Le parole dell'odio intervista a un membro del gruppo che ha bruciato le bandiere israeliane
Testata: La Stampa Data: 27 aprile 2006 Pagina: 5 Autore: Fabio Poletti Titolo: «Il nostro é stato solo un atto di resistenza Ogni giorno loro uccidono un palestinese»
La STAMPA del 27 aprile 2006 pubblica un'intervista a un membro del gruppo marxista che durante la manifestazione del 25 aprile ha dato fuoco alle bandiere israeliane. Rivendica il suo gesto in nome dei morti palestinesi (morti che sono in realtà il prodotto della drammatica necessità per Israele di difendersi dal terrorismo) e pronuncia anche chiare parole di giustificazione dello slogan "10, 100, 1000 Nassirya". Slogan che oggi ha trovato purtroppo soddisfazione: in un attentato a Nassirya sono morti tre militari italiani. Ecco il testo:
Il 25 aprile sono state bruciate due bandiere israeliane. Ogni giorno viene ucciso un palestinese. Ma di cosa stiamo parlando...». Non nasconde il suo stupore Shokri Hroub, giordano, 40 anni, in Italia da quando ne aveva 17, un lavoro qualificato nell’edilizia. Non fa mistero - «Sono antifascista, sono marxista» - di far parte del Coordinamento di Lotta per la Palestina che due giorni fa in corteo ha dato fuoco a un paio di bandiere israeliane provocando un terremoto politico, da sinistra a destra. «Se posso essere sincero la politica italiana la capisco sempre meno...». Cosa non capisce, Shokri Hroub? «Invece di parlare dei palestinesi che vengono uccisi ogni giorno dall’esercito di uno stato illegale come quello israeliano che non riconosce nemmeno le risoluzioni dell’Onu, si preferisce fare polemica per due bandiere. Non è la prima volta che nei nostri cortei bruciamo le bandiere israeliane e quelle americane. Per noi è un atto di resistenza». Resistenza? «Ogni giorno in Palestina siamo costretti a subire una repressione violenta. Gli israeliani impongono l’apartheid. Ci fanno conoscere solo il carcere e le loro violenze. I ragazzi arabi che erano in corteo insieme a noi subiscono una repressione e una discriminazione che non possono essere messe minimamente a confronto con il rogo di un paio di bandiere». La condanna di quello che ha fatto il suo gruppo è unanime, da destra come da sinistra... «Io dico che non si possono prendere posizioni equidistanti tra chi è macellaio e chi è vittima. Bisogna avere il coraggio di stare da una parte sola. Noi stiamo dalla parte dei repressi. Noi siamo di parte». Però sono stati contestati anche gli appartenenti alla Brigata ebraica. Cinquemila di loro si sono battuti contro il fascismo durante la Liberazione... «Ai partigiani ebrei va tutta la mia solidarietà di arabo e marxista. Ma cosa c’entravano le bandiere con la stella di David. Cosa c’entrava quella lobby sionista. Guardi che anche una mia amica ebrea di Lecco mi ha detto che abbiamo fatto bene. Ha usato queste parole: “Voi arabi state subendo oggi quello che abbiamo subito noi ebrei sessant’anni fa”. Noi siamo di parte. Ma non ci stiamo alle strumentalizzazioni che per i calcoli della politica italiana vengono fatte come sta avvenendo in queste ore sulla nostra pelle ». Anche alcuni centri sociali hanno preso le distanze da voi. Anche loro si muovono per «calcoli politici», come dice lei? «Il discorso sarebbe lungo. Negli ultimi dieci anni è stato fatto un lavoro gigantesco per eliminare ogni traccia di memoria storica. Di fronte a questa ondata reazionaria i più giovani possono non avere le idee chiare di quello che sta accadendo. In carcere ci sono ancora 25 antifascisti arrestati l’11 marzo in corso Buenos Aires per essersi opposti a un comizio della Fiamma Tricolore. Io faccio un appello per la loro liberazione. Anche gli ebrei dovrebbero chiedere la loro scarcerazione. Si sono battuti anche per loro». Sembra di capire che lei non pone limiti al concetto di «resistenza». «Prendiamo l’Iraq. Chi si oppone contro l’occupazione è un resistente. E si può resistere in cento modi diversi: con la disobbedienza civile, con gli scioperi operai, anche combattendo». Anche con le autobombe? «Anche combattendo. Noi condanniamo tutti gli attentati che coinvolgono civili. Quelli crediamo che siano opera delle squadre della morte americane». Lei griderebbe “10, 100, 1000 Nassiria”, inneggiando alla uccisione dei carabinieri italiani in Iraq? «Le giro la domanda. Secondo lei è legittima l’occupazione italiana in Iraq? Noi siamo a fianco del popolo iracheno. Di cosa vi meravigliate?».
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione della Stampa