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La Stampa Rassegna Stampa
23.04.2006 Un ministro degli esteri coi fiocchi. In Israele, in Italia tocchiamo ferro
Ritratti di Tzipi Livni di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 23 aprile 2006
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Tzipi, il vero "uono"forte nella strategia anti-Hamas»

Un ritratto, quello di Tzipi Livni, di Fiamma Nirenstein sulla STAMPA di oggi 23.4.2006 che aiuta a capire la nuova strategia di Israele nei confronti del terrorismo. Ecco l'articolo:

GERUSALEMME
Sempre di più di giorno in giorno brucia in Israele il dilemma su che cosa fare militarmente e politicamente con un’Autorità Palestinese governata da Hamas, che appoggia apertamente il terrorismo suicida e il lancio dei missili kassam: e sempre di più brilla la figura bionda e sottile di una donna di quarantotto anni, madre di due bambini, di professione - finché non ha deciso per la politica - avvocato.
Tzipi Livni, ministro degli Esteri e della Giustizia, pochi sorrisi ma dolci, sguardo sempre puntato negli occhi dell’interlocutore, era molto affezionata a Ariel Sharon, e il vecchio leader aveva capito quanto gli fosse preziosa quella signora graziosa e seria, e, assieme a Ehud Olmert, se l’è sempre tenuta vicina. Quando Sharon esitava prima di fondare Kadima lasciando il Likud, Livni entrò nella suo studio e gli disse «Andiamo, è giusto». «Fu una scommessa - dice oggi - ma era mio dovere farlo». Lanciata verso grandi destini, pure nel giorno delle elezioni ha detto, davvero triste, che non riusciva a pensare ad altro che a Sharon «che ignora - disse - tutto ciò che sta accadendo e questo è insopportabile». Olmert sembra considerare la sua ministra come una garanzia della linea di Sharon: un prossimo disimpegno da parte della Cisgiordania, in una situazione molto pericolosa dato Hamas e Ahmadinejad. Così, fra le mille accanite discussioni che accompagnano la formazione del nuovo governo, su un punto chiaro e semplice non transige:la Livni è il ministro degli Esteri di cui ha bisogno, e basta.
Un passato nel Mossad

Basta guardare allo svolgimento dell’ultima crisi seguita all’attacco terrorista di lunedì scorso quando durante la Pasqua Ebraica 9 persone sono state uccise e 60 sono rimaste ferite, per capire chi è che guida il delicato passo doppio con i palestinesi guidati da Hamas. E’ un tango mortale, e guai a chi cade. Tzipi si muove con attenzione, padrona sempre di un pensiero completo e rotondo, che a bassa voce si fa ascoltare fino in fondo. Mai più, dal 31 agosto 2004 con l’assassinio di 16 persone e il ferimento di 1000, si era avuto un attacco come quello di lunedì. Olmert teneva la sua prima riunione di governo e probabilmente senza la Livni avrebbe adottato le tattiche già sperimentate: quelle di una dura reazione. L’apparato dell’esercito ha fatto la sua proposta: dichiariamo l’Autonomia Palestinese «entità nemica», dato che sostiene l’attacco, e prepariamoci a entrare nelle città. La proposta è stata molto seriamente ponderata, dato che Hamas si avventura in svariate provocazioni e prepara, secondo i servizi segreti, attacchi sempre più pericolosi.
E’ stata Tzipi Livni che si è inventata una nuova strategia: non dichiarare l’Autorità «entità nemica» evitando così di prendere misure gravissime come tagliare l’elettricita fornita dalla Compagnia Elettrica Israeliana, o chiudere l’acqua del gruppo Mekorot, o il gas della compagnia Energia Dor Alon creando una crisi umanitaria. Questo, avrebbe interrotto ogni presa di coscienza della pericolosità di Hamas da parte dell’opinione pubblica internazionale. Quindi: non varare una grande reazione militare, ma revocare ai leader di Hamas il diritto di risiedere a Gerusalemme segnalando così che che Israele è in stato di allarme rosso. Così, invece di focalizzarsi sulla risposta israeliana, il mondo ha guardato all’azione terrorista stessa, ha visto bene la posizione di Hamas favorevole all’attacco e salvo gli affezionati alla violenza come l’Iran e la Siria, ha chiesto ancora una volta a Hamas di cambiare.
Allora, ci si potrebbe chiedere, che c’è di nuovo? Non è una semplice idea da colomba. Ma Tzipi colomba non è, è una personalità complessa che ha chiarissimo davanti agli occhi azzurri la sua tavola di costi-ricavi; la sua educazione avviene da agente del Mossad (dove ha servito negli anni ‘80), da luogotenente nell’esercito, e quando Sharon le ha insegnato come la duttilità che lo portò allo sgombero di Gaza sia la dote dei grandi politici. Livni è una bionda dotata di un realismo che mette al servizio di un idealismo spiccato; è la figlia di Eitan Livni, un polacco fondatore dell’Etzel, l’organizzazione da cui nasce tutta la destra israeliana, compreso il Likud, di cui sia Eitan che la figlia sono stati membri, ma dal Likud se n’è andata senza rimpianti ed è la più forte sostenitrice dell’idea per cui Israele deve uscire dai territori in cui i palestinesi sono maggioranza, pena la perdita della propria moralità.
Stile e autocontrollo

Livni indossa al lavoro tailleur classici, porta i capelli sciolti con i colpi di sole, appare in tv ornata di piccoli gioielli che le illuminano gli occhi chiari, ma sprizza sportività da kibbutz. Tornando al rapporto con i palestinesi, vogliamo parlare, dice la scelta di Tzipi, ma se non potremo ce ne andremo unilateralmente. E infine: se abbiamo cambiato linea questo è anche perché i tempi sono cambiati e in peggio. Quindi, suggerisce la ministra degli Esteri con l’autocontrollo, quando alla fine non sarà possibile avere pazienza perché Hamas minaccia la vita di tutti e agiremo, dovrete darci atto che abbiamo aspettato quanto possibile. Livni ha incontrato giovedì 25 ambasciatori dell’Unione Europea, e ha chiesto loro di restare uniti nel chiedere a Hamas di cessare le violenze e riconoscere Israele. C’è preoccupazione per le falle che si sono aperte sia con l’Italia guidata da Prodi, che ha parlato al telefono con Haniyeh, il primo ministro palestinese di Hamas, sia con gli inglesi, dato che Jack Straw ha detto che gli piacerebbe avere «relazioni normali» con il governo palestinese. Ma poi ha specificato «solo se riconosce Israele».

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