Di seguito pubblichiamo l'intervista al segretario dei DS Piero Fassino su Hamas, dal CORRIERE della SERA del 19 aprile 2006.
Seguono due commenti, di Giorgio Israel e Angelo Pezzana.
Ecco il testo dell'intervista:
ROMA — «Un attentato atroce, che fa ripiombare Israele e il Medio Oriente nel dolore e nella sofferenza. La condanna è evidente. Ma non basta. Bisogna dire con chiarezza quanto sia delirante qualsiasi tentativo di giustificare l'azione di un kamikaze. O parlare di autodifesa», dice Piero Fassino, un leader da sempre abituato a difendere le ragioni di Israele anche contro molta sinistra.
Ma Hamas lo ha fatto, Fassino, ha proprio parlato di autodifesa per quanto riguarda i kamikaze...
«È un grave errore. E non può che essere fonte di forte preoccupazione. Naturalmente a nessuno sfugge l'esasperazione che c'è nei territori palestinesi per i lunghi anni di occupazione militare e per una vita quotidiana scandita da check point e incursioni. Ma non si può giustificare l'ingiustificabile. La reticenza di Hamas è ancora più grave se pensiamo ai due fatti importanti avvenuti in Israele. Primo: il ritiro da Gaza e le ipotesi di ritiro unilaterale dalla Cisgiordania di cui si discute da mesi. Secondo: su una piattaforma di pace le elezioni israeliane hanno mostrato una maggioranza nella popolazione e nella Knesset, al di là di come si formerà il Governo».
Qual è la sua linea, Fassino? Tra poco nascerà il governo del centrosinistra, è importante saperlo...
«Hamas non può nemmeno immaginare di rivendicare il diritto all'autodeterminazione dei palestinesi se non riconosce il diritto di Israele a esistere. E a esistere al sicuro. Nel conflitto mediorientale si scontrano non una ragione e un torto ma due ragioni. Dal 1948 al 1990, quando ciascuna delle parti ha negato il diritto dell'altra, ci sono state cinque guerre e un'intifada. Dal 1990 al 1995 il processo di pace è stato possibile perché ciascuno dei due protagonisti ha finalmente accettato che il proprio diritto coesistesse col diritto altrettanto legittimo dell'altro. Occorre tornare a quel clima».
Stessa obiezione di prima: Hamas è intransigente.
«Proprio per questo mi sembra urgentissima un'iniziativa della comunità internazionale del quartetto Usa-Russia-Unione Europea-Onu. Da Hamas occorre esigere il riconoscimento di Israele e una rinuncia chiara e precisa al terrorismo e a ogni forma di copertura o giustificazione. Contemporaneamente va chiesto a Israele un allentamento delle forme di occupazione della Cisgiordania. Il quartetto dovrebbe rivolgersi però anche alla Lega Araba, guidata da un uomo accorto come Amr Moussa, ben consapevole che senza riconoscere Israele le aspirazioni dei palestinesi rischiano di non essere soddisfatte. Un coinvolgimento della Lega garantirebbe Israele e impegnerebbe tutti i Paesi arabi, dando ad Hamas la possibilità di far evolvere più facilmente la sua posizione».
E il futuro governo di centrosinistra? Avrà davvero una posizione «senza se e senza ma» su Hamas?
«Posso riassumerla ancora, come dice lei, "senza se e senza ma". Hamas deve capire che non ci sarà autodeterminazione del popolo palestinese se non ci sarà il riconoscimento dei diritti di Israele. Così come Israele non sarà sicuro del suo futuro se non si approderà a uno Stato palestinese indipendente. Se non si riconoscono le due ragioni in gioco, nessuna delle due sarà sicura. È la posizione di Prodi, Rutelli, D'Alema, Bertinotti.... Il nuovo governo italiano dovrà spingere l'Unione europea a diventare parte attiva del quartetto. Finora lo è stata molto poco. E in generale la comunità internazionale è stata passiva. Si è perso tempo. La stessa vittoria di Hamas è figlia del tempo perduto, della frustrazione palestinese per una pace che non arrivava mai».
