La rivista di architettura Domus rpubblica , nel numero 891, un articolo Informazione Corretta sul boicottaggio antisraeliano dell'Associazione degli architetti inglesi. Ecco il testo:
L’associazione inglese degli architetti lancia un boicottaggio contro Israele. Sotto accusa ancora una volta la barriera di sicurezza, esempio, per i professionisti inglesi, di architettura che divide anziché unire gli uomini. Il terrorismo suicida invece sarebbe un contributo alla fratellanza dei popoli? L'iniquità dell'iniziativa, evidente di per sé, é resa ancor più clamorosa dalla totale assenza di inziative analoghe nei confronti di stati che hanno costruito barriere assai meno giustificate, in quanto miranti a contenere l'immigrazione e non una pianificata aggressione terroristica (per esempio, l'Arabia Saudita sul confine yemenita, la Spagna a Ceuta e Melilla, la Polonia al suo confine orientale, gli Stati Uniti al confine con Messico). L' Associazione non ha nemmeno mai boicottato stati totalitari responsabili di terribili violazioni dei diritti umani, nei quali l'architettura viene utilizzata per glorificare il regime. Nessun boicottaggio dichiarato contro la Corea del Nord, per esempio.
Al nosttro testo é affiancato, sotto il titolo "Cosa fare per fermare il muro", questo dell'architetto israeliano Eyal Weizman, (così lo presenta Domus :"tra i promotori dell'iniziativa "Architets and Planners for Justice in Palestine" vive e lavora a Londra dove dirige il Centre for Research Architecture del goldsmiths College")
Per quanto ne so, nessun architetto é coinvolto nella progettazione e costruzione del muro. Ma questo non significa che il muro non abbia un'architettura. Di fatto, ogni attore impegnato in un'azione costruttiva o d'opposizione riguardante il muro prende parte nella sua creazione, collettiva benché diffusa. Ciò é reso più facile dalla sua flessibilità: il progetto, non ancora concluso, é in grado di accogliere nel suo percorso le modifiche derivanti dalle pressioni politiche . L'iniziativa proposta da "Architetets and Planners for Justice in Palestine", consistente nel non finanziare e nel boicottare i prodotti e i servizi delle aziende coinvolte nella costruzione delle colonie e del muro, può rivelarsi efficace.
Il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del 2004, che stabilisce l'illegalità delle colonie e del muro, dà credito alla necessità di sanzionare dal punto di vista commerciale le aziende che traggono beneficio da iniziative illegali
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