´è andato senza sbattere la porta, ma non senza aver chiarito due o tre punti che converrà tener presente in futuro. Dopo aver speso più d´un miliardo di dollari l´anno per «creare uno stato palestinese attuabile», si chiede Wolfensohn, «semplicemente abbandoniamo quest´obiettivo»? La questione, più che economica, è morale e riguarda gli impegni assunti dalla comunità internazionale nei confronti della popolazione palestinese. Wolfensohn sembra dubitare che la strategia del boicottaggio decisa nei confronti del governo palestinese a guida islamica servirà a piegare Hamas. Mentre, sicuramente, la decisione di sospendere gli aiuti diretti al governo colpirà la popolazione. «Mi sorprenderebbe se si potesse vincere cacciando un milione di studenti dalle scuole o affamando i palestinesi. E non credo che qualcuno nel Quartetto creda in questa politica».
Così come non crede, l´ex presidente della Banca mondiale, che il mantenimento degli aiuti umanitari attraverso le attività delle organizzazioni non governative, destinato a bilanciare il congelamento dei finanziamenti diretti al governo, serva allo scopo. «Penso che sia una scommessa perdente», afferma, citando il caso della scuola e della sanità palestinesi, per il sessanta per cento dipendenti dai relativi ministeri. Lo spettro della povertà aleggia sui Territori. «La situazione finanziaria è andata di male in peggio». La decisione israeliana di sospendere il rimborso delle tasse e delle tariffe riscosse per conto dell´Anp, assieme al blocco dei finanziamenti internazionali, provocherà una riduzione della crescita, un aumento dell´anarchia per le strade, una crescita della disoccupazione che nel 2008 toccherà il 47%, mentre il 74% della popolazione sarà costretta a vivere al di sotto della soglia di povertà.
La crisi tra Wolfensohn e il Quartetto s´è aperta dopo la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi. Testimoniando davanti al Congresso americano, l´inviato aveva chiesto un nuovo mandato alla luce delle mutate condizioni politiche in cui si sarebbe trovato. Il nuovo mandato non è arrivato. Ieri Wolfensohn ha concluso che «gli avvenimenti politici degli ultimi due o tre mesi e i problemi da risolvere superano ormai le mie competenze».
Analogo il tenore dell'articolo di Roberto Bongiorni pubblicato dal SOLE 24 ORE. Ecco il testo:
Esausto per un compito già nato difficile e divenuto quasi impossibile, frustrato per il drammatico corso degli eventi, alla soglia dei 73 anni, James Wolfensohn ha lasciato il suo incarico. Quello che lo aveva visto inviato del Quartetto per il Medio Oriente, l'organismo guidato da Russia, Europa, Stati Uniti e Onu incaricato di realizzare la road map, il piano di pace.
Ma la sua è stata un'uscita di scena tutt'altro che in sordina. L'ex direttore della Banca mondiale, ebreo nato in Australia ma naturalizzato americano, ha consegnato una lettera di fuoco in cui non risparmia critiche a nessuno. Innanzitutto al neo Governo del movimento islamico Hamas, reo di aver fatto crollare le speranze di pace con la sua ostinazione nel non riconoscere Israele. Ma non ha lesinato critiche nemmeno all'Unione europea, per aver sospeso centinaia di milioni di dollari in aiuti all'Autorità nazionale palestinese (Anp). Usando toni ancor più duri contro Israele, responsabile di aver strozzato l'economia dei Territori congelando i dazi doganali che spettano all'Anp, 60 milioni di dollari al mese. E mantenendo chiuso la metà del tempo il valico di Karni, dove transitano le merci dirette nella Striscia, quando l'ultimo accordo prevedeva il suo pieno ripristino.
Wolfensohn ha posto l'accento sul pericolo che il blocco dei fondi possa rendere vani gli sforzi fatti finora. Dopo aver speso quasi un miliardo di dollari l'anno in aiuti, molti dei quali diretti alle istituzioni, «al fine di rendere praticabile la creazione di un Stato palestinese, ora abbandoneremo tutti questi obiettivi?», recita il rapporto.
In una conferenza a Washington con il Segretario di Stato Usa Condoleezza Rice, Wolfensohn ha rincarato la dose: «Mi sorprenderei se si possa avere successo sbattendo fuori dalla scuola tutti i bambini palestinesi o affamando la popolazione». Perché, secondo l'ex uomo del Quartetto, l'Anp finanzia il 60% dei servizi legati all'educazione e alla salute. Tagliare i finanziamenti, come hanno fatto Usa e Ue, significa non solo lasciare senza salario l40mila funzionari pubblici, ma creare forti tensioni. Non servirà, secondo Wolfensohn, aumentare gli aiuti americani ed europei diretti all'assistenza umanitaria. E il contributo dei Paesi arabi servirebbe solo per l'emergenza. Se le cose andranno avanti così, ha concluso, nel 2008 la disoccupazione toccherà il 47%, la linea di povertà il 74% della popolazione. E già nel 2006 il Pil palestinese crollerà del 27 per cento. Un quadro inquietante. In una riunione convocata in serata è corsa voce che il Quartetto valutasse addirittura se andare avanti con la road map.
Il MANIFESTO denuncia con un titolo scandalistico ( " Governo di Hamas? Allora niente medicine") una crisi medica che nei territori, come appare evidente dal testo dell'intervista di Michele Giorgio a un funzionario dell'OMS, eal momento non c'é.
