Ritorna Riccardo Cristiano ha un'idea geniale per peggiorare ancora il fondamentalismo islamico
Testata: La Repubblica Data: 11 aprile 2006 Pagina: 64 Autore: Guido Rampoldi Titolo: «La lunga mano di Allah»
Guido Rampoldi recensisce sulle pagine culturali di REPUBBLICA dell'11 aprile 2006 due libri sull'Iran. Uno di Vanna Vannuccini e di Riccardo Cristiano il noto cronista Rai che avrebbe nascosto, potendo, le immagini del linciaggio dei soldati israeliani a Ramallah e che lo scrisse ai palestinesi, mettendoa rischio i colleghi di Rete 4 che invece non avevano rispettato le "regole dell'Anp". Nonostante questa conclamata mancanza di credibilità e di integrità professionale Riccardo Cristiano trova chi é disposto a pubblicare libri dedicati non al suo percorso di rigenerazione spirituale e penitenza, ma ancora al Medio Oriente. La sua ultima fatica é dedicata a uno degli ideologhi della rivoluzione iraniana, in seguito messo da parte da Khomeini: l'islamo-marxista Ali Shari'ati. Il mostruoso ibrido tra due totalitarismi da lui teorizzato sarebbe un esempio, secondo Cristiano e il suo recensore Rampoldi, della possibile autoriforma e apertura alla cultura occidentale dell'islam. Del resto, scrive, Rampoldi nella recensione del libro della Vannuccini, già oggi l'Iran non é "nè tirannia classica né democrazia"... Una bella presa in giro degli oppositori politici arrestati torturati in Iran: sappiano che, se non vivono in una democrazia, nemmeno si possono dire vittime di una "tirannia classica". Ecco il testo:
A Teheran circola da settimane un video che mostra il presidente Ahmadinejad ricordare così, in una conversazione privata con un ayatollah, il suo sorprendente discorso presso l´assemblea delle Nazioni Unite: «Mi è stato detto che quando esordii con le parole "nel nome di Allah" una luce mi circonfuse e durò fino al termine del mio intervento. Anch´io me ne accorsi. E sentii che d´un tratto l´atmosfera era cambiata. Per 27-28 minuti nessuno tra i governanti (seduti nella sala) abbassò le palpebre. Non sto esagerando. Vedevo il loro stupore, quasi che una mano li tenesse, e aprisse i loro occhi e le loro orecchie al messaggio della Repubblica islamica dell´Iran». Non possiamo garantire sull´aureola di luce, ma certamente Ahamadinejad non millanta quando racconta d´una platea stupefatta: nel consesso delle nazioni non capita sovente di ascoltare da un capo di Stato un discorso di tenore mistico concluso con un´invocazione messianica («O Dio Onnipotente, io ti prego di affrettare l´apparizione dell´Essere perfetto che è l´erede di tutti i profeti e tutti i pii, il Promesso, Colui che riempirà questa Terra di pace e di giustizia»). E poiché quel presidente così ispirato parlava del diritto del suo regime a dotarsi del nucleare, cioè della Bomba H, allora l´intensità con cui l´assemblea Onu ha seguito il suo intervento è pienamente giustificata. E altrettanto lo sono i sentimenti che lo spiritato iraniano sta suscitando nel mondo: preoccupazione in Europa, allarme in Israele, esultanza nei cuori di molto estremismo islamico, dove Ahmadinejad ha definitivamente rimpiazzato Osama bin Laden. Se il presidente iraniano ha un merito, però involontario, è quello d´aver costretto gli europei a interessarsi al suo Paese, come dimostrano la varietà di libri sull´Iran pubblicati di recente anche in Italia. In Rosa è il colore della Persia (Feltrinelli, 12 euro) l´inviata di Repubblica Vanna Vannuccini ci racconta con mano felice un Paese assai diverso dall´Iran cui ci hanno abituato i telegiornali, dai quali protremmo sospettare che laggiù la popolazione trascorra il tempo bruciando bandiere americane e flagellandosi la schiena. Non che quei mestieranti della rivoluzione non esistano: ma dietro la facciata khomeinista c´è una nazione millenaria e complicata con la quale il regime ha deciso di convivere, non riuscendo ad agglutinarla né a conquistarne l´anima. La convivenza ha prodotto i risultati più diversi: Vanna Vannuccini conduce il lettore attraverso un Paese scisso e un sistema irrisolto, né tirannia classica né democrazia. Per successivi incontri scopriamo una