Un'intervista che non informa occasioni perdute a colloquio con il presidente del parlamento iraniano
Testata: Famiglia Cristiana Data: 28 aprile 2006 Pagina: 0 Autore: Carlo Remeny Titolo: «Intervista al Presidente del Parlamento di Teheran»
Famiglia Cristiana nel numero 18 on line pubblica un’intervista di Carlo Remeny al Presidente del Parlamento di Teheran, Gholam Ali Haddad Adel.
Dopo le gravi esternazioni del Presidente iraniano Ahmadinejad che continua da mesi a negare l’Olocausto e a ripetere che gli ebrei di Israele debbono “tornare “ in Europa, le affermazioni del Presidente del Parlamento di Teheran rilasciate al settimanale cattolico inducono a molte riflessioni. L’intervista tuttavia non sottolinea a sufficienza il carattere integralista della nuova dirigenza iraniana; ad esempio il giornalista non pone ad Adel alcuna domanda specifica sul rispetto dei diritti umani, sulla pena di morte praticata in Iran anche nei confronti di minorenni, sulla condizione delle donne, sulla libertà di opinione. Ancora. Dinanzi ad affermazioni sconcertanti quali “noi siamo pacifisti”, i precetti dell’Islam non ci consentono di invadere” …..ecc. il giornalista cambia argomento. Riportiamo integralmente l’intervista che consentirà ai lettori di I.C. ulteriori valutazioni.
Sono diverse settimane che l’Iran domina le prime pagine della stampa internazionale. In un’intervista concessa a Famiglia Cristiana il presidente del Parlamento iraniano Gholam Ali Haddad Adel ha affrontato tutte le questioni più scottanti del momento. Sessantun anni, laureato in Fisica, poi in Filosofia, Haddad Adel, considerato uno degli esponenti politici più influenti del Paese, insegna filosofia all’Università di Teheran ed è direttore esecutivo della Fondazione dell’Enciclopedia islamica.
· Alla recente Conferenza di solidarietà con i palestinesi, tenutasi qui a Teheran, lei ha detto che Auschwitz è in Europa, chiedendosi perché degli arabi palestinesi siano chiamati a pagarne il prezzo...
«Da quando Israele è stato creato, americani ed europei hanno continuamente evocato la catastrofe e la tragedia accadute agli ebrei ai tempi del nazismo, proteggendone così il ricordo. La contraddizione in questa campagna di propaganda è che il crimine è stato commesso da uno, ma la punizione colpisce un altro. Questa è la domanda fondamentale posta dal nostro presidente, ma sinora non abbiamo ricevuto in materia nessuna risposta ragionevole o logica, né dagli europei, né dagli americani. In compenso hanno lanciato una campagna per screditarci, per provare che gli iraniani vogliono uccidere o massacrare gli ebrei. Al contrario, noi non abbiamo mai voluto incoraggiare alcuna repressione nei confronti dell’ebraismo o di altre religioni. La nostra storia in Iran prova che qui nessun genocidio è stato commesso contro una minoranza o contro i fedeli di una qualsiasi religione. Gli ebrei residenti in Iran hanno buoni rapporti con la nazione e con il Governo».
· Se interpreto correttamente quanto da lei affermato alla stessa Conferenza, l’Iran chiede il diritto di poter svolgere delle ricerche sull’Olocausto?
«Io non voglio confermare o smentire nulla sull’Olocausto, non sono uno storico. Se qualcosa del genere è accaduto, noi lo condanniamo, lo denunciamo. Ma perché gli europei non consentono inchieste sul tema e perché fare ricerche è considerato un crimine?».
· In Iran vive un’importante comunità ebraica che è anche rappresentata in Parlamento. Gli ebrei iraniani possono recarsi in Israele, visitare i propri parenti e rientrare in patria?
«Perché non chiede a loro se ci sia mai stato un ebreo che tornando è stato sottoposto a un’inchiesta per essersi recato là? Non ho mai sentito che nessuno sia stato condannato, imprigionato».
· Significa che possono?
«Significa che lo fanno».
· Considera più o meno confortevole la situazione in cui si trova l’Iran, senza i talebani in Afghanistan e senza Saddam Hussein in Irak (entrambi nemici mortali di Teheran), ma con gli americani come nuovi vicini di casa?
