Dal CORRIERE della SERA di giovedì 27 aprile 2006 un articolo di Francesco Battistini, "Comunità ebraica e Unione I giorni della diffidenza ":
ROMA — «Era così cretino che cercava nella Bibbia un buon albergo in Palestina». Una battuta di Leo Longanesi e l'autonomo che brucia la Stella di David, anche lui, sarebbe bell'e incenerito. A volte se la cavano così, gli ebrei italiani: con l'umorismo. Ma il fuoco di corso Venezia scotta, il giorno dopo. Toglie ossigeno. E riappicca un incendio mai domato negli accampamenti della sinistra: il rapporto con la comunità ebraica. Basta cliccare informazionecorretta.com, sito critico su come l'Italia guarda a Israele, e si capisce che buona parte di questa comunità ha poca voglia di ridere: «Nazirossi»; «feccia d'Italia che non diventi la faccia dell'Italia»; «la cultura mafiosa sopravvive in Italia all'arresto di Provenzano, sopravvive nelle tante cupole che dettano con arroganza le loro leggi»...
Mafia, cupola. Da queste parti comincia malaccio, la nuova maggioranza. Fassino viaggia a Gerusalemme. Rutelli visita la sinagoga. Ma poi, vota e rivota, non passa la diffidenza per gli pseudokamikaze che vanno in corteo: solo due mesi fa, è finita a querele e sit-in la polemica contro Diliberto e i comizi dei Comunisti italiani dove si bruciarono altre bandiere. «Su Israele, la sinistra italiana ha cominciato a sbagliare tutto dopo Oslo — dice Fiamma Nirenstein, che Gli antisemiti progressisti li ha messi in un libro —. Non ha capito nulla del terrorismo. E con la seconda intifada, è esplosa in tutta la sua aggressività: le menzogne su Jenin, l'uso di parole come apartheid (riferita a Israele) e combattenti (per definire i terroristi), Prodi che paragonò la barriera antikamikaze al Muro di Berlino... C'è un 30 per cento d'italiani che vorrebbe far sparire Israele. Una cultura politica ferma ancora alla propaganda dell'Urss anni '50. A sinistra vogliono cambiarla? Comincino a insegnare nelle scuole come cominciò la storia, nel 1948, quando un piccolo Paese accettò la partizione e cinque eserciti arabi cercarono di spazzarlo via».
Il Nirenstein-pensiero è diffuso, anche se non dappertutto. Ci sono comunità (Milano, 10mila persone) più vicine al centrodestra di altre (Roma, 15mila, ma anche Torino, Venezia, Trieste, Bologna) con simpatie di sinistra: «Il maldipancia c'è — ammette il vignettista Massimo Caviglia, romano —. Lo dice uno che a destra non ci può propio stare: la sinistra ha sempre qualche azione da sconfessare. Gli italiani che vivono in Israele hanno votato per Prodi e oggi mi chiamano, amareggiati. È difficile dare loro torto, quando un Bertinotti va a Gerusalemme, disdice all'ultimo momento un incontro col premier Sharon, facendolo comunicare dalla segretaria, e poi va a Ramallah dal vecchio amico Arafat».
Il 25 aprile, con una lettera aperta a Libero,
Angelo Pezzana ha ricordato l'intervista di Prodi ad Al Jazira (poi smentita) sulle «interessanti aperture di Hamas» e ha ripetuto che c'è qualcosa più preoccupante di Bertinotti o Diliberto: D'Alema ministro degli Esteri. Paura espressa per primo da Yasha Reibman, portavoce della comunità milanese, che ricorda: «Era una mia opinione, ma stramaggioritaria fra gli ebrei italiani». Paura che Gad Lerner non condivide: «Le condanne inequivocabili dei leader dell'Unione, l'espulsione di Ferrando sono atti concreti. Prodi ha un buon rapporto personale col premier israeliano Olmert, consolidato a Bruxelles quand'era invece in freddo con Sharon. Quanto a D'Alema, non credo sia opportuno che le comunità ebraiche esprimano preferenze lobbistiche degne della Confcommercio». Ed Emanuele Fiano, ex presidente del gruppo milanese, ora deputato Ds: «Dopo aver visto le foto di chi bruciava le bandiere, non so nemmeno si possa parlare di gente di sinistra. Il fuoco sulla Stella di David è un'idea fascista che riporta ai forni crematori. La diffidenza verso di noi? Non la vedo. E anche questa storia di D'Alema-Belzebù verso Israele... Ci vuole dello stomaco a dirlo, quando dall'altra parte c'è Alemanno che candida la Mussolini assessore all'istruzione dei romani».
