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La Stampa Rassegna Stampa
25.04.2006 Attento,Cappuccetto Rosso, sotto le coperte non c'è la nonna ma Igor Man
Le rivelatrici ultime due righe

Testata: La Stampa
Data: 25 aprile 2006
Pagina: 1
Autore: Igor Man
Titolo: «Nel Mirino»

Attento, o lettore, che ti appresti a leggere l'editoriale di Igor Man uscito stamattina 25 aprile 2006 sulla STAMPA a pag.1, attento, non è avvenuta nessuna trasformazione del DNA del nostro, nè è avvenuto uno scambio di firme per un errore di impaginazione. E'proprio di Igor Man l'articolo che stai leggendo. Sii paziente, o lettore, e non pensare a nulla di sopranaturale. E' sempre lui, la verifica alle ultime due righe, e capirai che l'unico modo per poter sparare a zero contro gli USA e difendere l'Iran di Ahmadinejad era far precedere un pistolotto che sembra scritto da Oriana Fallaci. Capuccetto Rosso attento, sotto le coperte non c'è la nonna, anche se travestito sempre il lupo c'è.

Ecco l'articolo, da leggere, purtroppo, sino in fondo:

DAHAB significa oro, ed è famoso questo antico sito egiziano per i riflessi dorati della sua sabbia, appunto. Qui tre cariche esplosive hanno fatto un macello. Il sangue di innocenti turisti ha annerito l’antica spiaggia.
Va detto subito, una volta per tutte, che non è più consentito biasimare, condannare e compiangere. Si farebbe un torto alle vittime degli attentati. Non è più possibile esorcizzare il terrorismo islamico cantando, ancorché con cuore sincero, la solita sia pure commossa litania. E sarebbe due volte sterile scrivere del destino infame che ha mutato una sana vacanza in una tragedia. Già visto, perché già accaduto. Innumerevoli volte. E’ dunque gran tempo di smetterla di salvarci la coscienza fingendo di non capire. Di non capire, dico, che siamo in guerra.
Sì, il cosiddetto Occidente che parte dagli Stati Uniti inglobando l’Europa e Israele, la nostra civiltà liberale cristiana, è nel mirino d’un neo-panislamismo che vuole punirci d’aver «ingannato» le masse islamiche postulando, praticando la cosiddetta idea modernista. Che tentò in Iran i Pahlevi fautori di una sorta di riformismo mutuato da Atatürk nonché personaggi quali Nasser, Burghiba, Ben Bellah, i dirigenti del Baas e sinanco l’Olp di Arafat. Ma quando si cominciano a fare i bilanci, i risultati più evidenti - siamo nei Settanta - di decenni di opzione laico-modernista sono il neo-colonialismo economico, l’alienazione culturale, l’urbanizzazione selvaggia e l’arroganza dei quadri dirigenti.
Nei fatti la rinascita riformista (per citare il Gabrieli) si è tradotta in un sottosviluppo generalizzato con l’eccezione dei «benzinari» del Golfo. Di più: stravolti dalla propaganda, traumatizzati dalla forza di Israele, gli arabi e con loro, passo dopo passo, gli islamici sparsi nel mondo, han finito col credere che le disfatte siano dipese dalla incapacità delle ideologie laiche a realizzare le aspirazioni popolari. E accade, così, che il malcontento si rifugi, rinvigorito da un senso di colpa collettivo, nella Moschea dove gli integralisti lo cristallizzano nell’Islàm. La rivoluzione a mani nude di Khomeini assesta il colpo finale catalizzando il «purismo islamico». Che a sua volta si sublima nel recupero della sharia. Da Osama all’ultimo predicatore del venerdì si sostiene come l’unica riforma da attuare sia quella del ritorno alla fede o meglio alla sorgente di essa. «... la causa di tutti i mali è nell’abbandono della sharia. Occorre ripristinare la legge musulmana affinché l’Islàm ritrovi la sua forza perduta»: questo il succo della preghiera del venerdì sia che la si celebri a Teheran o al Cairo.
Quella che il Bausani definiva la «tensione islamica» ha finalmente trovato nella sharia un corazzato punto di riferimento. E’ oramai chiaro come il caso dello scrittore Rushdie, l’autore dei Versi satanici condannato a morte (la condanna è stata recentemente riconfermata quando sembrava definitivamente caduta) ovvero l’appello di Osama Bin Laden a vendicare i palestinesi siano un vero e proprio falso scopo.
L’obiettivo è più ambizioso, tanto da provocare una guerra, asimmetrica finché si vuole ma guerra, in ogni caso; l’obiettivo è destabilizzare l’Occidente «complice di Israele». Poco importa ai vari sceicchi dei «fratelli palestinesi». Cosa può interessare a un individuo spregiudicato come Bin Laden, un commerciante all’ingrosso di oppio improvvisamente colpito da ascesi mistica, del popolo palestinese?
Alla radice dell’attuale guerra che l’Islàm muove all’Occidente, troviamo la presunzione rabbiosa di seppellire tutti gli ismi occidentali a cominciare da liberismo hegeliano marxista o strutturale. Le continue vociferazioni del presidente iraniano, l’uomo che pretende di essere in stretto contatto con il Mahdi (il Messia scomparso), il suo misticismo nutrito di odio per l’Occidente blasfemo e corrotto eccetera non sono soltanto folklore. Sono la rinnovata proclamazione della nostra condizione di «cani maledetti» come ci definisce, noi occidentali, il mistico presidente iraniano.
Ora la domanda è questa: che fare? Come smorzare la furia antagonista del nuovo Islàm (nuovo perché bestemmiato dai fanatici)? Non ci sono ricette magiche ma la Storia ci ricorda che mai, dico mai, nella sua lunga avventura pragmatico-religiosa, l’Islàm è riuscito a trasformare la contestazione in istituzione. Occorre vigilare, non cedere ai ricatti dei «benzinari», sforzarsi di capire che l’Islàm non è un «movimento oltranzista» come Hamas, bensì una grande religione-cultura che folli personaggi stanno manipolando per dare un senso al loro sistematico sterminio di innocenti.
Ma poiché esistono e vivono e lavorano nell’Islàm persone come noi, diremo «normali», è con loro che non dobbiamo perdere i contatti. Bisogna aiutarli. Non certo muovendo guerra all’Iran, come vorrebbero incauti dilettanti-ministri d’oltreoceano.

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