«Non è stata confortevole ieri e non lo è oggi. Ieri ci tormentavano i talebani e Saddam, oggi registriamo la presenza degli americani all’Est e all’Ovest. Noi crediamo che i talebani e Saddam siano stati usati dagli americani contro di noi, e ora che non possono manovrare le marionette sono presenti di persona».
· Perché all’Iran, ricco di petrolio e gas, serve il ciclo nucleare completo?
«Io vorrei porre la domanda in modo diverso: perché l’Iran non dovrebbe aver bisogno del ciclo nucleare completo? Tutti sanno che prima o poi il petrolio si esaurirà. Se oggi non cerchiamo di avere accesso a questa tecnologia che permette di produrre energia, domani, di fronte alla crescita delle nostre esigenze energetiche, dovremo mendicare l’energia da altri. Questo orientamento si sta affermando in tutto il mondo, persino in Russia e negli Stati Uniti, entrambi ricchi di petrolio».
· Papa Benedetto XVI ha chiesto a Pasqua una soluzione onorevole nella questione nucleare attraverso negoziati onesti. Cosa significa per voi una soluzione "onesta" del problema?
«Abbiamo apprezzato la dichiarazione del Papa. Dal nostro punto di vista una soluzione onesta è che i nostri diritti a questa tecnologia vengano rispettati nell’ambito del Trattato di non proliferazione nucleare (di cui l’Iran è firmatario). Non dobbiamo essere privati dei nostri diritti legittimi stabiliti da regole internazionali. Abbiamo anche espresso la nostra disponibilità a continuare i negoziati. Riteniamo che la Santa Sede debba andare oltre, prendere ulteriori iniziative per sostenere la nostra posizione. Qualcosa che abbia l’effetto di produrre un’azione positiva e concreta, non solo esprimere un sentimento. Il Papa deve mobilitare i cristiani, che sono il suo esercito, per tutte le cause giuste. La Santa Sede deve avere un ruolo ancora più attivo di quello che ha oggi nelle questioni internazionali».
· Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha affermato che verranno tagliate le mani a ogni aggressore. Di recente l’Iran ha organizzato una grande manovra militare nel Golfo persico. Si tratta di messaggi al mondo per dire: siamo pronti a difenderci?
«Non abbiamo intenzione di intraprendere una guerra con nessun Paese e non vediamo nessuna ragione perché qualcuno ci venga ad aggredire. Siamo una delle nazioni più pacifiche del mondo. Negli ultimi due secoli e mezzo, mai l’esercito di questo Paese ha attraversato le frontiere di altri Stati. I precetti dell’Islam e le caratteristiche iraniane non ci consentono di invadere o di aggredire altri popoli. Ma nello stesso tempo, pur essendo dei pacifisti, noi adoriamo la nostra indipendenza. Da settemila anni la nostra sovranità e la nostra civiltà hanno sede qui».
· Ma lei teme degli atti ostili contro la Repubblica islamica?
«Il mio sentimento personale è che l’aggressore dovrebbe essere preoccupato delle conseguenze. Gli americani forse sono in grado di decidere di lanciare l’assalto all’Iran, ma non saranno in grado di concludere l’assalto come immaginato. E il loro destino in Iran sarà decisamente peggiore che in Irak».
· Perché a suo avviso i Paesi occidentali ripetono spesso:
"Non possiamo fidarci della Repubblica islamica"?
«Gli americani aspirano al ruolo di signori delle nazioni, ma noi non vogliamo essere schiavi degli americani, che si considerano i maestri. Mi domando: ma che tipo di minaccia possiamo costituire noi per gli americani, che sono dall’altra parte dell’Oceano? Personalmente credo che diritti umani, democrazia, questione nucleare siano dei pretesti. In realtà, gli Stati Uniti non gradiscono vedere un Paese autenticamente indipendente in Medio Oriente. Temono che l’Iran possa diventare un modello per altri. Quando parlo dell’America, ovviamente intendo l’amministrazione e non il popolo. Gli americani dovrebbero correggere la propria visione del Medio Oriente. Dovrebbero riconoscere che noi siamo una nazione, abbiamo il diritto di essere indipendenti e di governarci da soli. Siamo diversi, ma non siamo dei nemici».
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