Il danno resta, però. Potrebbe risarcirlo, chessò, un Israel Day organizzato dal centrosinistra? «Sarebbe un'occasione per vedere se Bertinotti controlla davvero le frange estreme», pensa Caviglia. Reibman ci crede poco: «Rifondazione e Pdci non si sono fatti vedere nemmeno alla manifestazione contro l'Iran». Perché secondo lui il pregiudizio è radicato. E diffuso: «A Parigi, gli ultimi due ragazzini che portavano una bandiera d'Israele sono stati menati mentre marciavano in un corteo. Erano di sinistra. Sfilavano con la sinistra».
Da La REPUBBLICA , un'intervista ad Amos Luzzato, già presidente dell´Unione delle Comunità ebraiche italiane :
ROMA - «C´è un detto yiddish che recita più o meno così: "Non è facile essere ebreo"». No, non è facile essere ebreo, tantomeno ebreo di sinistra, dopo un «25 aprile così cupo»: Amos Luzzatto, già presidente dell´Unione delle Comunità ebraiche italiane, è amareggiato. «Chi ha bruciato le bandiere israeliane - dice - è un teppista, un ignorante, uno che non sa ragionare e distinguere, uno che danneggia profondamente quella causa palestinese che dice di voler difendere. La sinistra deve ripudiare per sempre e definitivamente coloro che, in suo nome, usano la violenza, così come fu fatto negli anni di piombo».
Luzzatto, che cosa sta succedendo in questo Paese?
«Succede che gruppi molto piccoli, quelli che una volta si definivano maestri di "entrismo", utilizzano le occasioni costruite dall´opinione pubblica e dalla politica per mettere a segno atti di intolleranza, i fischi alla Moratti, i roghi delle bandiere, certi slogan irripetibili, azioni di grande rumore e poca politica. E´ gente che va in direzione opposta ad ogni civiltà, gente che ha usato il 25 aprile cambiandogli significato, negando quelli che sono i suoi valori fondanti. Non è una festa campestre, ma la Festa che segna la sconfitta del nazifascismo in Europa e l´insurrezione popolare alla quale hanno preso parte tutte le forze politiche democratiche del nostro Paese»
L´ambasciatore d´Israele Ehud Gol definisce coloro che hanno profanato la ricorrenza e fischiato la Brigata Ebraica dei «fascisti della sinistra estremista». Condivide?
«Mi sembra che così si metta assieme sale e pepe, olio e aceto. Andiamoci piano con le definizioni schematiche. Se per fascista si intende chi usa la violenza in politica, Gol ha ragione. Però io lascerei stare il fascismo che, storicamente, è qualcosa di più, richiama ad un´ideologia, ad un programma politico preciso».
Molti esponenti della comunità ebraica hanno invocato un intervento di Fausto Bertinotti sulle vicende di Milano. La condanna del leader di Rc c´è stata ma a qualcuno sembra non bastare.
«Ritengo che chi ha bruciato le bandiere non abbia nulla a che fare con Bertinotti. Il che non significa che la sinistra tutta non debba agire in maniera definitiva contro questi teppisti. Penso agli anni di piombo quando partiti e sindacato scelsero la linea dura contro il terrorismo che si qualificava di sinistra. Oggi, sui temi dell´illegalità, bisognerebbe prendere esempio da quel che sta facendo Sergio Cofferati, il suo è un atteggiamento chiaro».
Lei dunque avverte una residua debolezza nell´approccio della sinistra verso l´estremismo?
«Penso che ci siano piccoli gruppi molto immaturi che vanno emarginati definitivamente. Credono ancora di poter rivivere la Primavera dei popoli del 1848 o la Rivoluzione d´ottobre. Sono persone che prendono a prestito le azioni simboliche usate nei Paesi ex coloniali per movimentare i fondamentalisti. In Iraq, in Iran, bruciano le bandiere? E loro le bruciano a Milano, senza tentare un´analisi sociale, politica, niente di niente. Globalizzano la bandiera israeliana, la rendono il simbolo dell´avversario da combattere fino alla morte...».
C´è una sigla già individuata: il Coordinamento Lotta per la Palestina.
