Fatta eccezione per la foto in prima (una donna che piange sulla salma del proprio caro vittima della strage terroristica) nelle pagine interne del Mattino di mercoledì 19 aprile 2006 scompare il dolore dei familiari delle vittime del terrorismo, così come restano, per l’ennesima volta, senza volto le vittime stesse della barbarie: non un’immagine. Il quotidiano riesce nell’ardua impresa di andare oltre: vengono pubblicate due grandi foto che nulla hanno a che vedere con il contenuto degli articoli e con gli ultimissimi, tragici avvenimenti (in una foto si vedono ragazzi palestinesi che lanciano sassi contro soldati israeliani; nell’altra il funerale di “miliziano ucciso dagli israeliani”). Capito? Alle foto dei 9 funerali di innocenti straziati dalla furia fanatica e omicida, si preferisce la foto (d’archivio?) del funerale di un terrorista. E non si tratta di un caso, ma di una prassi ormai collaudata.
Anche nell’articolo di Raccah il massimo che viene “concesso” alle vittime è questo breve passaggio: “Fra le nove vittime dell'attentato figurano quattro cittadini stranieri: due francesi con la doppia cittadinanza e due lavoratrici immigrate romene.”
Non un’età, non un nome, non una storia da raccontare.
Questi i loro nomi, che possano riposare in pace:
Victor Erez di Givatayim
Benjamin Haputa, 47 anni, di Lod
Philip Balahsan, 45 anni, di Ashdod
Rosalia Basanya, 48 anni
Boda Proshka, 50 anni
David Shaulov, 29 anni, di Holon
Lily Yunes, 42 anni di Oranit
Ariel Darhi, 31 anni, di Bat Yam
Rachel Cohen, 75 anni, era una turista francese
Ecco il testo:
Tel Aviv. Israele ha puntato il dito contro il governo Hamas, all'indomani della strage di Tel Aviv (9 morti e 60 feriti), ed ha deciso le prime misure di risposta, ma per ora il premier Ehud Olmert non ha dato il via libera a azioni dirette contro i governanti integralisti islamici dell'Anp. «Il mondo intero deve saperlo: consideriamo Hamas responsabile» ha detto Olmert durante una riunione del consiglio di sicurezza a Gerusalemme. Il governo palestinese di Hamas non ha condannato, come invece ha fatto il presidente Abu Mazen, l'attentato di Tel Aviv, rivendicato dalla Jihad Islamica, ma lo ha anzi giustificato, inquadrandolo in un «diritto legittimo di resistenza» ai «crimini» israeliani. Fonti politiche israeliane hanno detto che Olmert, che si è riunito con i vertici militari e dei servizi segreti e con i ministri della Difesa, degli Esteri e della Sicurezza pubblica, ha per ora escluso azioni militari dirette contro il governo Hamas, limitandosi a sanzioni politiche. Il governo ha così deciso di ritirare i permessi di residenza ai tre parlamentari di Hamas (su 74) che vivono a Gerusalemme Est, Mohamed Abu Tir (numero due della lista islamica alle elezioni di gennaio), Ahmad Attun e Mohamad Totah. Sono state decise anche nuove misure di contrasto contro l'ingresso clandestino dei palestinesi in Israele, che agevola anche le infiltrazioni di terroristi. La radio militare israeliana ha inoltre riferito che l'esercito ha ottenuto il via libera dal premier per riprendere le esecuzioni mirate dei dirigenti della Jihad Islamica, il gruppo armato responsabile degli otto attentati perpetrati dall'inizio del 2005, e «di tutti coloro che sono coinvolti nel terrorismo». Per ora sembra esclusa una operazione militare su larga scala nei Territori, ma stando a diversi analisti è probabile che l'esercito rafforzi le misure di controllo in Cisgiordania e lungo il confine con la Striscia di Gaza, e intensifichi le incursioni in alcune aree, in particolare attorno a Jenin, Nablus e Tulkarem, dove sarebbero in preparazione nuovi attentati terroristici. Durante la scorsa notte reparti israeliani sono intervenuti in diverse aree del nord della Cisgiordania, arrestando una quarantina di palestinesi. Fra i fermati anche il padre del giovane kamikaze responsabile della strage di Tel Aviv. Da Gaza il premier palestinese di Hamas Ismail Haniyeh ha replicato accusando Israele di essere responsabile dell'attuale «ciclo della violenza», attraverso la «continuazione della occupazione e delle aggressioni». Le sanzioni contro i parlamentari di Hamas residenti a Gerusalemme hanno suscitato la loro forte protesta. Lo statuto di residente consente ai 200.000 palestinesi di Gerusalemme est di muoversi liberamente su tutto il territorio israeliano