Ismail Haniyeh ripete che la fase più acuta della crisi finanziaria dell'Anp è risolta e che, grazie alle donazioni arabe e dell'Iran, il suo governo sarà in grado di pagare i salari arretrati a tutti i dipendenti pubblici. L'ottimismo del premier palestinese tuttavia non basta a ridimensionare la gravità della crisi che si vive nei Territori occupati da quando Israele ha bloccato il versamento all'Anp dei fondi palestinesi derivanti dalla raccolta dell'Iva e dei dazi doganali (oltre 50 milioni di dollari al mese) e Stati Uniti e Unione europea hanno sospeso gli aiuti diretti all'Anp in reazione all'ascesa al potere del movimento islamico Hamas. A rischio immediato di collasso sono diversi servizi essenziali, a cominciare dalla sanità, e a pagarne le conseguenze sarà soltanto la popolazione civile. Ne abbiamo parlato con il dottor Ambrogio Manenti, esperto di sanità pubblica e responsabile dei progetti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in Cisgiordania e Gaza. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio a Gerusalemme est.
Dottor Manenti, l'Oms ha lanciato più di un allarme sui rischi di un collasso della sanità palestinese...
Dobbiamo tener presente che tutte le agenzie dell'Onu che operano in Cisgiordania e Gaza hanno come controparte l'Anp. Da quando è cambiata la posizione dei principali donatori internazionali, tra cui gli Stati Uniti, il Canada e alcuni paesi europei, che non considerano Hamas un interlocutore possibile, il nostro lavoro si è fatto più complesso. Gli Usa, addirittura, ritengono qualsiasi funzionario o impiegato dell'Anp una controparte inaccettabile. In pratica persino un medico o un'infermiera di una struttura pubblica non sono più idonei per un progetto finanziato con fondi americani. Il Canada sostiene più o meno la stessa posizione. L'Ue da parte sua se da un lato si è allineata alle decisioni del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Onu e Ue) riguardo le condizioni che Hamas deve soddisfare per poter operare (in primo luogo riconoscere Israele e gli accordi già firmati e terminare la lotta armata), dall'altro ha scelto un approccio più flessibile ma ancora in via di definizione. L'Europa in sostanza potrebbe accettare nostri rapporti con gli operatori sanitari ma non con il ministro o funzionari palestinesi con uno status politico. C'è da dire che noi formalmente non abbiamo impedimenti nell'avviare queste relazioni perché l'Onu, a differenza di Usa e Ue, non definisce Hamas una organizzazione terroristica. Tuttavia essendo dipendenti dai donatori internazionali ed inoltre, come Onu, siamo parte del Quartetto, abbiamo vincoli politici e pratici che ci impongono una linea diversa da quella che avevamo.
Diversa in cosa?
Consiste nell'evitare fino a quando è possibile un rapporto diretto con rappresentanti di Hamas. Sino a quando è possibile perché è imprenscindibile avere rapporti almeno con il livello tecnico all'interno dei ministeri palestinesi. L'Oms, ad esempio, ha già contravvenuto a questa limitazione in occasione di una visita di una delegazione ufficiale agli allevamenti di polli di Gaza infettati dall'influenza aviaria quando abbiamo incontrato il ministro della sanità, visto che è il presidente del comitato che si occupa dell'aviaria. Questo precedente dimostra che l'indicazione di evitare questi incontri è impraticabile.
Se domani arrivasse qui al suo ufficio una telefonata del ministro della sanità palestinese...
Gli parlerei ovviamente. Non è mai accaduto che mi abbia telefonato ma l'ho già visto due volte. E' inevitabile per il nostro ruolo avere dei rapporti professionale con il ministro della sanità e con i rappresentanti del suo ministero.
Che impatto sta avendo il boicottaggio dell'Anp sulla gestione della sanita' palestinese?
La prima conseguenza ovviamente è stata per il bilancio del ministero della sanità che per il 40% deriva dai fondi palestinesi bloccati da Israele, il 30% dalle donazioni internazionali e un altro 30% dalle tasse raccolte nei Territori. Mancano due terzi del budget e il ministero della sanità comincia a non funzionare per due motivi principali: il mancato pagamento dei salari ai dipendenti, compreso il personale medico e paramedico, e la penuria di medicine tra cui farmaci essenziali e vaccini. Presto medici e infermieri cominceranno ad abbandonare i loro posti per cercare alternative in grado di garantire la loro sopravvivenza e questo porterà prima ad un declino e poi al collasso il sistema sanitario pubblico. A noi già vengono fatte richieste, che non avevamo mai ricevuto in passato, che sono tipiche di una drammatica emergenza, come il rifornimento di farmaci e di materiale di laboratorio.
In queste condizioni quali sono i rischi immediati per la popolazione civile?
Sono molto seri. I malati cronici, come quelli con problemi renali o i diabetici, e coloro che sono affetti da altre patologie gravi non riceveranno cure adeguate. Nel medio periodo ciò si tradurrà in un aumento dei decessi. Inoltre la mancanza di fondi non consentirà la copertura delle cure all'estero per tanti palestinesi ammalati gravi che sino a qualche tempo veniva garantita dall'Anp. La mancanza di reddito per tante famiglie porterà ad un peggioramento della qualità della vita e inevitabilmente delle condizioni ambientali ed igieniche, con il rischio di un aumento delle malattie infettive. Sarebbe un deciso passo indietro per i Territori palestinesi dove in questi ultimi anni il profilo sanitario della popolazione si è avvicinato molto a quello europeo, con la prevalenza tra le cause di morte delle malattie cardiovascolari e delle neoplasie su quelle infettive. Un quadro che potrebbe capovolgersi presto
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alle redazioni della Repubblica , il Sole 24 Ore e Il Manifesto