«I peggiori nemici della causa palestinese. Il rogo di un simbolo brucia tutto, impedisce di distinguere. I pacifisti israeliani si riconoscono nella bandiera del loro Stato. Per questo devono essere condannati, per questo devono essere considerati dei farabutti, anche se cercano di far cambiare politica al loro governo? E gli arabi, i musulmani sono forse tutti cattivi? E´ questo che mi spaventa: una società che non ha dubbi, non conosce sfumature, non vuol discutere e far politica, una società che si nasconde dietro schematismi grossolani. Chi brucia la bandiera d´Israele è della Roma, gli altri della Lazio o viceversa».
Che sensazione le ha lasciato questo 25 aprile?
«Una grande amarezza, un senso di cupezza, il timore che, a forza di slogan, si piombi nel degrado. Quel che è successo richiama alla mente altri fuochi, i roghi dei libri, i roghi delle persone».
Prodi è stato durissimo con chi ha «rovinato la festa».
«Con Prodi mi è capitato di avere in passato un proficuo scambio di lettere. Mi sembra una persona disposta ad ascoltare, anche a cambiare opinione. C´è bisogno di analisi, di politica. Con lui vale la pena di impostare un discorso».
Una lettera di Davide Romano pubblicata nelle pagine milanesi del quotidiano:
Ho sfilato il 25 aprile con lo striscione della Brigata Ebraica dell'associazione Amici di Israele e insieme alla Comunità Ebraica. Per tutto il tragitto - da Corso Venezia al Duomo - la gente che vedeva il nostro striscione ha applaudito. Solo in San Babila, dove c'era un gruppo di autonomi sul lato destro della piazza, ci sono piovuti addosso fischi e insulti. Dobbiamo ringraziare la presenza delle forze dell'ordine se non siamo stati aggrediti.
Ma proprio di fronte a una contestazione così virulenta c'è stata la splendida reazione della gente che affollava il lato sinistro della piazza, che ha iniziato ad applaudirci con ancora più forza, proprio per contrastare i contestatori.
Avrei voluto dire loro che il 25 aprile è il giorno da dedicare alla Liberazione, e che per quello stavamo sfilando. Per ricordare anche quei cinquemila ebrei che per combattere i nazisti abbandonarono il nascente stato di Israele. Avrei voluto, ma non ho potuto. Perché tanto era l'odio che gli autonomi ci urlavano contro, che se solo mi fossi avvicinato sarei stato preso per un provocatore e aggredito. Ciononostante - vista la reazione della gente - sarei comunque uscito soddisfatto da questo anniversario della Liberazione, se non fosse stato per le contestazioni incivili che hanno colpito Letizia Moratti. Un filo rosso lega le due aggressioni verbali: quello dell'intolleranza mista all'ignoranza. Credo probabile infatti che i contestatori non conoscessero né la storia della Brigata Ebraica, né tanto meno quella del padre partigiano di Letizia Moratti. Ma catalogare questi fatti come sola ignoranza sarebbe superficiale. C'è anche un'intolleranza verso il politicamente diverso che è estranea allo spirito del Comitato di Liberazione Nazionale, il quale aveva saputo unire tutti i partigiani, dai liberali ai comunisti. Il fatto che in passato anche altre personalità antifasciste (dal leader CISL Savino Pezzotta all'allora sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca) siano state contestate non può più essere considerato un caso. Ogni volta, per fortuna, non sono mancate le condanne dell'ANPI come della gran parte dei rappresentanti dei partiti. Ma ogni anno la questione si ripresenta. Se vogliamo davvero far diventare il 25 aprile una festa nazionale - come auspica anche il Presidente Ciampi - dobbiamo cercare di prevenire questi atti di intolleranza. Come? Riscoprendo chi erano i Liberatori. Solo chi ha dimenticato la Storia può bruciare la bandiera israeliana (o americana) o contestare un sindacalista. Si potrebbe per esempio costituire un "Comitato Nazionale per il 25 aprile" dove siano presenti i rappresentanti di tutti i gruppi che liberarono l'Italia, Alleati compresi. Non mancano a Milano (e in Italia) gli americani, gli inglesi, gli indiani, i sudafricani e gli altri cittadini dei paesi che ci liberarono. Perché non coinvolgerli? Perché non promuovere maggiormente anche la presenza dei liberali, dei democristiani e del resto del CNL che sembrano quasi dover chiedere il permesso di partecipare a una festa che è anche la loro? Facciamo in modo che il 25 aprile sia un giorno di gioia per tutti i liberatori e per tutti gli italiani. E che a essere contestati non siano gli antifascisti, ma piuttosto gli intolleranti.