e di beneficiare dei servizi medici e sociali dello stato ebraico. Ahmad Attun ha denunciato la «misura di espulsione forzata» decisa nei suoi confronti, «in violazione degli accordi» fra Israele e Anp. Hamas tuttavia per ora non riconosce gli accordi firmati in passato fra Stato ebraico e autorità palestinese. In Israele le forze di sicurezza sono state poste in massima allerta nel timore di possibile nuovi attentati, in vista in particolare della conclusione, oggi, della settimana delle celebrazioni per la Pasqua ebraica. La polizia ha moltiplicato i posti di blocco su strade e autostrade, l'esercito ha rafforzato i controlli lungo i Territori palestinesi, che rimangono chiusi, reparti speciali sono stati trasferiti nei centri delle città per rafforzare il dispositivo di sicurezza. Ad aumentare la tensione contribuisce l'annuncio delle brigate Al Quds, il braccio militare della Jihad Islamica, secondo cui il gruppo armato dispone di altri 70 kamikaze pronti a colpire Israele. Un portavoce delle brigate, Abu Ahmed, ha detto a Gaza che l'attentato di lunedì «è stato il primo attuato da una nuova unità, formata di recente, che comprende 70 altri» candidati ad attacchi suicidi. Fra le nove vittime dell'attentato figurano quattro cittadini stranieri: due francesi con la doppia cittadinanza e due lavoratrici immigrate romene. Il bilancio dell' attentato, il più sanguinoso dall'estate del 2004, potrebbe ancora appesantirsi. Tre dei 36 feriti ancora ricoverati versano in condizioni definite «molto gravi». Un giovane turista americano è fra i feriti «gravi».
Un altro articolo é dedicato alla denuncia da parte dei Francescani di Terra Santa ( che parlano un linguaggio diverso da quello di Padre Pizzaballa) del fondamentalismo e dell'ostilità anticristiana da parte musulmana.
Incredibile come i titolisti riescano, tra occhiello e titolo, a non indicare chiaramente il contenuto dell’articolo. All’odio islamista anti-cristiano si sostituisce un generico “odio”, che potrebbe far pensare a un odio tra palestinesi e israeliani, oppure a un odio anti-cristano proveniente da entrambe le parti e non dal fondamentalismo islamista. Non poteva mancare poi il solito riferimento al terribile “Muro” (con la maiuscola, si badi bene). Singolare che nel giudicare il “Muro” manchi la considerazione più importante: la salvaguardia della vita umana, che dovrebbe essere sacra per tutti, e ancor di più, se possibile, per un uomo di Fede. E la barriera ne ha salvate tantissime, di vite umane.
Roma. I francescani della Custodia di Terra Santa sono «preoccupati» per la crescita del fondamentalismo islamico in Palestina. «L'attentato suicida a Tel Aviv ne è la prova. È solo l'ultimo segnale» spiega padre Artemio Vitores, vicario della Custodia di Terra Santa: «Si servono della religione per atti che disprezzano la vita». Padre Vitores, autore di un recente saggio che va alla radice del fenomeno dell'emigrazione dei cristiani in Terra Santa, riconduce il calo progressivo sia alla situazione economica prossima al collasso, sia all'aumento dell'Islam radicale nell'area. «I cristiani si sentono sollecitati ad accettare un modello di società e di vita che non è il loro, o meglio non è quello proposto dal Vangelo. Ciò produce tensione evidente tra musulmani e cristiani. Spesso i musulmani considerano i cristiani come la longa manus della politica dei Paesi occidentali, in particolare degli Stati Uniti, che essi identificano senza ombra di dubbio con i cosiddetti Paesi cristiani». Padre Vitores racconta che la questione del fondamentalismo è arrivata a lambire anche il campo dell'insegnamento. «C'è il rischio che il fondamentalismo si propaghi nelle scuole. La comunità internazionale dovrebbe mettere davvero il popolo palestinese nelle condizioni di svilupparsi. E facendo in modo che i cristiani possano restare in Terra Santa. Ci si potrebbe interrogare, per esempio, se gli aiuti inviati servono anche per finanziare le scuole fondamentaliste». A complicare il quadro vi è una crisi economica grave. «Il Muro costruito da Israele ha prodotto un vero e proprio disastro. Nella zona di Betlemme, vi erano 72 negozi, su cui campavano altrettante famiglie. Di questi negozi ora solo due sono ancora aperti. Emigrare sembra essere l'unica soluzione».
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