Dal FOGLIO di giovedì 20 aprile 2006:
Londra. Sospetto e condanna. Così la comunità musulmana britannica ha reagito alla notizia pubblicata ieri dal Guardian, secondo cui un’associazione iraniana starebbe cercando di reclutare giovani islamici con passaporto inglese per compiere attentati in Israele, colpito soltanto lunedì da un attacco suicida palestinese, che ha ucciso nove persone. Le proteste dei cittadini di sua Maestà per l’inopportunità delle dichiarazioni di un rappresentante del comitato iraniano per la Commemorazione dei martiri della campagna islamica globale, in occasione di una fiera tenutasi a Teheran, si sono affiancate a scetticismo. In seguito alle pressioni e allo scrutinio selvaggio riservati ai musulmani d’oltremanica da parte dei mass media dopo gli attentati di Londra, in estate, molti membri della comunità islamica hanno perso fiducia nel ruolo neutrale della stampa e oggi si sentono vittime di una campagna di diffamazione. “Già troppe volte i giornali hanno raccontato cose che in seguito si sono rivelate false, in particolare quando ci sono di mezzo l’islam e i suoi seguaci”, dice al Foglio Said Farjani, consigliere politico della Muslim Association of Britain, una delle più grandi organizzazioni musulmane del paese. “Condanniamo inequivocabilmente qualsiasi attività violenta a scopo politico, sia domestica sia internazionale. Il vero problema, però, è che notizie come questa non fanno altro che aggiungere
pressione su una comunità già assediata da più parti.” Dello stesso parere sono i rappresentanti del Muslim British Council, un’organizzazione che fa parte della commissione organizzata dal governo per discutere il fenomeno estremista, recentemente criticata per opinioni non proprio moderate espresse da alcuni dei suoi membri. “Che sia vera o no, siamo molto disturbati da una simile notizia”, rivela al Foglio Daud Abdullah, portavoce. La sua voce è piena di sconforto: l’associazione ha lavorato per quasi un anno cercando di migliorare l’integrazione del milione e mezzo di musulmani che vivono in Gran Bretagna. Si lamenta: l’intera comunità è oggetto di pregiudizio collettivo a causa delle azioni dei quattro attentatori che hanno colpito la metropolitana londinese, e fa notare che questa notizia non aiuterà certo a migliorare la situazione. “Aumenterà ulteriormente la pressione e con essa, gli arresti ingiustificati che sono già all’ordine del giorno”. Eppure, qualche precedente per il reclutamento di musulmani britannici per colpire Israele esiste veramente. L’associazione iraniana sembra, infatti, essersi ispirata a Asif Mohammed Anif e Omar Sharif, due attentatori suicidi che, grazie al loro passaporto granata con il simbolo della monarchia di Windsor, nel 2003 riuscirono a passare senza problemi attraverso la frontiera israeliana, per poi farsi esplodere in un affollato bar sulla spiaggia di Tel Aviv. “Quelli sono casi sporadici e senza seguito nella nostra comunità”, assicura Abdullah. “Non c’è motivo per suonare un campanello d’allarme”. Se l’opinione del rappresentante del Muslim British Council potrebbe essere un po’ imparziale, non si può dire lo stesso di quella degli esperti del Foreign Office, i quali sembrano, però, essere arrivati alle stesse conclusioni. Mentre il portavoce ufficiale si dice preoccupato “per il continuo supporto offerto dal governo iraniano a gruppi che usano la violenza a scopi politici”, fonti riservate del ministero degli Esteri confermano al Foglio che, pur nella sua meschinità, l’attività del Comitato in questione sembra più mirare a fare da cassa di risonanza alle proteste della Repubblica islamica contro Israele, piuttosto che rappresentare una reale minaccia alla sicurezza dello stato ebraico.
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