gioventù che detesta i barbuti, i mullah; pratica la trasgressione, dal porno alla droga; e cresce senza valori, né religiosi né laici. Ma Ahmadinejad non avrebbe vinto le elezioni se quei figli della borghesia urbana, refrattari al khomeinismo, rappresentassero la maggioranza degli iraniani. Chi non proviene da famiglie benestanti e non ha reti di protezione in genere finisce per cedere alle pressioni del sistema o della tradizione, accettandone almeno le regole fondamentali, dal matrimonio combinato (in un incontro tra genitori in cui ogni gesto ha un significato simbolico) fino al precetto che è alla base del sistema: il velayat-i-faqih, il potere assoluto del massimo giureconsulto islamico, la Guida. Eppure anche all´interno della teocrazia c´è una dialettica assai vivace e un riformismo gagliardo, che nella sua ala "liberale" predica la distinzione tra religione e Stato, non foss´altro che per auto-difesa. «Appropriandosi della religione lo Stato l´ha distrutta», constatata un giovane mullah. E aggiunge saggiamente: «La libertà è la condizione necessaria per la religione. Nessuno prega volentieri con un coltello alla gola. Il dubbio è sacro». Nel suo viaggio appassionante la Vannuccini ci apre le porte dei palazzi del potere, ma anche delle case dell´uomo medio, dei centri del sapere islamico come dei cenacoli della grande poesia persiana. L´Iran che ne ricaviamo non ha una direzione certa e resta elusivo come taluni versi in farsi dei grandi mistici del Duecento. Avrebbe maggiori possibilità di tanti regimi islamici di diventare una democrazia, un esito cui lo predispone l´istruzione di massa e l´accesso al lavoro delle donne. Ma all´opposto, potrebbe sviluppare i tratti inquietanti che Ahmadinejad annuncia, dal nazionalismo atomico all´esoterismo messianico. L´esito dipenderà anche dagli indirizzi che prenderà, nella regione del petrolio, il crescente protagonismo delle minoranze sciite. Discriminate dai regimi sunniti, cominciano a guardare a Teheran come al grande protettore: accade per esempio in Iraq. Il contrasto tra le due grandi famiglie islamiche non è di facile soluzione. Soprattutto nella penisola arabica l´ortodossia sunnita ha sempre guardato agli sciiti come ad un´eresia un po´ ripugnante e, dopo la rivoluzione khomeinista, tendenzialmente sovversiva. L´idea d´una certa somiglianza tra sciiti e comunisti è così diffusa che perfino in Egitto, forse la società araba meno incolta, l´assonanza tra i due termini crea equivoci bizzarri. A sua volta la politologia araba spesso ricorre alla metafora comunista per spiegare gli antagonismi tre le varie scuole sciite, non meno feroci dei contrasti che opposero sovietici e maoisti cinesi. Per quanto rudimentali, questi paragoni ci segnalano che almeno parte del pensiero sciita comunica con tradizioni europee "di sinistra". A indagare queste contaminazioni è il bel libro di Riccardo Cristiano, vaticanista della Rai, Tra lo Scià e Khomeini, Ali Shari´ati: un´utopia soppressa (Jouvence, pag 174, euro 16). Morto in esilio nel 1977, Shari´ati fu con Khomeini il grande ispiratore delle rivoluzione che cacciò lo Scià. Ma pochi mesi dopo, quando la teocrazia s´impossessò della rivoluzione con un golpe strisciante, il pensiero di Shari´ati, islamico ma anti-clericale e anti-dogmatico, divenne scomodo e finì all´indice. Eppure riscoprire adesso questo libero pensatore non è affatto inutile. Quasi applicasse alla politica una versione sciita del sincretismo sufi, Shari´ati è, per un suo biografo, «un eclettico di prima classe» che fonde le grandi religioni, il marxismo, l´esistenzialismo, dentro una "filosofia della liberazione" che ha in Europa i suoi maggiori ascendenti: dall´ateo Fanon all´ebreo Gurvitch al cristiano Massignon. In altre parole ancora trent´anni fa c´era un pensiero islamico che si muoveva all´interno del pensiero europeo, o perlomeno lo bordeggiava, e reinventava la fede musulmana con un´audacia in seguito spenta dalle teocrazie. Il giorno in cui queste perdessero il loro potere vedremmo anche un islam diverso da quello che ora ci appare.
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