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Il Foglio Rassegna Stampa
19.04.2006 Chi crede alla minaccia del terrorismo islamista e chi no
é la vera linea di divisione

Testata: Il Foglio
Data: 19 aprile 2006
Pagina: 1
Autore: Christian Rocca
Titolo: «I due occidenti»

Dal FOGLIO di mercoledì 19 aprile 2006:

In occidente, ha scritto ieri il Wall Street Journal, la più grande differenza politica è tra chi pensa che i terroristi islamici rappresentino una minaccia seria alla nostra vita e alla nostra libertà, ed è pronto a fare di tutto per sconfiggerli, e chi ritiene che la minaccia sia sovrastimata e crede possa essere contenuta con un’oculata politica di trattative e concessioni. Non è una divisione tra destra e sinistra, visto che tra i primi ci sono leader socialisti come Tony Blair e diversi intellettuali liberal, non ultimi coloro che hanno firmato lo Euston Manifesto di cui questo giornale ha scritto sabato scorso. Tra i secondi ci sono, invece, il presidente gollista Jacques Chirac e la più tradizionale destra realista e isolazionista americana. Piuttosto, alla base di questa frattura ideale individuata dal WSJ, c’è la solita vecchia storia di chi non riesce a capacitarsi dell’esistenza reale di movimenti ideologici irrazionali, sicché ogni volta che si presentano movimenti di massa che usano la violenza come strumento di lotta, il riflesso condizionato porta a cercare una giustificazione, un torto, un’ingiustizia, qualsiasi cosa riesca a spiegare la barbarie. La causa è individuata nella povertà, nello sfruttamento o nell’umiliazione, quasi mai si valuta la natura irrazionale e nichilista di chi usa la violenza senza particolari impalcature mentali. Prendete il Manifesto di ieri, per esempio. L’editoriale a commento della strage islamista di Tel Aviv non spendeva una parola per condannare la carneficina né la giustificazione di Hamas, piuttosto era volto ad accusare George Bush, la guerra in Iraq, le vittime israeliane, i politici palestinesi non integralisti e finanche Berlusconi. Il paradosso di questo ragionamento è che più la violenza si dispiega in tutta la sua brutalità, più diventa la prova provata che i violenti devono essere impazziti certamente a causa di qualcosa o di qualcuno. Sennò, appunto, come si potrebbe spiegare tale brutalità? L’irrazionale diventa razionale, ha scritto l’intellettuale di sinistra Paul Berman. E’ lo spirito di Monaco 1938 riveduto e corretto, ma immutato quanto a esito. Allora, come oggi, c’è chi non vuole vedere il piano di distruzione di massa recitato, scritto e attuato dai nuovi nazisti. C'é chi continua a pensare che con i guerrasantieri sia possibile una soluzione negoziale, che si possa trovare un accordo. C’è chi crede che se ci comportassimo bene riusciremmo a ricondurli alla ragione e vivremmo tutti felici e contenti come nelle favole. E peraltro si dimentica che già adesso aiutiamo finanziariamente quella parte del mondo. Questa ampia fetta di occidente non vuole sentire ciò che dice il presidente iraniano Ahmadinejad su Israele e l’occidente, non tiene conto dell’ideologia apocalittica alla base della sua politica così ben spiegata dal saggio di The New Republic pubblicato ieri sul Foglio. Una dottrina che ha allevato (e ucciso) centinaia di migliaia di bambini-martiri, una lettura politica dell’Islam che mira a estirpare il male ebraico come precondizione per l’avvento del dodicesimo imam che finalmente salverà i musulmani e che all’ex presidente Rafsanjani, uno che questa parte di occidente individua come l’uomo con cui trattare, ha fatto dire che lo scontro nucleare con Israele è “ragionevole” perché l’atomica iraniana distruggerebbe lo stato ebraico, mentre Israele “riuscirebbe soltanto a ferire il mondo islamico”. Di fronte a ciò, c’è ancora chi racconta la panzana secondo cui l’Iran vuole dotarsi del nucleare ma a uso civile, malgrado sia uno dei più grandi paesi produttori di petrolio. E’ una parte di mondo occidentale che non vuole ascoltare le registrazioni dei kamikaze del volo 93 che avrebbe dovuto colpire Washington, trasmesse al processo contro il ventesimo dirottatore dell’11 settembre, e non fa caso al fatto che Zacarias Moussaoui non ha mai mostrato nessun segnale di rimorso o di pentimento. Per fortuna, c’è anche l’altra metà di occidente.

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