Su tutti i quotidiani, e quasi sempre con l'evidenza della pagina intera, viene pubblicata oggi ,22 aprile 2006, la notizia del visto negato dalla Francia al ministro di Hamas. Su tutti tranne che sul MANIFESTO. Comprendiamo che la notizia non è di quelle che fanno piacere al quotidiano comunista, ma la scelta di non darla neppure in quattro righe fa riflettere. Con una considerazione positiva: se non hanno avuto il coraggio di criticarla, dopo averla censurata, è buon segno, significa che difendere Hamas talvolta è diffiile persino per il giornale comunista. Pubblichiamo la cronaca da Gerusalemme di Davide Frattini sul CORRIERE della SERA.
GERUSALEMME — Jamal Abu Samhadana controlla tutto quello che si muove a Rafah. Sopra e sotto la sabbia del deserto. Quando gli egiziani hanno deciso di dare la caccia ai tunnel del contrabbando, è a lui che si sono rivolti. Convinti — assieme agli 007 americani e israeliani — che il suo clan, il più potente nella città all'estremo sud della Striscia di Gaza, non possa non sorvegliare il flusso di vestiti, sigarette, armi, alcol, pezzi di macchine, prostitute.
Adesso che è stato nominato alla guida della nuova squadra speciale voluta dal governo di Hamas, Jamal è diventato ancora più influente. È entrato nelle forze di polizia, ma non è uscito dalla lista dei terroristi super-ricercati da Tsahal: è il numero due dopo Mohammed Deif, capo dell'ala militare del movimento fondamentalista, e per il ministro israeliano Zeev Boim resta un bersaglio («non ha immunità, con lui abbiamo dei conti da chiudere e prima o poi lo faremo»).
In uno scontro su chi controlla la sicurezza palestinese, il presidente Abu Mazen ha cercato di bloccare con un veto la creazione della nuova unità, formata da 4 mila militanti dei vari gruppi: «È una mossa che crea le premesse per gravi conflitti interni». Lo stop del raìs è stato respinto dal governo: «Il provvedimento del ministro degli Interni è conforme alla legge. Lo scopo di questa divisione è di aiutare gli sforzi della polizia non di rimpiazzarla».
Esperto di esplosivi, 43 anni, all'inizio della seconda intifada Samhadana ha fondato i Comitati di resistenza popolare. «Non c'è contraddizione tra la carica di ufficiale — spiega — e la lotta contro Israele. Sono un combattente che protegge la patria. Io e i miei colleghi continueremo le azioni di guerriglia». La sua nomina — ha commentato Sean McCormack, portavoce del Dipartimento di Stato a Washington — rivela «la vera natura» del governo di Hamas. E in un altro segno dell'isolamento diplomatico dell'organizzazione fondamentalista, la Francia ha negato il visto a Samir Abu Eisheh, ministro per la Pianificazione, che avrebbe dovuto partecipare a una conferenza sul dialogo euro-arabo a Parigi. «In accordo con i nostri partner europei — hanno spiegato dal Quai d'Orsay — abbiamo sospeso tutti i contatti politici con l'esecutivo palestinese». Il presidente Jacques Chirac aveva sostenuto giovedì la necessità di non tagliare gli aiuti umanitari: «Sarebbe un errore enorme, non si può punire la popolazione».
I Comitati di resistenza, nati alla fine del 2000, raccolgono fuoriusciti e dissidenti di tutti i movimenti, dal Fatah del presidente Abu Mazen alla Jihad islamica e Hamas. Gli americani li considerano responsabili dell'attentato contro il convoglio diplomatico che nell'ottobre 2003 uccise tre guardie della sicurezza. Gli israeliani li hanno ribattezzati «fazione Kassam», perché sarebbero dietro alla strategia del lancio di razzi contro le città attorno alla Striscia.
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