Yom ha zikaron, la Giornata del ricordo, precede di un giorno la festa nazionale che celebra la nascita d'Israele. Non e' un caso: la scelta di associare cronologicamente un giorno di festa con uno percorso da intensi brividi di tristezza e' profondamente ebraica. Gioia e dolore, amarezza e speranza non sono dissociabili nell'anima e nella storia del popolo ebaico.
La giornata dedicata al ricordo di tutti i soldati caduti nelle guerre d' Israele e' anche molto diversa da quella dedicata ai sei milioni di vittime della Shoah, che la precede di una settimana. Quella giornata e' di lutto profondo, senza spiegazioni e senza alernative;questa invece e' una giornata che sfocia nella speranza di un domani di pace.Entrambe scorrono lente, nel silenzio rotto dall'ululato delle sirene che fermano la vita: ognuno si congela sull'attenti, le macchine e gli autobus si fermano e la gente scende, le riunioni vengono interrotte.Il silenzio e' rotto da canzoni tristi, la malinconia che coglie tutti crea un profondo legame con i genitori che hanno perso i figli al fronte e suscita un sentimento di gratitudine per il loro sacrificio.
Ho vissuto questa giornata con l' emozione di chi sa cosa significhi e come si svolge ma viene cio' malgrado colto di sorpresa dall'intensita' di questi sentimenti .La mia vena polemica ha trovato subito il modo di manifestarsi, al pensiero - un pensiero che in un contesto talmente coinvolgente ha la forza di un pugno nello stomaco - di quanti accusano Israele di essere uno stato bellicoso ed aggressivo.Se fossero qui, pensavo, non potrebbero evitare di rendersi conto di quano siano in errore! Uno stato in cui ogni singolo cittadino ricorda con affetto e profonda tristezza i morti in guerra e' uno stato che appartiene ai propri cittadini come nessun altro. Uno stato che ricordando i propri soldati morti non fa risuonare marce militari, spari a salve, fracasso di urla rabbiose, ma anzi si chiude nel silenzio non puo' amare la guerra. Uno stato che nel momento del lutto collettivo ha parole di speranza e di pace anziche' di vendetta non puo' nutrire malsane ambizioni di potere, non puo voler dominare altri.
Questo ho pensato mentre ascoltavo scolarette che recitavano le lettere scritte dai figli ai genitori prima di morire, che mimavano le telefonate dei genitori ai figli che restavano senza risposta, o che leggevano uno ad uno i nomi dei militari caduti che avevano frequentato la loro scuola.
Ma coloro che veramente avrebbero dovuto condividere con gli israeliani questa giornata, coloro che li insultano senza conoscerli e capirli, non c'erano. Erano in piazza a godersi, con legittima gioia, il Primo Maggio.