Ibrahim Refat sulla STAMPA di mercoledì 26 aprile 2006 intervista il leader dei Fratelli musulmani egiziani, Issam El-Erian, che impudentemente accusa Israele di un attentato la cui matrice islamista e antisrealiana é sotto gli occhi di tutti (vedi su Informazione Corretta Dietro gli attentati in Egitto).
Naturalmente Refat e La STAMPA hanno fatto bene ad offrire al loro lettori la possibilità di sapere direttamente da un leader islamista quali veleni sparge in Egitto e nel mondo la propaganda dei Fratelli musulmani.
Ma i rifiuti tossici, si sa, vanno maneggiati con prudenza.
Le farneticazioni di Issam El Erian andavano inquadrate, anzitutto nel vero contesto che ha prodotto gli attentati, e poi nella propensione al complottismo e nell'antisemitismo di un'organizzazione come quella dei Fratelli musulmani, propensa ad attribuire al nemico "sionista" qualsiasi nefandezza.
Pessima invece l'idea di virgolettare nel titolo , nell'occhiello e nel sommario, senza un commento, le frasi di El- Erian, compresa questa : «Da questa parte del confine è quasi impossibile procurarseli Mentre in Israele... Sì, mi sembra più
ragionevole pensare a una potenza straniera»
Ecco il testo completo:
Il dottor Issam El-Erian, responsabile dell’ufficio politico della Fratellanza musulmana, primo partito dell’opposizione egiziana, è scettico sull’ipotesi del coinvolgimento di un gruppo integralista nella strage di Dahab. E’ convinto che tutto quello di male che accade nella regione è «conseguenza della politica dell’amministrazione Bush in Medio Oriente». E cita inevitabilmente il caso dell’Iraq e la Palestina che a suo avviso hanno raggiunto tante tensioni da arrivare a contagiare il pacifico Egitto. Dunque gli islamici hanno sempre le mani immacolate? «Penso piuttosto al ruolo di qualche potenza straniera e all’infiltrazione dei loro agenti. Del resto il trattato di pace con Israele impedisce all’Egitto di esercitare pieno controllo sul Sinai per via della limitazione del numero dei militari egiziani e del tipo di armamenti in loro dotazione. Abbiamo ben 400 chilometri di frontiera. E da Israele arrivano migliaia di turisti senza visto e con controlli sommari al frontiera. Insospettisce molto il fatto che il ministero degli Esteri israeliano aveva cercato di dissuadere i propri cittadini dal recarsi in Egitto per il timore di attentati». C’è chi invece attribuisce la responsabilità alla mano pesante usata nei confronti dei beduini dopo l’attentato di Taba creando una frattura fra loro e lo Stato. «Israele aveva occupato il Sinai dal 1967 fino al 1981 e quindi la conosce bene. E non escludo...» Ma c’è in corso un processo contro gli autori della strage di Taba e Sharm el-Sheik che facevano parte di “al-Tawhid wal-Jihad” dichiaratamente legata ad al-Qaeda «Queste sono le accuse del pubblico ministero, ma il tribunale non ha emesso nessun verdetto di colpevolezza. La cosa strana è che quel gruppo non ha nulla a che fare con le organizzazioni dell’estremismo islamico apparse sulla scena negli Anni Settanta, Ottanta e Novanta». Eppure l’inchiesta ha appurato che il finanziatore era un palestinese «Nessuna organizzazione palestinese ha interesse a trasferire nel Sinai la scontro in atto in Palestina. I palestinesi non trarranno nessun beneficio dall’esportare la violenza nel nostro Paese. In più il governo di Hamas ha già condannato l’attentato di Dahab». Insomma, una solidarietà fra gli estremisti ai due lati del confine non è possibile? «Io mi chiedo come hanno potuto questi abitanti del Sinai procurarsi armi ed esplosivi: dalla valle del Nilo è impossibile. E’ più facile ottenerla da Israele che mira a destabilizzare l’economia egiziana». Le conseguenze di questa attacco potrebbero essere il prolungamento delle leggi d’emergenza in vigore dal 1981? «In verità quelle leggi non hanno impedito il verificarsi di atti di terrorismo in Egitto. Occorre affrontare la situazione con gli strumenti della legalità perché il risultato delle leggi eccezionali è stato l’utilizzo diffuso della tortura e i numerosi abusi da parte della polizia che anziché usare strumenti di indagini più raffinati preferisce la brutalità». Qual è l’opinione della Fratellanza musulmana verso la presenza dei turisti stranieri? «Sono sempre i benvenuti nel nostro Paese». Non importa se bevono alcolici e le donne girano in bikini? «Se fa parte delle loro abitudini va bene; loro mica vengono qui per provocare. Tuttavia io dico che bisogna mettere al bando certe cose» Quali? «Per esempio il turismo sessuale, quello va bandito». Qualcuno della Fratellanza Musulmana critica però il turismo? «Non in quanto tale ma perché, a differenza dell’industria per esempio, è un tipo di economia fragile e crea una dipendenza da elementi esterni e non pianificabili. E’ grave che le principali fonti di valuta dell’Egitto siano le rimesse degli emigrati, il canale di Suez, e il turismo anziché l’industria o l’agricoltura».
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