Però c'è Francesco Caruso che dice: «Comprendo come l'esasperazione possa portare a utilizzare tutte le forme di lotta estreme». Che ne pensa, Fassino?
«Posizioni minoritarissime. Non avranno alcun peso nella futura politica estera italiana».
Le sottopongo il titolo del «manifesto» sull'attentato: «I frutti del male». Lo condividerebbe?
«È ambiguo. Rischia, anche se non voluta, di apparire come una forma di giustificazione. Che, ripeto, non può esistere».
Sia «Europa» che «Il riformista» hanno contestato le frasi di Prodi su Hamas, poi corrette dopo una precisazione sulla traduzione. Prodi ha comunque detto che ci sono state «aperture di Hamas molto interessanti». «Europa» sostiene: abbiamo pasticciato, su questo punto...
«Bisogna stare attenti a non fare i grilli parlanti. Prodi ha espresso un auspicio comune a tutti, cioè che Hamas sia consapevole che le responsabilità di governo assunte in Palestina impongono il riconoscimento di Israele. E ha auspicato che in Hamas emergano le posizioni più ragionevoli, visto che sappiamo tutti che esiste una dialettica interna al gruppo dirigente palestinese. Tutto qui. Ma un punto dev'essere chiaro. Il nostro dovrà essere un atteggiamento fermo che punti alla persuasione di Hamas».
Persuasione in che senso?
«Il punto non è "punire" Hamas ma persuaderlo che l'obiettivo dell'indipendenza passa per una via ineludibile: il rapporto con Israele».
Quale sarà la posizione del nuovo governo sui fondi destinati all'autorità palestinese? Assicurarli o negarli? L'Iran ha già promesso 50 milioni di dollari...
«Naturalmente condivideremo le decisioni che si assumono in sede europea, sapendo che anche nel caso dei finanziamenti occorre avere un'azione di pressione intelligente che eviti di buttare la dirigenza palestinese nelle braccia di chi, in cambio di fondi, la sospinge su una linea ancora più estremistica» A proposito di Israele. Avi Pazner, ex consigliere di Ariel Sharon, ha scritto su «Yedioth Ahronot» che «Berlusconi è stato un amico fedele» e che il governo di centrosinistra guidato da Prodi dovrà «lavorare duro» per ottenere le stesse relazioni. È preoccupato per la freddezza di Israele?
«Penso invece che il governo di centrosinistra, proprio perché crede nel principio dei "due popoli, due Stati, due democrazie", intesserà i migliori rapporti con Israele così come cercherà di farlo con Abu Mazen e il governo di Hamas, fermi restando i punti che ho elencato».
E cosa pensa del nodo iraniano? Proprio con Prodi, l'Italia del centrosinistra aprì nel 1998 le prime porte diplomatiche a Teheran anche per conto dell'Europa. Ma da Khatami le cose sono molto cambiate...
«Mi preoccupa il prevalere di atteggiamenti radicali, estremistici. Le espressioni su Israele di Ahmadinejad sono assolutamente inaccettabili. È giusto che la comunità internazionale esiga garanzie sull'uso civile e pacifico dell'energia nucleare con la possibilità di effettuare i controlli necessari. Ma se si vuole essere ancor più credibili verso Teheran, occorre contemporaneamente rilanciare anche una iniziativa per l'applicazione del Trattato di non proliferazione nucleare e per la riduzione degli arsenali dei Paesi che hanno già armi nucleari. Cina, Pakistan e India appartengono allo stesso scacchiere internazionale dell'Iran. Se vogliamo che Teheran accetti le nostre richieste, e io ne sono convintissimo, non possiamo dare l'impressione di agire su un doppio standard. Mi piacerebbe se l'Italia giocasse un ruolo di punta in questo campo. Prodi e l'Iran? Visti i positivi precedenti diplomatici, possiamo avere una carta in più per farci ascoltare. Naturalmente in assoluta sintonia con le iniziative dell'Onu e della comunità internazionale».
Ma gli Usa premono sull'Onu per una soluzione «forte». Come si comporterebbe in quel caso il governo italiano?
