Umberto De Giovannangeli sull'UNITA' di venerdì 14 aprile 2006 raccoglie opinioni di palestinesi e israeliani sulle aspettative suscitate dal governo Prodi.
L'unico israeliano interpellato che non sia riconducibile al pacifismo o quanto meno alla sinistra é Avi Pazner, portavoce di Sharon quando la sinistra demonizzava il premier,che fa un elenco di amici di Israele nella nuova maggioranza di governo: Piero Fassino, Francesco Rutelli e Walter Veltroni.
Anche aggiungendo Emma Bonino, purtroppo non si raggiunge un numero molto consistente. Il fatto stesso che si possano citare dei nomi (e così pochi) la dice lunga sulla compagine del futuro governo.
Speriamo che questi "pochi ma buoni" bastino ad orientare positivamente la politica mediorientale del governo dell'Unione, salvaguardando gli importanti passi avanti compiuti nella precedente legislatura. E non un ritorno al passato, come purtroppo le recenti dichiarazioni di Prodi ad Al Jazeera (poi smentite, ma quello della smentita è un vecchio gioco) lasciano temere.Sull'argomento si veda LIBERO di ieri 13.4.06 l'articolo di Angelo Pezzana riportato su IC:
Ecco il testo dell'Unità:
«BEN VENGA OGNI INIZIATIVA POLITICA dell'Europa che possa riaprire uno spazio di dialogo. Non si tratta di fare sconti ad Hamas ma neanche chiudere gli occhi di fronte a modifiche sostanziali di comportamento riguardo al tema cruciale della violenza».
E sull’intervista di Romano Prodi alla tv Al Jazira: «Apprezzo l'impegno manifestato dal leader del centrosinistra vincitore delle elezioni, per rilanciare un ruolo attivo dell'Europa in Medio Oriente. Un impegno che Prodi aveva manifestato già come presidente della Commissione Europea». A parlare è Ran Cohen, uno dei leader del Meretz, la sinistra laica israeliana, forse partner di governo nel nuovo esecutivo guidato da Ehud Olmert.
Israele guarda con attenzione al nuovo che avanza in Italia. E lo stesso fanno i palestinesi. «Il popolo italiano ha sempre dimostrato sentimenti di amicizia nei confronti della causa palestinese. Ciò che ci attendiamo dal nuovo governo italiano e di rafforzare questi legami e di agire per ridare una prospettiva concreta al dialogo israelo-palestinese. E non si lavora per il dialogo bloccando gli aiuti o avallando l'unilateralismo israeliano», dice a l'Unità Saeb Erekat, capo negoziatore dell'Anp.
I giornali israeliani hanno dato ampio risalto al voto italiano. Un risalto che investe oggi la politica estera della coalizione uscita vincitrice dalle elezioni. C'è chi sottolinea con rimpianto l'uscita da Palazzo Chigi di Silvio Berlusconi, «un amico fedele» di Israele, ma un profondo conoscitore della realtà italiana, Avi Pazner, ex consigliere di Ariel Sharon, già ambasciatore dello Stato ebraico in Italia, mette l'accento sulla «presenza nella coalizione di governo di personalità, come Piero Fassino, Francesco Rutelli e Walter Veltroni, che hanno manifestato a più riprese un atteggiamento aperto, corretto, comprensivo nei riguardi delle ragioni di Israele». Considerazioni condivise da Haim Ramon, deputato di Kadima: «Nella sua recente visita in Israele - osserva - Francesco Rutelli ha avuto parole di forte apprezzamento per il coraggio dimostrato da Sharon con il ritiro unilaterale da Gaza e di sostegno alla nostra lotta al terrorismo. Confidiamo -dice- che questa sensibilità sia condivisa dal leader del centrosinistra che si appresta a governare l'Italia».
Le stesse affermazioni testuali di Romano Prodi nei confronti del governo palestinese targato Hamas vengono interpretate in modo propositivo negli ambienti politici di Tel Aviv. «Si tratta di guardare al futuro e adottare nei confronti di Hamas una linea ferma ma allo stesso tempo attenta a cogliere modifiche di comportamento nei leader islamici. Soprattutto, occorre evitare scelte che finiscano per punire il popolo palestinese e indebolire ulteriormente il presidente Abu Mazen, che resta per noi un interlocutore di pace. Siamo certi che questo orientamento è condiviso da Romano Prodi, come lo è da parte dei Democratici di Sinistra, con cui operiamo fattivamente nell'Internazionale Socialista», rileva Yuli Tamir, parlamentare laburista, tra i più stretti collaboratori del leader del Labour, e probabile futuro ministro della Difesa, Amir Peretz. «Mi auguro - prosegue Tamir - che una delle prime visite ufficiali di Romano Prodi da primo ministro, una volta formato il governo, sia proprio in Israele. Sarebbe un segnale di attenzione molto importante». «Essere amici di Israele non significa avallare ogni scelta politica compiuta da questo o quel governo israeliano, ma saper anche esercitare un intelligente diritto di critica che riguarda naturalmente ciò che Israele fa e non ciò che Israele è», sottolinea a sua volta Zeev Sternhell, docente di Scienze politiche all'Università Ebraica di Gerusalemme, tra i più autorevoli storici israeliani. Sternhell non è tenero verso quello che ha definisce una «eccessiva apertura di credito», fatta dai passati governi israeliani nei riguardi di partiti, ex di governo, italiani come Alleanza Nazionale: «La realpolitik - rileva Sternhell - non può oscurare verità storiche e cancellare le radici fasciste di quel Movimento Sociale dal quale prese corpo Alleanza Nazionale». «Dipingere Romano Prodi come un fiancheggiatore di Hamas non è solo sbagliato, è semplicemente ridicolo. Così come sarebbe un grave errore disconoscere gli enormi passi in avanti compiuti dalla sinistra democratica italiana nel comprendere, e agire di conseguenza, che la pace in Medio Oriente s'invera nella realizzazione di due diritti egualmente fondati: il diritto alla sicurezza di Israele, e alla salvaguardia della sue essenza identitaria, quello di Stato ebraico, e il diritto dei palestinesi a un proprio Stato indipendente», dice Abraham Bet Yehoshua, lo scrittore del dialogo. Un riequilibrio che ha riguardato anche esponenti della sinistra radicale, come il leader di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti: «Ho apprezzato il suo giudizio sul ritiro da Gaza e sulla figura di Ariel Sharon, come la netta presa di distanze da manifestazioni in cui la critica alla politica di Israele sconfinava nell'antisemitismo», afferma Shlomo Ben Ami, già ministro degli Esteri laburista ai tempi della pace tentata di Camp David. «Ciò che importa - aggiunge Ben Ami- è che ognuno per la parte che gli compete, e Prodi può contribuire a che l'Europa parli una sola "lingua" diplomatica in Medio Oriente, agisca per raggiungere un obiettivo condiviso: quello di una pace fondata su due Stati».
Una pace che va costruita, realizzata giorno dopo giorno, «con il dialogo dal basso tra quanti, nei due campi, non hanno smesso di scommettere su un futuro di normalità, costruito sulle macerie dei disegni onnivori del Grande Israele o della Grande Palestina. Sono convinto che Romano Prodi contribuirà a costruire "ponti" di dialogo e a smantellare i "muri" di odio innalzati in Terra Santa», è l'auspicio di Hanna Siniora, direttore del settimanale palestinese «Jerusalem Time».
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