Un'intervista a Leone Paserman, presidente della Comunità ebraica romana da L'OPINIONE:
“Quello che ha detto Prodi ci rassicura, però adesso attendiamo i fatti; in una manifestazione del 25 aprile che io ricordi non era mai accaduto un episodio che invece non ci avrebbe molto sorpreso nel quadro di manifestazioni per la pace o campi anti-imperialisti…”.
Il commento del day after dei bruttissimi fatti accaduti il 25 aprile durante la manifestazione di Milano è di Leone Paserman, a capo da anni della comunità ebraica di Roma, “offeso, stupito e amareggiato” per il trattamento chiaramente “antisionista e antisemita” riservato alla Brigata ebraica dai ragazzotti dei centri sociali, spalleggiati dal neo eletto deputato di Rifondazione Francesco Caruso.
Presidente Paserman, non era mai accaduto che il 25 aprile si insultassero i partigiani della Brigata ebraica e si bruciassero le bandiere di Israele. Lo possiamo definire antisemitismo della sinistra antagonista?
Non vorrei dare troppa importanza al gesto di alcuni sconsiderati. Definiamolo un pessimo episodio, un brutto inizio, qualcosa che non si era mai visto in una manifestazione che celebra la liberazione anche di tanti ebrei italiani finiti ad Auschwitz… Certo, si fosse trattato della solita manifestazione di pacifismo senza sé e senza ma o del campo anti-imperialista, mi sarei stupito di meno… Ma che si fischi una signora, come l’ex ministro Moratti, che sfila con un ex deportato come il padre è cosa gravissima.
Chiederete garanzie a Prodi contro questo subdolo antisemitismo che si maschera da antisionismo?
A dire la verità lui ce le ha già date, ora però aspettiamo i fatti e che i violenti siano isolati.
E Bertinotti presidente della Camera che ieri non ha detto una parola?
Prima delle elezioni escluse Ferrando dalle liste per le sue dichiarazioni su Israele, ora spero che lo farà con chiunque appoggi nel suo partito episodi come quelli di ieri.
Comunque oramai c’è un problema con le comunità ebraiche in Italia rispetto all’atteggiamento negativo di certa sinistra sulla stessa esistenza dello stato di Israele e sull’appoggio acritico dato alla cosiddetta lotta di liberazione palestinese?
Sì, il problema esiste e va affrontato anche contrastando l’ignoranza di certi testi scolastici che dimenticano da che parte stavano arabi e palestinesi durante la seconda guerra mondiale, dare del fascista a chi sta con Israele è un controsenso.
Adesso diranno che Israele non c’entra con gli ebrei e che l’antisionismo non è antisemitismo…
Questo è il primo equivoco da chiarire: Israele è lo stato ebraico, cioè di tutti gli ebrei, e l’antisionismo è solo la foglia di fico per essere antisemiti anche al giorno d’oggi….
E’ vero che sia in Israele sia nelle comunità ebraiche italiane c’è molta preoccupazione su chi farà il ministro degli Esteri in questo governo?
Credo proprio di sì anche perché è innegabile che invece il governo uscente e in special modo il ministro degli Esteri in carica Gianfranco Fini si siano comportati da grandi amici delle nostre comunità e dello stato ebraico, isolando quei reduci del fascismo che anche a destra non mancano ma che sembrano avere meno peso politico che i no global a sinistra.
E se il nome per la Farnesina fosse quello di D’Alema? Lui si è spesso sbilanciato a favore dei palestinesi e talvolta non ha avuto parole molto equilibrate su Israele e il diritto a difendersi dal terrorismo islamico…
Diciamo che siamo aggrappati alla speranza che l’uomo di governo D’Alma si comporti e parli in maniera molto differente dall’uomo di opposizione. Di solito è quello che avviene e lui quando fu premier ebbe atteggiamenti ben diversi e parole più concilianti con lo stato ebraico. Se fosse lui a ricoprire quell’incarico contiamo su un’ulteriore riflessione sull’istituzione che rappresenterebbe.
AVVENIRE riporta una dichiarazione di Claudio Morpurgo, presidente della Comunità ebraica italiana:
Duro Claudio Morpurgo, presidente dell'Unione Comunità ebraiche italiane: «In una manifestazione in cui gli ebrei italiani affermavano l'attualità dell'antifascismo e della democrazia dei facinorosi hanno riproposto atti e parole in apparenza antisraeliani, ma che nascondono rigurgiti antiebraici. Ricordo a questi scalmanati che gli ebrei rappresentano con la propria pelle entrambi i valori».
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