«Nessuno al mondo pensa che il ricorso alla forza con l'Iran sia una soluzione realistica. Se l'Iraq è stata un'avventura, con l'Iran rischiamo una tragedia di proporzioni abissali. Va scongiurata. Certo non restando fermi, ma con una forte azione politica che usi tutti gli strumenti possibili di pressione e persuasione. La troika europea deve muoversi. Accanto a lei, e con decisione, anche l'Italia».
IL LEADER DEI DS
Piero Fassino, segretario dei Democratici di sinistra, da sempre abituato a difendere le ragioni di Israele anche contro molta sinistra, nel giorno della chiusura della campagna elettorale dell'Ulivo
Ecco il commento di Giorgio Israel:
Piero Fassino è, assieme a Francesco Rutelli, quanto di meglio può
offrire il centro-sinistra in tema di politica estera. Ne costituisce
una prova la sua intervista al Corriere della Sera (19 aprile 2006), in
cui ha condannato "senza se e senza ma" i kamikaze palestinesi e la
giustificazione che Hamas ha dato dell'ultimo attentato terroristico a
tel Aviv.
Tanto più sconcertante e deprimente è il fatto che egli abbia ricorso
in questa intervista a quella che i francesi chiamano la "langue de
bois", la "lingua di legno" dei comitati centrali e della politica
politicante.
In primo luogo, Fassino ha definito il titolo del Manifesto
sull'attentato - I frutti del male - "ambiguo" e che "rischia di
apparire, anche se non voluta, come una forma di giustificazione". Ma
ha letto Fassino Il Manifesto? Si rende conto che tutto è, salvo che
ambiguo: è chiarissimo, è una giustificazione voluta. È veramente
necessario tenere assieme tutto il circo, anche nelle sue
manifestazioni deteriori? Ma non era finita la vecchia prassi di stile
comunista dell'"unità" a tutti i costi e contro ogni evidenza?
In secondo luogo, Fassino ha evitato di prendere le distanze dalla
dichiarazione di Prodi, dicendo che "bisogna stare attenti a non fare i
grilli parlanti". Ma chi sarebbero i grilli parlanti? Il giornale di
Rutelli che ha criticato severamente Prodi?
In terzo luogo, egli ha enunciato un bizzarro concetto: "non punire
Hamas ma persuaderlo". Che vuol dire, in concreto? Come si fa a
persuadere un assassino a non compiere un delitto? Inondandolo di mazzi
di fiori? Non sarà piuttosto il caso di minacciarlo di punizioni e, ove
questi sia ultrarecidivo e per giunta dichiari di voler ripetere il
delitto in futuro, metterle in atto, se non altro per non rendersi poco
credibili e persino ridicoli? L'Europa, che certo è tradizionalmente
prudente e indulgente ha deciso di passare alle "punizioni". Perché
Fassino sente il bisogno di precisare che occorre persuadere e non
punire? Non sarà un modo di riproporre per la porta di servizio la
posizione di Prodi, che su Al Jazeera ha suggerito di correggere la
posizione europea in senso più indulgente nei confronti delle
"interessantissime aperture di Hamas"?
Viene in quarto luogo un argomento completamente illogico: occorre
evitare di "buttare la dirigenza palestinese nelle braccia di chi, in
cambio di fondi, la sospinge su una linea ancora più estremista". Se il
criminale suddetto usa dei fondi che noi gli diamo per acquistare armi
ed esplosivi, e se dimostra di non aver bisogno del nostro denaro
perché tanto può ottenerlo altrove, che senso ha continuare a
darglielo? Forse che le armi e gli esplosivi acquistati con il denaro
europeo fanno meno male di quelle acquistate con il denaro iraniano? E
in che modo potremmo prevenire una deriva ancora più estremistica se
non minacciando di tagliare i fondi? Se poi la minaccia è spuntata, c'è
poco da fare. O meglio, l'unica cosa logica e onesta sarebbe aiutare
Israele.
Dispiace, perché - lo ripetiamo - Fassino è uno delle personalità più
aperte alle ragioni di Israele che esistano nel centro-sinistra.
Perciò, se anche lui è costretto a parlare la "langue de bois", stiamo
davvero freschi.
