Ricatto petrolifero ed esportazione della tecnologia nucleare la strategia di Teheran
Testata: La Stampa Data: 26 aprile 2006 Pagina: 11 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Teheran agita l’arma del petrolio»
Da La STAMPA di mercoledì 26 aprile 2006:
Teheran brandisce l'arma del petrolio nella disputa sul nucleare con la comunità internazione. E' Ali Larinjani, capo negoziatore iraniano con le Nazioni Unite, a lanciare il monito: «Se dovessero essere adottate misure radicali contro la nostra nazione potrebbero esservi importanti conseguenze per l'approvvigionamento di greggio». Il messaggio è indirizzato al Palazzo di Vetro in ragione del fatto che venerdì scade il limite fissato dal Consiglio di Sicurezza per interrompere l'arricchimento dell'uranio. Teheran ha ribadito ieri mattina che non ottempererà alla richiesta e che, anzi accelererà l'arricchimento. Da qui la possibilità che all'inizio la prossima settimana il Consiglio di Sicurezza esamini possibili sanzioni nei confronti di Teheran. «Sanzioni contro i leader e non contro il popolo» come anticipa da Londra il ministro degli Esteri, Jack Straw. E' proprio a questo scenario che Larijani, stretto consigliere del presidente Mahmud Ahmadinejad, fa riferimento dicendo qualcosa che finora i portavoce iraniani avevano sempre smentito: alle sanzioni Teheran potrebbe rispondere riducendo l'export di petrolio. Fonti diplomatiche al Palazzo di Vetro ritengono che la mossa abbia due destinatari: da un lato Pechino, in ragione del fatto che la Cina dipende dal greggio iraniano più di ogni altro membro permanente del consiglio di Sicurezza, e dall'altro i mercati, al fine di far decollare il prezzo del greggio spingendolo verso quota 80 dollari ed indebolendo così la crescita dei Paesi più industrializzati. «Teheran vuole indurre Pechino a porre il veto sulle sanzioni - spiega un alto diplomatico europeo, chiedendo l'anonimato - ed al tempo stesso generare il panico sui mercati petroliferi mettendo in difficoltà tanto gli Stati Uniti quanto i Paesi europei». Larijani ha inoltre avvertito che «anche attacchi militari contro di noi non porrebbero fine al programma nucleare» perché Teheran è pronto a «nascondere gli impianti se sarà necessario». «Se sarà presa la strada sbagliata - ha detto, riferendosi alle sanzioni - anche noi faremo lo stesso». Ma c'è dell'altro. La Guida Suprema della rivoluzione iraniana, Ali Khamenei, incontrando a Teheran il presidente sudanese Omar al-Bashir ha prospettato lo scenario dell'esportazione della tecnologia nucleare verso Paesi terzi. «La capacità nucleare iraniana è uno degli esempi delle nostre potenzialità - sono state le parole di Khamenei - e siamo pronti a trasferire ad altri questa esperienza, le tecnologia e gli scienziati». La scorsa settimana era stato il leader di Hamas, Khaled Mashaal, a cogliere l'occasione di una visita a Teheran per auspicare che altri Paesi musulmani seguano l'esempio dell'Iran nello sviluppo del nucleare ed il passo di Khamenei va nella stessa direzione, aprendo un nuovo fronte di tensione con l'amministrazione Bush che ha fatto della lotta alla proliferazione nucleare una delle sue priorità strategiche. A rispondere alle mosse di Teheran è stato da Atene il Segretario di Stato, Condoleezza Rice, sottolineando come «l'Iran continua ad isolarsi sempre più dalla comunità internazionale» e ribadendo che «la strada che stiamo seguendo resta quella della diplomazia». I toni moderati si spiegano con le trattative in corso per il varo della risoluzione sulle sanzioni - anche la Grecia fa parte del Consiglio di Sicurezza come membro non permanente - che Washington continua a considerare prioritaria. Tanto al Dipartimento di Stato che alla Cia infatti si ritiene che vi siano ancora i tempi necessari per impedire a Teheran di raggiungere l'atomica se le sanzioni varate dall'Onu si riveleranno efficaci.
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