E quello di Angelo Pezzana:
Ci siamo sempre chiesti come la sinistra sia sempre riuscita a passare indenne dall’accusa di antisemitismo e antisionismo che pure l’hanno vista partecipe e complice. Sostanzialmente indenne, vista la capacità che ha sempre dimostrato di avere nel respingerle al mittente. Succedeva anche ai tempi del vecchio PCI, quando Umberto Terracini, uno dei padri nobili dell’Italia repubblicana, si permetteva di criticare l’URSS per la sua politica contro gli ebrei. La sua voce era però isolata, non solo all’interno del partito ma nella sinistra in generale, l’Unione sovietica era ancora il paradiso dei lavoratori. La storia è poi cambiata, ma non di molto, se ancora oggi il pregiudizio e l’odio contro Israele sono così radicati e diffusi a sinistra da far apparire le più caute prese di posizione di segno opposto come una dimostrazione di profonda e sincera amicizia. Non ci spiegheremmo altrimenti come un leader ex PCI e oggi segretario dei DS come Piero Fassino possa venire giudicato “amico” di Israele quando l’unico suo merito è quello di prendere le distanze dalla componente più estremista dell’Unione, nella quale c’è anche il suo partito. Bisogna vedere quale metro usa, quali sono le parole che esprime per capire se questa distanza è reale o ripsonde piuttosto ad una tattica politica. La sua intervista sul Corriere di ieri è illuminante. Prodi ha fatto affermazioni alla TV Al Jazeera che lasciano intentere aperture ad Hamas ? Fassino non ci vede niente di male,anzi, “Prodi ha espresso un auspicio comune a tutti, cioè che Hamas sia consapevole che le responsabilità di governo assunte in Palestina impongono il riconoscimento di Israele”, ha dichiarato, poco importa se questo è un suo pio desiderio che nulla ha a che vedere con il comportamento reale di Hamas. Affermazioni che sono state criticate anche dalla Margherita,”giorni fa nell’Unione abbiamo pasticciato su Hamas”. Non ci sembra che pasticciare sia il verbo adatto, dal momento che Prodi si è espresso molto chiaramente e senza alcun pasticcio. Dargli del birichino ci sembra del tutto al di sotto delle sue responsabilità. Hamas giutifica la strage di Tel Aviv e Fassino,pur condannando l’atto, parla di “reticenza” ed equipara israeliani e palestinesi dicendo “ dal 1948 al 1990,quando ciascuna delle parti ha negato il diritto dell’altra ci sono state cinque guerre e un’intifada”. Conosce la storia Fassino ? Ha mai letto lo statuto dell’OLP prima e quello di Hamas poi ? chi è che nega il diritto dell’altro ad esistere ? Trova poi il titolo del Manifesto, a commento della strage, “I frutti del male”, ambiguo. Ambiguo ? ma se è chiarissimo, nella linea da sempre seguita dal quotidiano dei comunisti duri e puri. Ambiguo sarà semmai Fassino, quando a proposito dei finanziamenti ad Hamas dice che “occorre avere una azione di pressione intelligente che eviti di buttare la dirigenza palestinese nelle braccia di chi, in cambio di fondi,la sospinge su una linea ancora più estremista”. Dal che non si capisce bene quale potrebbe essere la linea più estremista, visto che Hamas non possiede (ancora) la bomba atomica. Ovviamente Fassino è poi contro le maniere forti con l’Iran, con la giustificazione che “rischiamo una tragedia di proporzioni abissali”. Come se l’America non aspettasse altro. Quel che Fassino in realtà non vuole dire è cosa dovrebbero fare le democrazie occidentali per impedire al fuerher iraniano di realizzare i suoi progetti per cancellare Israele dalla carta geografica. “Mi piacerebbe che l’Italia giocasse un ruolo di punta su questo campo” ha dichiarato al Corriere. Già, come abbiamo sempre fatto, stendendo tappeti rossi davanti ai vari Arafat,Gheddafi, Fidel Castro e altri della medesima risma. Se gli amici nell’Unione sono come Piero Fassino, allora non dobbiamo più preoccuparci dei nemici.
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